Pensate se noi esseri umani sparissimo improvvisamente dalla superficie terrestre. Lasceremmo finalmente il campo libero a loro, agli animali . Mammiferi, uccelli, anfibi potrebbero incontrarsi e discutere da soli. Magari sparlando di quelli che un tempo camminavano su due zampe. È già accaduto di ascoltare i pensieri di quegli abitanti del pianeta che abbiamo trattato via via come schiavi, strumenti di lavoro, pelouche, tartare , cibo in scatola e, talvolta, amici. Sfogliate le pagine di Esopo, Fedro, La Fontaine, Filelfo. Ascoltate le belve di Lewis Carroll che si rivolgono ad Alice da pari a pari. Perdetevi nei cartoni Disney, i primissimi, e ve ne renderete conto. Adesso, però, i nostri coinquilini vogliono addirittura scrivere. «Lo sappiamo fare?». «Siamo pur sempre bestie», dice qualcuno. «Non più bestie di loro», risponde serafico un altro. E nasce così una nuova consapevolezza. Anche se chi era abituato alla quiete domestica, come un simpatico bassotto, lamenta la scomparsa della quotidiana fornitura degli amati croccantini. I frequentatori della vita selvaggia si propongono di dare una mano, pardon , un artiglio. «A mangiare gazzelle? No grazie». «Perché, secondo te i croccantini erano vegani?». Nascono fazioni, rivalità, gelosie. C'è chi viene accusato di soffrire della sindrome di Stoccolma. Era meglio quando si stava peggio. I dissidi vanno avanti per un po'. C'è della diffidenza tra le specie, ma dai che novità. Questi contrasti vi ricordano qualcosa? I topi chiedono una tregua ai gatti. Tutti finiranno gli avanzi lasciati dagli umani e poi si vedrà. «In fin dei conti, è la natura». Il lavoro letterario deve andare avanti, però, e i gorilla, ovviamente, si offrono di impugnare la penna. Vantano un Dna non così diverso dagli uomini. Non significa che sia un bene, però. Perché rischiano di possedere anche la "qualità" che è stata «la causa della caduta degli umani». Vale a dire? «L'arroganza ontologica». Oh, mamma. Sì questi animali sono un po' filosofi. Anzi "letterati", come dice il titolo di questo libro scritto da Muriel Barbery, autrice francese che un po' di bestioline si intendeva già. Visto che ne ha scelta una per dare il nome al suo bestseller globale, L'eleganza del riccio . Ma eleganti sono anche tutte queste creature, selvagge e non. Si affacciano dalle pagine disegnate da Nicolas Vial, che si è ispirato agli alfabeti in rilievo realizzati dal nonno litografo Henri. C'è un gusto rétro nei ritratti che sembrano usciti da racconti di favole di inizio Novecento. Anche se il corvo si lamenta: «Questo disegnatore fa pena». Quando si trovano a elencare le loro caratteristiche, gli abitanti dei boschi, del mare e dell'aria si scoprono umani troppo umani. I ratti cercano di differenziarsi: non hanno sindacati, tanto meno partiti, né comitati etici, tranne che in Bianca e Bernie . Sì, però, qualche amico tra i bipedi che si credevano i padroni del mondo alla fine queste bestie lo trovano. Sono gli artisti. Come Chagall, che ha dipinto tanti di loro sospesi nell'aria blu. Oppure i poeti. Come Paul Valéry, secondo cui: «L'uomo è un animale prigioniero all'esterno della sua gabbia». Capito? Allora, un po' ci assomigliamo davvero. Al gufo piace più Mallarmé, però. Quanto snobismo. E i filosofi? La tartaruga sostiene di non aver mai compreso il paradosso che la vede protagonista con Achille. E voi? Non googlate ancora. «Non vi pare un nome da labrador, Zenone?». Sarà. La chiave di tutto questo la fornisce la dedica dell'autrice. La ignorano quasi tutti. Ma, quando finite di leggere il libro, tornate all'inizio e cercatela. Chi non ha pazienza proceda qui, aggirando l'allarme spoiler: «A tutti gli animali, compresi gli umani». Grazie, Muriel.