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Intervista a Matteo Strukul

Autore: Gianfranco Broun
Testata: L'altra Pagina
Data: 31 agosto 2011

Vista l’uscita de “La ballata di Mila” primo romanzo di Matteo Strukul e della presentazione della nuova collana Sabot/age per Edizioni e/o abbiamo intervistato l’autore, considerato un po’ il Gischler italiano nonché co-fondatore di Sugarpulp.

1) Chi è Matteo Strukul? Parlaci di te come persona e come scrittore.
Be’ dopo la laurea in giurisprudenza e qualche anno di pratica ho capito che fare l’avvocato non era il futuro che volevo per me. Ho scritto per parecchie riviste musicali e quotidiani e poi ho vinto un dottorato di ricerca in Diritto europeo dei contratti. Nello stesso anno (2007) sono diventato responsabile dell’ufficio stampa di Meridiano Zero editore. Fino ad oggi ho dunque vissuto una realtà dicotomica e psicotica, diviso fra giurisprudenza e letteratura. Poi ho ideato e fondato Sugarpulp nel 2009 (insieme a Matteo Righetto) il movimento letterario veneto dedicato al pulp noir e infine l’incontro che mi ha cambiato la vita: quello con Massimo Carlotto e Colomba Rossi. Ho chiuso un contratto con le edizioni E/O ed è uscito il mio primo romanzo (dopo due biografie musicali per Meridiano Zero). Ah, da gennaio 2012 dirigerò il nuovo marchio editoriale di BD dedicato ai romanzi. Un grande onore e una bella soddisfazione per la quale ringrazio Marco Schiavone e ringrazio te per avermi messo in contatto con loro: diamo a Cesare quel che è di Cesare dico io.

2) Se dovessi scegliere solo tre parole per descriverti, quali useresti?
Sveglio, dinamico, pertinace.

3) Il tuo romanzo è stato scelto come apripista per la nuova collana della E/O. Esordisci con il tuo primo romanzo e hai un carico già così importante: quali emozioni provi e senti degli oneri sulle tue spalle?
Le emozioni e le sensazioni sono tante, la prima che provo è la gratitudine: nei confronti di Massimo Carlotto, Colomba Rossi e dei miei editori, Sandro Ferri e Sandra Ozzola per avermi dato fiducia e avermi accolto con grande affetto. Per me, scrivere per un editore come E/O, è un sogno che diventa realtà. Sono sempre stato un divoratore dei loro libri, con autori come Massimo Carlotto, Jean Claude Izzo, Nan Aurousseau, Pedro Juan Gutierrez, Amara Lakhous – fra gli altri – come fai a non esserlo?
Poi, direi, l’entusiasmo, la voglia di fare bene. La collana Sabot/Age ha alla base un’idea formidabile: quella di raccontare la moderna realtà criminale italiana usando la lente privilegiata del romanzo, senza però relegare le storie in un genere. Ci sono noir classici, come lo splendido “Lupi di fronte al mare” di Carlo Mazza, uscito insieme al mio romanzo, o appunto il pulp più esasperato de “La ballata di Mila” ma so per certo che verrà dato spazio anche alla commedia, all’horror al post-apocalittico. Insomma, nessun limite di genere, il leitmotiv è rappresentato dai contenuti, dal sabotaggio del silenzio interessato. Ah, ci tengo a sottolineare che la collana per la verità è una collezione: si tratta per così dire di un affresco di cui ogni storia rappresenta un possibile e ideale tassello, nessun romanzo può prescindere dall’altro. Per questo motivo ogni libro Sabot/Age recherà un numero – il mio ha il numero uno, quello di Carlo il due – e l’intera collezione arriverà ad un certo punto a chiudersi. Insomma un numerus clausus, non una serie potenzialmente infinita di romanzi.

4) All’interno del tuo romanzo parli della guerra tra mafie nel Veneto: la mafia cinese cerca di subentrare a quella locale. Un tema molto scottante che risulta sempre più attuale in questo periodo. Vuoi parlarcene?
Be’ hai detto bene, un tema scottante e attuale. Per la verità, la mafia cinese è caratterizzata dall’essere un sistema molto chiuso, che prolifera e rivolge la violenza all’interno del proprio sistema; con “altre mafie” cerca piuttosto la non belligeranza se non l’alleanza esplicita. Anche nel romanzo per il boss cinese il conflitto è l’extrema ratio e la storia si apre quando la guerra è ormai inevitabile. Certo, in Veneto la mafia cinese è estremamente presente, penso alla recente operazione di polizia che ha portato allo smantellamento, a Padova, di una cupola cinese con decine e decine di esercizi commerciali affiliati.

5) Oggi uno dei temi più sentiti è la multi-etnicità ed il multi-culturalismo nella società moderna. Di fronte a questi eventi si può restare aperti ad altre culture ed accettare il loro ingresso nella società nazionale?
Credo che la risposa sia nella domanda. Mi spiego: ho la fortuna di vivere lunghi periodi dell’anno a Berlino e di aver vissuto in passato per parecchio tempo in Canada e ad Amsterdam. Sono tutti esempi virtuosi di esperienze culturali multi-etniche. Quello che osservi in queste situazioni è l’importanza che il Paese ospitante dà alle feste delle minoranze etniche, ai momenti c.d. aggregativi. La festa della minoranza etnica tailandese o turca ad Amsterdam o a Berlino, per non dire a Vancouver, è all’ordine del giorno. Durante queste feste, largo spazio viene dato alla cucina tipica, agli spettacoli teatrali, all’artigianato etnico. In questo modo è possibile partecipare a momenti di confronto e scambio che aiutano molto bene a comprendere qualcosa di più della cultura della minoranza. Inoltre – se scambio deve essere – allora la popolazione immigrata, attraverso anche questo tipo di esperienza, quasi naturalmente conosce e rispetta costumi e regole della cultura ospitante. Insomma si realizza un’osmosi d’esperienze che aiuta la comprensione reciproca. Non vorrei sembrare un alieno – anche se per certi aspetti sono sicuramente un beatnik – ma credo che sia attraverso il rispetto e la promozione reciproca delle culture che l’integrazione può arrivare. Allo stesso tempo ritengo giusto esistano regole certe e anche rigide sulle modalità d’ammissione degli stranieri nel nostro Paese. Non siamo il Paese di Bengodi e non possiamo in nome di una non meglio identificata esterofilia dimenticare i nostri concittadini. Non credo, comunque, che sia attraverso la paura che si risolverà il problema. Il punto è che nel nostro Paese il teatro, l’artigianato, la letteratura sono considerati beni inutili, chimere inefficaci che non producono denaro. Non siamo un popolo di lettori, non apprezziamo ciò che ci viene proposto dall’esterno, siamo tendenzialmente provinciali visto che non conosciamo quasi per nulla le lingue straniere; un Paese con simili convinzioni ha poche speranze secondo me di realizzare un’efficace integrazione razziale. Ci mancano proprio gli strumenti. Dovremmo credere un po’ di più nelle giovani generazioni e nella cultura ma i nostri vecchi (uso una parola demodè visto che oggi si è giovani fino a ottant’anni) si sono mangiati il nostro futuro e, francamente, non mi pare che facciano granché per invertire la tendenza all’inaridimento generale.

6) Attualmente a preoccupare in Italia è la mafia cinese, quella di alcuni paesi dell’est europa e quella di alcuni gruppi malavitosi di origine araba o africana. Un ritorno storico a quando era l’Europa (e l’Italia in prima linea) a esportare la propria mafia all’estero e particolarmente nel nuovo continente. La storia si ripete?
Bella domanda. Direi di sì. Progresso e nuove possibilità, maggiori ricchezze e un mercato sempre più globale incoraggiano l’abbattimento delle frontiere, financo criminali. La mafia cinese fra l’altro può contare su una solidissima tradizione – non è certo un’invenzione recente – ma risale piuttosto alle società segrete che si formarono per rovesciare la dinastia Ching dopo la caduta dei Ming. Quindi, direi, la mafia cinese ha una storia antica e consolidata. Chiaramente il boom economico della Cina ha inevitabilmente reso le stesse Triadi più potenti, e lo stesso potremmo dire per le mafie dell’Est con la caduta della Cortina di ferro. L’occidente è in crisi, l’Oriente in ascesa, inevitabile che la storia si ripeta anche se con protagonisti diversi, l’uomo nei secoli non è affatto migliorato, anzi.

7) La Cina viene spesso descritta come una nuova opportunità per entrare in un mercato gigantesco ma allo stesso tempo le regole interne la rendono ostica e la concorrenza che effettua ai paesi industrializzati è inarrestabile. A questo si aggiunge un nuovo potere economico che secondo alcuni analisti in meno di un decennio la renderà la prima economia al mondo. Come vedi tutto questo?
Mi pare acclarato. Come dicevo, pur non essendo certo un esperto, è evidente che la cultura cinese è molto chiusa, impermeabile direi, tende a fingere un’integrazione con il Paese ospitante che di fatto si risolve invece nell’impianto di una cellula autonoma. Attraverso i legami di guanxi i cinesi tendono a creare un micro-sistema interno al Paese ospitante che un po’ alla volta ne mangia l’economia. Ok, sto estremizzando, ma nel caso della mafia cinese è così che funziona, basta leggere i giornali. Una cellula autonoma che si autoalimenta e si autodisciplina, in modo anche estremamente violento, con strutture proprie. E poi c’è la grande convinzione di far parte di un tutto molto più grande. Uomini e donne cinesi, e lo dico in positivo, sono molto più motivati di noi occidentali, sono più determinati e hanno una volontà di ferro. Sono più di un miliardo e hanno una terra grande quanto un continente che rigurgita risorse e materie prime, quindi ti chiedo: di cosa stiamo parlando? Mi pare chiaro che ci faranno un culo grande come una capanna e che diventeranno la prima economia mondiale. Qui si tratta solo di strappare delle buone condizioni, insomma una resa onorevole, chiaro?

8) I tuoi romanzi sono definiti Sugarpulp. Vuoi parlarci di questo termine e di Sugargulp di cui sei cofondatore?
Sì, ho coideato e cofondato Sugarpulp. Si tratta di un movimento letterario che tenta di trapiantare storie pulp-noir, veloci, dal ritmo sincopato, fondate sul binomio dialogo-azione, pop nel Veneto più profondo e violento. Sugar sta proprio per lo zucchero di barbabietola, prodotto tipico di questa zona d’Italia. Una terra epica, il Veneto, una terra che ispirò H. P. Lovecraft tanto per dirne una, un luogo che amo per una natura straordinaria: quella della Bassa, del Delta del Po, dell’Altopiano di Asiago, dei Colli Euganei e Berici, della Lessinia. Uno state of mind in cui convive un’iconografia ricca, fatta di sagre ma anche del Carnevale di Venezia, degli ippodromi e del Casinò, dei piccoli paesi sperduti nella provincia più profonda e di Sant’Antonio da Padova, dei campi di barbabietole e della Romea, insomma in Veneto uno scrittore ha materiale iconografico ed umano per scrivere non uno ma migliaia di romanzi, di tutti i generi. Ma volevamo qualcosa di giovane, fresco, rapido, volevamo storie piene di colpi di scena, adrenaliniche e dal forte impatto cinematografico. Insomma, questo è l’intento. Numi tutelari del movimento sono autori come Massimo Carlotto, Joe R. Lansdale, Victor Gischler, Tim Willocks, tanto per dare un’idea di cosa andiamo cercando. Mi pare che stia funzionando alla grande.

9) Quali sono gli autori che più ti hanno ispirato come scrittore? Tra questi sicuramente Victor Gischler a cui ti lega un buon rapporto e che sembra che omaggi citando la città in cui vive come sede universitaria in cui studia la figlia del mafioso veneto. Come nasce e come si sviluppa questo rapporto?
Be’ anzitutto gli scrittori, ma anche registi e sceneggiatori di fumetti cito in ordine sparso: Erskine Caldwell, William Faulkner, Flannery O’Connor, Truman Capote, Massimo Carlotto, Victor Gischler, Alexandre Dumas, Tim Willocks, Sam Peckinpah, Don Winslow, Garth Ennis, Joe R. Lansdale, James Ellroy, Gianni Rodari, Emilio Salgari, Robert Louis Stevenson, Sergio Leone, Buddy Giovinazzo, Frank Miller, Jean Claude Izzo, Pedro Juan Gutierrez, Charles Bukowski, David Peace, Allan Guthrie, Robert Rodriguez, Quentin Tarantino Arturo Perez Reverte, Rob Zombie, Robert E. Howard, H. P. Lovecraft, Stuart O’nan, Caleb Carr, Zakk Snyder, Dennis Lehane, Sebastian Fitzek, D. B. Blettenberg, Joerg Juretzka, Ferenc Molnar, James Lee Burke, Nick Lake, Jonathan Hickman, Warren Ellis, Alan Moore, Irvine Welsh, Guy Ritchie, Joe Carnahan, Marcus Nispel, Christian Alvart, Alan D’Altieri e Stefano Di Marino … e chiedo scusa a tutti quelli che per motivi di spazio non nomino.
Su Gischler: siamo amici, credo di aver fatto un buon lavoro per lui come ufficio stampa, visto che oggi quello italiano è per lui il secondo mercato editoriale dopo quello americano e parliamo di un autore che è tradotto anche in tedesco, francese, spagnolo, giapponese, turco, ceco e in svariate altre lingue. Ci unisce un grandissimo affetto e una notevole stima reciproca. Personalmente lo considero un maestro, ho studiato i suoi libri, dalla prima all’ultima riga perché ritengo sia una dei più grossi talenti usciti dal crime americano negli ultimi anni, del resto se è stato finalista all’Edgar e all’Anthony non è nemmeno più un’opinione giusto? E poi Victor è una persona fantastica, disponibile, generosa, affabile e ti fa crepare dalle risate, davvero non riesco a trovargli un difetto. Un professionista straordinario e un talento puro.
Sulla questione dell’omaggio: centro. Come hai fatto a capirlo? Finora sei l’unico, ah ah ah.

10) Mila è una figura che in un qual modo sembra vivere al margine della società facendo la propria apparizione per realizzare l’agognata vendetta. Una vera e propria killer che in parte potrebbe uscire da film come Kill Bill. Per gente che ha subito il suo passato e che non è stata aiutata dallo stato c’è possibilità di rientrare nella società senza nutrire odio o desiderio di rivalsa?
Certamente sì. Non intendo certo inneggiare all’omicidio o alla vendetta o al desiderio di rivalsa. Il mio, chiaramente, è un romanzo, una storia. Detto questo, credo avremmo bisogno di maggior senso civile e di coscienza sociale per puntare meno all’individualismo sfrenato e più alla solidarietà, a patto che la stessa sia supportata da una coscienza critica, la solidarietà da sola non basta anzi rischia di fare danni enormi. Poi, certo, se mi chiedi se la nostra generazione deve nutrire un certo spirito di rivincita nei confronti dei ragazzini di settanta e ottant’anni ti dico immediatamente di sì. Mandiamoli via, hanno fatto quello che dovevano fare (eccome se l’hanno fatto), adesso è il nostro turno. Credo sia difficile fare peggio di loro.

11) Se dovessi descrivere Mila con sole tre parole, quali sceglieresti?
Affascinante, complessa, letale.

12) Cosa ci possiamo aspettare nel futuro prossimo da te come autore? Hai già progetti in cantiere?
Ho appena consegnato un nuovo manoscritto, una black comedy spero divertente con un tema piuttosto attuale mentre sono al lavoro sul sequel di Mila. Con Alessandro Vitti (disegnatore per Marvel e Bonelli) sto lavorando al fumetto dedicato a Mila: Red Dread.

13) Vuoi lasciare un messaggio ai tuoi lettori?
Scherzi? Certo! Grazie infinite amici miei, grazie per aver dato una possibilità a Mila, spero che la sua ballata assassina vi sia piaciuta, potete scrivermi, se vi va, alla mail indicata sull’aletta del libro per dirmi cosa vi ha convinto e cosa vi ha lasciato perplessi, cosa vi è piaciuto e cosa vi è sembrato forzato. Credo in una costante interazione fra chi scrive e chi legge. Vi abbraccio e grazie a L’Altrapagina e a te, Gianfranco, per lo spazio e l’intervista che mi avete concesso, siete grandi!