«Bignardi riesce nel difficile compito di fermarsi sempre a un passo dal crollo, lo fa utilizzando una lingua piana, quasi come raccontasse una favola – priva però della maggior parte degli elementi di quel tipo di narrazione, nulla di squisitamente fantastico né verità morale sottesa o dichiarata –, una semplice storia dove il cattivo è dentro, fortificato e alimentato dal proprio silenzio, finendo così per non essere affatto una favola né tanto meno semplice».