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Il caso di Ernesto T. : un racconto inedito di Roberto Tiraboschi

Ernesto è un bambino creato per L'espresso dallo scrittore Roberto Tiraboschi, autore di Sonno, un mystery neogotico in libreria dal 26 settembre. Parla di personaggi inquietanti e curiosi che un insonne cronico incontra nella clinica del sonno dove va cercando una cura. Ma dove incontra tutt'altro.

Il caso di Ernesto T. di Roberto Tiraboschi

Giunsero alla Dimora del sonno un pomeriggio assolato di settembre: madre e figlio. Il pallore e l'aria emaciata che segnavano il volto della donna contrastavano con l'aspetto sano e vitale dell'adolescente dal quale sprizzava una energia luminosa che sembrava succhiare vitalità all'adulto. Ebbi la sensazione che la madre fosse succube, senza volere, di quel figlio.
Dal primo colloquio nel mio studio, mi resi subito conto che la prima impressione era molto vicina alla verità. Il ragazzo si chiamava Ernesto, aveva dieci anni, una corporatura regolare longilinea, sguardo febbrile, comportamento iperattivo.

I genitori si erano rivolti alla nostra clinica del sonno perché la qualità della loro vita stava subendo un deterioramento inaccettabile a causa dei disturbi del loro unico figlio: fin dalla nascita soffriva di evidenti difficoltà di addormentamento e di frequenti risvegli notturni. Dopo dieci anni di notti insonni, ormai stremati e sull'orlo di un esaurimento nervoso, avevano deciso di rivolgersi ad uno specialista di malattie del sonno, nella speranza di risolvere questo problema.
La madre cominciò a raccontare di aver messo in pratica per anni, con pignoleria, i consigli del pediatra, ma che tutti i tentativi erano miseramente falliti. Sembrava che Ernesto lottasse per non addormentarsi con una forza e una determinazione che niente poteva scalfire. E, una volta addormentato, si svegliava più volte durante la notte senza riuscire più a prendere sonno, finendo regolarmente nel loro letto. La notte per la loro famiglia era diventata ormai una specie di incubo.

Mentre la donna parlava, Ernesto, per nulla coinvolto dal racconto, quasi non lo riguardasse, non smise mai di muoversi, gironzolando per lo studio, curiosando, toccando ogni cosa e interrompendo la madre con domande molto acute su alcuni oggetti strani che conservavo sulla scrivania.
Da una prima impressione mi feci l'idea che il ragazzino fosse affetto dalla sindrome da deficit di attenzione e iperattività, anche nota come Adhd. Spesso si ritiene che la difficoltà ad addormentarsi sia provocata proprio dall'Adhd, è invece esattamente il contrario: è la mancanza di sonno che genera comportamenti impulsivi ed iperattivi. Con la conseguenza che molti miei colleghi per curare l'Adhd prescrivono il metilfenilato, un farmaco noto con il nome di Ritalin, innescando un circolo vizioso. Infatti il Ritalin è uno stimolante che ha un effetto deteriore sul sonno; così per eliminare i sintomi di giorno, di notte si peggiora ulteriormente la situazione.

Ernesto mi guardava con aria di sfida, sembrava pronto ad affrontare con me una lunga e snervante battaglia. Tranquillizzai la madre: pazienti affetti dal quel disturbo erano molto frequenti alla Dimora del sonno e in tutti i casi la terapia aveva dato ottimi risultati. Per la prima volta dall'arrivo vidi un sottile sorriso comparire sulle labbra pallide e tormentate della donna.
Il giorno dopo cominciammo subito le analisi del caso. Avevo concesso ad Ernesto, almeno per i primi tempi, di dormire in camera con sua madre. L'idea di stare in una stanza da solo sembrava terrorizzarlo e non volevo acuire quello stato di sovreccitazione. Compilai un questionario dettagliato con la storia clinica del ritmo veglia-sonno, poi sottoposi Ernesto a visita neurologica e ad esami ematochimici. Era tutto regolare, non si evidenziavano valori al di fuori della norma. Eppure il ragazzo, nonostante tutte le precauzioni che mettiamo in atto alla Dimora del sonno, non riusciva ad addormentarsi e continuava a svegliarsi più volte durante la notte.

La madre descriveva questi risvegli come improvvisi e immotivati ed anche Ernesto, interrogato, non sapeva spiegarsene il motivo; insisteva però sul fatto che dopo non riusciva più ad addormentarsi, in preda ad una sensazione di angoscia e di paura. Proposi allora di sottoporlo ad un esame videopolisonnografico per studiare le caratteristiche di tali risvegli. Ernesto al principio non volle saperne perché avrebbe dovuto dormire da solo, in una camera apposita, ma poi, quando gli spiegai che io stesso lo avrei tenuto sotto controllo per tutta la notte attraverso un monitor collegato ad una telecamera puntata su di lui, si tranquillizzò e finì per accettare.

Copyright L'Espresso e Roberto Tiraboschi

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