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Quattro funerali dopo: il Sudafrica di Damon Galgut

Autore: Silvia Albertazzi
Testata: Il Manifesto
Data: 20 marzo 2022
URL: https://ilmanifesto.it/quattro-funerali-dopo-il-sudafrica-di-damon-galgut/

Conversazione con l'autore della «Promessa», tradotto da e/o: il post-apartheid raccontato da una voce che filtra vicende e bugie di una famiglia di bianchi, esibendo identità mutevoli

Ricorrendo a una voce narrante molto singolare, una sorta di narratore fluido che si sposta tra i personaggi, entra nelle loro menti, ne mescola i punti di vista attraverso focalizzazioni incrociate, dissolvenze e carrellate, Damon Galgut offre, con La promessa, «una dimostrazione spettacolare di come il romanzo possa modificare radicalmente il nostro modo di vedere e pensare»: questa la motivazione che ha accompagnato il Booker Prize, vinto dallo scrittore sudafricano l’anno scorso, ciò che gli ha aperto le porte di una celebrità non ancora conquistata dalle opere precedenti – quattro pièces teatrali e otto romanzi – nonostante fosse già evidente la sua non comune abilità nel costruire una voce inedita e diversa a ogni nuovo lavoro.

Non esitando, nei momenti più inattesi, a rivolgersi direttamente a chi legge, la voce narrante della Promessa arriva a imbastire una sorta di discorso libero indiretto a mo’ di contrappunto, una voce plurale bianca che sovrasta l’arcobaleno sudafricano ormai sbiadito, ed è costretta a zittirsi di fronte all’universo nero, che non può penetrare e a cui non può dare voce. Così, un genere classico come la saga familiare assume connotazioni affatto originali: la storia si snoda attraverso tre decenni fondamentali per il passato recente del Sudafrica – dalla proclamazione dello stato d’emergenza del 1986 alle dimissioni del presidente Zuma nel 2018 – per ognuno dei quali viene scelto un momento topico, ovvero un funerale.

L’invecchiamento e la morte, temi chiave, accompagnano tanto il succedersi della Storia che «calpesta gli individui», quanto l’eterno ritorno del ciclo stagionale. Al rinnovarsi del quale, la figura della più giovane (e più straniante) componente della famiglia, torna a ricordare la promessa che dà il titolo al libro, un patto fatto alla vigilia del primo funerale e ripetutamente disatteso: alla fedele domestica di colore si sarebbe lasciata in dono la casupola in cui vive e la terra arida che la circonda. Letto da molti recensori come un’allegoria delle promesse non mantenute dal Sudafrica post-apartheid, questo di Damon Galgut non è tuttavia, un romanzo politico: con ironia l’autore riesce a prendere le distanze dalle osservazioni del narratore e dai suoi stessi personaggi, mantenendo leggero, e a tratti decisamente umoristico, il tono di una vicenda che nasce e si sviluppa attorno a una serie di morti. Incontriamo Damon Galgut a Roma, invitato dal Festival LibriCome.

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