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Un pirata piccolo piccolo

Autore: Rossella Gaudenzi
Testata: Via dei Serpenti
Data: 12 settembre 2011

«Il rione dei pirati! Che appellativo strano! Chi l’avrebbe detto che un semplice soprannome affibbiatoci  dai ragazzini del rione confinante sarebbe sopravvissuto tutti questi anni? Com’è stato possibile? … forse perché imponevamo una tangente ai bambini degli altri quartieri. Ma è più probabile che l’appellativo sia da attribuire al fatto che in una delle battaglie notturne fra ragazzini dei vari quartieri, tipiche del mese del Ramadan, avevamo innalzato la bandiera dei pirati. Avevamo preso una pezza bianca, ci avevamo disegnato un teschio e ci avevamo fatto sopra una X».
Per lo scrittore algerino Amara Lakhous è arrivato il momento di riempire gli scaffali delle nostre librerie con la sua opera prima, diciotto anni dopo averla ultimata e dopo una prima stampa risalente al 1999 con una tiratura di 1000 copie e nessuna distribuzione. L’attuale romanzo Un pirata piccolo piccolo era allora stampato in italiano e arabo e aveva il titolo Le cimici e il pirata. Ma cambia il vento ed è cambiato più volte dal lontano 1995, cuore del «decennio nero» in Algeria e anno dell’espatrio dell’autore in Italia con un dattiloscritto nascosto in valigia che, se fosse stata controllata si sarebbe tramutato in una bomba. L’autore dei fortunati Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio e Divorzio all’islamica a viale Marconi, editi entrambi da Edizioni e/o può oggi diffondere la propria sottile e spietata critica alla terra che ha lasciato quasi vent’anni fa.

La storia muove da un’acuta suggestione: «Chi nasce il 29 febbraio vive il tempo in un mondo davvero strano: salta da 4 a 8, da 8 a 12, e così via. Questa considerazione mi è stata di grande stimolo proprio rispetto a quello che volevo raccontare: la storia di un personaggio che entra in crisi perché all’improvviso sente che la sua età, la sua stessa esistenza, gli sono state rubate».
Così dalla penna di un giovane Amara Lakhous nasce il soliloquio di Hassinu, un impiegato delle poste di Algeri, in lista d’attesa da quindici anni per un alloggio statale, che narra tre giornate di un anno bisestile culminanti nel suo inatteso quarantesimo compleanno. Un giovedì 27, un venerdì 28 e un sabato 29 febbraio, tre capitoli per raccontare attraverso una sistematica quotidianità l’annichilimento, la rassegnazione, la corruzione di un Paese e di un popolo. Tre giornate ordinarie durante le quali Hassinu ripete i gesti e i rituali di sempre: si ritrova sul treno affollato e fetido di sempre, consuma i pasti in trattoria come sempre,  e come sempre scambia conversazioni e convenevoli: «Mokhtar di Sétif! Mi ha visto! Non me la posso svignare. Eccolo, avanza sorridendo verso di me. La frittata è fatta. Che si fa? Non mi posso inventare niente. Spero che si limiti ai saluti e se ne vada fuori dalle palle, e che non si dilunghi in chiacchiere». Si prepara con cura per l’incontro del giovedì con la bionda prostituta Malika, unica figura caricata di umanità, bellezza e compassione, vittima del medesimo sistema che l’ha resa una reietta in quanto fuggita dalle violenze e perversioni di un marito abbrutito. Malika e Fertàs, la prostituta e “il calvo”, il suo membro virile che assume lo spessore di un personaggio, l’unico amico che non potrà mai tradirlo; queste le uniche presenze vitali nell’esistenza del protagonista che agli occhi delle ipocrisie della sua società è destinata all’onta, non avendo né casa, né moglie, né famiglia. Il lungo soliloquio diviene turpiloquio, poiché se l’uomo algerino è piegato dal regime giorno dopo giorno, il regime non può impedirgli di essere, almeno nella mente, libero, critico e caustico.
Frasi brevi, asciutte, inserite in una varietà di stili il cui registro non è mai alto né formale e in cui abbonda la presenza del parlato, con incursioni dialettali.
Quasi venti anni sono passati dalla creazione di Hassinu. Oggi i giovani arabi si stanno ribellando alle dittature; egli oggi uscirebbe dalla prigione nella quale era costretto a vivere e sarebbe un pirata vero, non più un pirata piccolo piccolo. È con questa nuova consapevolezza che guardiamo ad Hassinu con un sorriso e un moto di commozione.