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Massimo Carlotto: Professione scrittore

13 ottobre

Il manoscritto del Fuggiasco (primo titolo provvisorio: Bernard il ciccione), racconto autobiografico di Massimo Carlotto, arrivò alle Edizioni e/o nel 1994, inviato dal critico ed editor Grazia Cherchi. Cherchi aveva partecipato alla campagna per la concessione della grazia all’autore padovano, coinvolto nel più lungo caso giudiziario della storia italiana, più volte condannato e assolto, al quale venne poi concessa la grazia dal Presidente della Repubblica il 7 aprile 1993.

Non avevo seguito molto il “caso Carlotto”, nonostante la sinistra si fosse mobilitata contro una condanna e una persecuzione ritenute ampiamente politiche. Lessi perciò il testo perché mi era stato inviato da Grazia Cherchi, che stimavo parecchio, e perché fin dalle prime righe vi scoprii una piacevole sorpresa: l’autore aveva un forte senso romanzesco, sapeva raccontare, riusciva a coinvolgere il lettore con suspense, molta auto-ironia e senso dell’immaginazione. Come lettore, ignoravo se le mirabolanti avventure del protagonista fossero vere o meno (seppi più tardi che lo erano), ma ciò non era poi così importante, perché comunque venivano narrate come fossero le avventure del personaggio di un romanzo. Per me, editore di narrativa, convinto della necessità dell’arte del romanzo, ciò era più che sufficiente. Ed era raro. Era raro che gli autori italiani avessero questo talento di saper raccontare storie. Qui avevo un caso di uno scrittore che aveva cose interessanti da raccontare e sapeva raccontarle.

La prima caratteristica quindi di Massimo Carlotto come autore è quella che sin dall’inizio ha mostrato di avere la stoffa del grande romanziere, merce assai rara nelle patrie lettere dove si preferisce esibire un “bello stile” spesso esasperato, il gusto della parola, a scapito della vena narrativa. Il Fuggiasco avrebbe potuto essere lo sfogo di un uomo ingiustamente perseguitato, un elenco di sfortune, prepotenze, ingiustizie, e quindi sofferenze, lamenti, invettive, recriminazioni. Invece era un romanzo di avventure! E nonostante il carattere tragico degli avvenimenti – morti, torture, lutti, fughe, abbandoni, ecc.- era spesso divertente! Ad esempio tutta la parte sui travestimenti del protagonista per sfuggire alle polizie di mezzo mondo, veniva raccontata con ironia e l’autore riusciva anche a prendersi in giro per il proprio gusto di travestirsi e perché a un certo punto scopre che nessuno lo stava cercando, dato che il mandato di cattura internazionale giaceva in fondo a un cassetto.

Carlotto nasce dunque come scrittore non casualmente, come risultato della testimonianza di una biografia eccezionale, ma già con una prima idea del proprio ruolo di scrittore. Infatti, la pubblicazione del Fuggiasco è seguita a distanza di solo un anno da un romanzo poliziesco, La verità dell’Alligatore, che apre la fortunata serie che ha come protagonista un investigatore molto irregolare, reduce da lunghi anni nel carcere dove ha costruito dei rapporti con malavitosi che utilizzerà nel suo lavoro per risolvere casi spinosi spesso contro le stesse istituzioni.

Il noir si presenta così fin da questo secondo libro di Carlotto, come lo strumento principe della sua poetica. I motivi sono diversi, alcuni più volte spiegati dallo stesso scrittore padovano nelle interviste e negli interventi pubblici. Innanzitutto il noir è il genere contemporaneo che meglio di ogni altro genere letterario consente di raccontare la società e soprattutto i suoi lati oscuri. Massimo Carlotto ha una visione esplicitamente politica del ruolo della letteratura che deve, secondo lui, raccontare sempre una storia, in un luogo determinato in un tempo determinato. La letteratura è, per Carlotto, un grande strumento per raccontare ciò che il giornalismo non riesce più a raccontare, per portare alla luce del sole eventi, biografie, intrighi, storie sepolte dai tanti segreti di stato o privati, per “rendere giustizia” a persone o comunità che hanno subito torti, per raccontare la verità che va oltre quella processuale o quella ufficiale. Quella di Carlotto è una “politica letteraria” molto lontana dal realismo socialista o da qualsiasi forma di letteratura edificante e consolatoria. La chiara motivazione politica dell’autore padovano non dà mai luogo a una narrativa subordinata a un obiettivo fazioso, a romanzi e racconti che consolino il lettore proponendogli soluzioni ideologiche. C’è la denuncia, l’individuazione di responsabili e complici, ma con molta lucidità e autocontrollo l’autore evita sempre di fornire illusorie risposte. Il noir dunque viene individuato come lo strumento più adatto per raccontare storie, disseppellire segreti, denunciare ingiustizie e raggiungere al contempo il maggior numero possibile di lettori. L’autore padovano è stato infatti tra i primi in Italia a capire la potenzialità del genere letterario poliziesco per comunicare con un pubblico di lettori più ampio, oltre i ristretti giri dei cosiddetti ambienti letterari, e raggiungere così lettori nuovi, spesso giovani, spesso politicamente motivati ma tiepidi nei confronti della narrativa. La fortuna che ha conosciuto negli ultimi dieci anni in Italia il romanzo giallo dipende in gran parte da questa doppia circostanza: l’arrivo di nuovi lettori stanchi di una letteratura troppo intimista ed estetizzante, e la possibilità per il genere noir di raccontare storie veramente interessanti, più vicine alla realtà, con una valenza politica più alta e soprattutto più ricche di notizie e informazioni su realtà decisive per la vita sociale e civile del paese. Carlotto pilota questa tendenza, ne diventa subito uno dei massimi esponenti e teorici, anticipa con i suoi romanzi o con i suoi interventi quelli che saranno i temi focali del dibattito, guida e sorprende spesso i suoi lettori, mette in atto una vera e propria strategia di comunicazione letteraria, che unisce il politico e il letterario. Usa cioè il proprio talento di narratore per dire delle cose che valuta politicamente importanti.

Nell’ambito di questo lavoro teorico e narrativo al tempo stesso, Massimo Carlotto definisce progressivamente uno spazio, il noir mediterraneo, entro cui inserire le sue opere. Ispirandosi all’autore marsigliese Jean-Claude Izzo, di cui consiglia la pubblicazione alle Edizioni e/o (con grande successo di pubblico e di critica), Carlotto riflette su questa nuova tappa storica del genere poliziesco, nel momento stesso in cui crea delle opere letterarie che esemplificano le idee che sono alla base del noir mediterraneo. Non è questo l’ambito per una riflessione su questo sottogenere del romanzo noir contemporaneo e sulla sua importanza. Basterà ricordare qui che i motivi che fondano questa tendenza sono iscritti nella realtà di un’area geografica, il Mediterraneo e i paesi che lo circondano, che ha visto nei tempi recenti un ulteriore balzo in avanti degli scambi, dei traffici, delle migrazioni e, di conseguenza, anche dei traffici criminali. Questi eventi hanno stimolato alcuni autori a scrivere storie che prendessero spunto da questa situazione in buona parte inedita, scavando nei lati più oscuri della vita della regione. Nel 2000 le Edizioni e/o inaugurano la collana Noir Mediterraneo. (nell’ottobre dello stesso anno la casa editrice organizza anche un convegno sul Noir Mediterraneo alla Casa delle Letterature di Roma). E’ interessante la collaborazione sviluppatasi attorno a questo progetto tra editore e autore-consulente. Per la nostra casa editrice, di dimensioni medio-piccole, non è usuale lavorare con dei direttori di collana; le scelte editoriali restano quasi sempre appannaggio dell’editore. Ma il caso di questa collana è diverso: la collaborazione nostra con Carlotto è reale e molto fattiva, non solo nella scelta degli autori ma nel generale indirizzo della collana. Ciò è reso possibile, appunto, dalla particolare posizione di Carlotto nell’ambito editoriale. L’autore padovano non scrive solo i suoi libri, ma opera in un ambito più vasto, cercando di orientare la discussione, di promuovere altri autori italiani e stranieri, di organizzare la promozione non solo dei propri libri ma anche delle opere e delle idee di altri. Significativa ad esempio è la presenza costante di Carlotto alla Fiera del Libro di Torino, dove nello stand e/o o in occasione di incontri in fiera o in città, parla con lettori, librai, bibliotecari, distributori, giornalisti e altri addetti ai lavori. Si realizza in quell’occasione uno scambio vivo tra l’autore, il suo pubblico e tutte le persone che partecipano alla produzione, diffusione e lettura dei suoi libri.

Questa attività promozionale dell’autore padovano è molto di più della normale attività di presentazioni e incontri svolta da ogni scrittore. Carlotto si muove secondo un progetto pensato e discusso assieme alla casa editrice e ad altri soggetti che collaborano con lui in campo culturale e politico (agenti e produttori cinematografici, musicisti, gente di teatro, webmasters, ecc.). La sua attività di promozione è ben integrata con quella di produzione creativa. Nel 2001 realizza assieme a Enrico Corona e Andrea Melis un sito molto dinamico (www.massimocarlotto.it) che attira migliaia di lettori e li fa partecipare a forum oltre a informarli su una serie ampia di eventi, notizie, dibattiti di vario genere. E’ uno dei rari autori italiani, tra quelli che non sono giornalisti di professione, che sia riuscito a creare un sistema autonomo di comunicazione. Il sito ne è uno strumento fondamentale, ma sono altrettanto essenziali le tournée d’incontri con il pubblico per presentare le novità, gli spettacoli e i film tratti dai romanzi, il contatto frequente con il pubblico. Quando viene pubblicato un suo nuovo romanzo, l’autore organizza assieme alla casa editrice un giro d’incontri che toccano decine e decine di librerie o altri spazi (scuole, teatri, biblioteche, ecc.) in ogni regione d’Italia. Capita molto spesso di dover rifiutare moltissimi inviti perché l’autore ha già preso impegni per vari mesi successivi alla pubblicazione del libro.

Un’altra caratteristica dell’ampiezza e dell’articolazione della visione politico-letteraria di Carlotto è l’alternanza dei temi e dei generi nei suoi libri. Oltre alla serie dell’Alligatore, che conta ormai cinque romanzi, Carlotto ha pubblicato il romanzo autobiografico Il fuggiasco, il “reportage narrativo” Le irregolari (ma si potrebbe chiamarlo “romanzo-reportage” o “romanzo d’inchiesta”) sulla tragedia dei desaparecidos in Argentina e in Cile, i noir “puri” Arrivederci amore ciao e L’oscura immensità della morte ( “puri” nel senso che l’elemento poliziesco va sparendo a vantaggio dell’indagine sulla mente criminale, sulla violenza, sulla vendetta, ecc). Ultimamente (novembre 2004) l’autore padovano ha pubblicato anche un breve monologo che ha ottenuto un grande successo, Niente più niente al mondo; il libro indaga il tragico sconvolgimento mentale e criminale di una donna frustrata economicamente, socialmente e affettivamente. Attraverso questi romanzi e libri anche molto diversi tra loro, Carlotto tocca tematiche varie e raggiunge pubblici parzialmente diversi. C’è sempre naturalmente una visione unitaria e uno stile riconoscibile, ma queste differenze tra un libro e l’altro consentono a Carlotto di non fossilizzarsi né a livello stilistico né tematico. L’autore è sempre attento a innovare la propria voce e il contenuto di quanto racconta, è particolarmente sensibile ai rischi di “invecchiamento” e di autocompiacimento che sono connaturati nella professione di scrittore, rischi che sono ancora più alti quando si parla di letteratura di genere, nella quale è facile cedere ai richiami del successo commerciale e della banalizzazione della scrittura. Più volte l’autore padovano è intervenuto pubblicamente sostenendo la necessità di rivitalizzare il genere noir per uscire dalle secche della ripetitività e del puro obiettivo commerciale.

Anche il rapporto con l’editore riveste un carattere politico particolare nella visione dell’autore padovano. Diversamente da molti scrittori che non vedono grandi problemi nel cambio di editore e si concentrano esclusivamente sul proprio ruolo di scrittori, Carlotto cerca di favorire il gioco di squadra con la casa editrice. Parla di “progetto comune” e, nel rispetto della reciproca autonomia, dà un’importanza notevole alla collaborazione autore-editore. Questa posizione ha un carattere moderno, oltreché politico, perché parte dalla constatazione del nuovo ruolo che oggi gli autori hanno nel mercato, non più (se mai lo sono stati) soggetti creativi in guerra contro tutti, sfruttati dagli editori, chiusi nelle loro torri d’avorio, ma parte creativa di un progetto più ampio che necessita di forze e talenti diversi. Anche gli inevitabili conflitti e divergenze con l’editore vengono visti non come scontri tra soggetti dagli interessi poco conciliabili, ma piuttosto come problemi interni a un’organizzazione che ha un progetto comune che non è solo commerciale.

Questa stessa visione professionale e poco “romantica” dello scrittore, mi pare che si possa individuare anche nello stile di lavoro di Massimo Carlotto. Pur essendo un autore politico e non commerciale, egli rifiuta gli atteggiamenti tipici di quanti scrivono nella convinzione di essere ammantati da una “sacralità autoriale”, di essere cioè autori di “vera” letteratura a fronte di coloro che scrivono per ragioni commerciali o politiche. Carlotto rifiuta questa visione elitaria, rivendica la finalità politica dei propri romanzi e opera senza falsi pudori anche perché abbiano il maggior successo possibile di vendite. Da questa visione discende uno stile di lavoro molto professionale. Egli dedica molto tempo alle ricerche prima di scrivere i suoi libri, attraverso viaggi, interviste, documentazione; poi inizia la stesura del romanzo, che cerca sempre di contenere entro tempi prestabiliti. La cadenza di pubblicazione delle sue opere ne risulta piuttosto regolare e questa è una cosa che fa piacere al pubblico dei suoi lettori. La qualità della sua scrittura (che non è nostro compito analizzare), riconosciuta in Italia e all’estero dai migliori critici, da tanti altri scrittori, e da centinaia di migliaia di lettori appassionati, dimostra che è possibile avere un atteggiamento professionale, rifiutare le pose da “ispirati”, scrivere per il pubblico e non per se stessi, e al tempo stesso essere pienamente “autore”, a tutti gli effetti, creatore di letteratura, grande narratore.

Un ultimo punto da sottolineare per chiudere questa rassegna della concezione che ha Carlotto della professionalità dello scrittore, è il successo crescente dei suoi libri. Non ci riferiamo qui al grande successo di critica, ai premi letterari conseguiti, alle numerose traduzioni in lingue estere o agli adattamenti cinematografi e teatrali delle sue opere, ma al numero di copie vendute dei suoi libri. In questo senso, due sono gli aspetti più interessanti dell’analisi. Il primo é che ogni sua nuova opera ha fino ad oggi superato nelle vendite la precedente, segno certo di una costante crescita del numero dei suoi lettori e segno anche di una capacità rara di non deludere il proprio pubblico a ogni nuova pubblicazione. Il secondo aspetto interessante è che gli ormai dieci libri pubblicati dallo scrittore padovano con le Edizioni e/o vendono quantità di copie consistenti e crescenti a distanza di anni dalla loro prima pubblicazione. Questa durata dell’opera letteraria mostra come Massimo Carlotto sia ormai un classico contemporaneo della narrativa noir, che egli ha saputo rinnovare e diversificare.

Marzo 2005