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Joe Meno, Il grande forse

Autore: Jonathan Dee (The New York Times)
Testata: Internazionale
Data: 27 gennaio 2012

Stretto nell'arco di tempo tra due guerre, Il grande forse di Joe Meno è un libro sui pro e sui contro della viltà. Jonathan Casper è un paleontologo dell'università di Chicago che ha messo in gioco la sua carriera e la sua autostima scommettendo sull'esistenza di un calamaro gigante degli abissi, ritenuto estinto. Sua moglie, Madeleine, etologa, passa i giorni sprofondata in ricerche altrettanto improbabili. Il matrimonio dei Casper, traballante per anni, è ormai sull'orlo del collasso. La posta del fallimento sono le loro due figlie adolescenti: Amelia, una rivoluzionaria in erba che scrive appassionati ed esilaranti editoriali nel giornale della scuola denunciando i membri del consiglio degli studenti come burattini nelle mani del capitalismo; e la quattordicenne Thisbe, che ha trovato la sua ingegnosa forma di ribellione: figlia di due scienziati, ha scoperto la fede in Dio. La storia si svolge un mese prima delle elezioni del2004. Madeleine, infuriata per gli adesivi da paraurti della coppia Bush-Cheney e per i video dall'Iraq, si sente impotente. Pessimismo, passività, incapacità di agire: questi stati esistenziali formano il tessuto emotivo del romanzo. Il grande forse procede andando indietro nel tempo. Ci presenta il padre di Jonathan, Henry, un vedovo consegnato alle cure di una casa di riposo dei paraggi, che da bambino, (Guanda) (Sperling & Kupfer) (Rizzoli Lizard) durante la seconda guerra mondiale, è finito in un campo di internamento per tedeschi in Téxas. Costretto su una sedia a rotelle ma tutt'altro che muto, Henry ricorda la subdola amicizia stretta con un soldato americano che gli faceva da guardia. Il romanzo si spinge ancora più indietro nel tempo per ricostruire la viltà ereditata da Jonathan, snocciolando una serie di capitoli aneddotici sui vari antenati Casper e sulle loro storiche bassezze. Se il passato dei Casper è . piuttosto ripetitivo nel suo insegnamento, il presente lascia intravedere almeno un po' di speranza, e le due ragazzine, Amelia e Thisbe, sono le più brillanti, verosimili e coinvolgenti invenzioni del libro. La vigliaccheria non è solo una maledizione dei Casper, ma una sorta di triste imperativo evolutivo. Spinti dal loro istinto di conservazione a evitare il conflitto, i Casper diventano una metafora di tutti noi.