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C'è un delitto scomodo nel paradiso dei turisti

Autore: Andrea Frateff-Gianni
Testata: Il Messaggero
Data: 16 giugno 2025

Estate. Agosto. La scena è da cartolina. Davanti ai Faraglioni di Lipari, «due rocce aguzze, scoscese e massicce, che emergono dagli abissi», c'è una barca. A bordo, mentre la luna si riflette nell'acqua come una lama, due ragazzi. Un bikini allentato, un telo di spugna, una bottiglia di vino dentro un secchiello pieno di ghiaccio. Poi, ad un certo punto, un urlo squarcia in due il silenzio, perché di colpo, «cullato dalle onde, sospeso fra i flutti», il corpo senza vita di un uomo affiora dalle acque, sbattendo contro lo scafo. Un cadavere irrompe così sulla scena e infrange in maniera irreparabile le promesse d'amore di quella notte, trasformandola in un incubo. Inizia così Giallo Lipari , il nuovo thriller di Francesco Musolino, appena uscito per e/o, e fin dal principio non molla mai la presa. (...) Parole che fanno rumore nelle cronache nazionali, ma che su un'isola rischiano di passare sotto silenzio. Come se la distanza dal continente legittimasse un certo torpore morale. Giallo Lipari si fa così metafora dell'Italia, un paese che galleggia più che affrontare, che preferisce la quiete turistica alla giustizia. Il morto resta lì. Nessuno lo reclama. Nessuno ne parla. Nessuno lo piange. «Chi era quest'uomo? Cosa gli era successo? Era stato un incidente o c'era qualcosa sotto? Nessuno avrebbe portato fiori in sua memoria sotto la scogliera. Ecco perché ero entrato in polizia. Perché qualcuno doveva occuparsene», pensa Garbo all'inizio dell'indagine. POLITICO L'inchiesta si trasforma così in una trama allegorica, in cui il noir si avvicina al politico. Come nei romanzi di Sciascia, è la tensione morale - non la violenza - a reggere l'intreccio. Musolino scrive come chi il mare lo conosce davvero. C'è salsedine nella sua prosa, il rumore delle reti, il respiro lento delle isole. Il romanzo vive anche di questo: la nafta nei porti, le voci basse nelle piazze, i silenzi tra le case bianche. Il paesaggio diventa sostanza narrativa, non sfondo. E così, mentre il thriller si stringe verso la sua soluzione, ciò che resta è un senso di vertigine morale.