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RITORNA L'ALLIGATORE, IL DETECTIVE DI CARLOTTO

Autore: Nicolò Menniti-Ippolito
Testata: Il Mattino di Padova
Data: 17 maggio 2000

Per la quarta volta torna l'Alligatore, il quasi detective creato da Massimo Carlotto per raccontare l'Italia di oggi tra disagio politico, ordinaria ingiustizia, sopraffazione e violenza. E per la terza volta con Il corriere colombiano lo scrittore padovano ambienta il suo giallo nel Veneto, tra Padova, Venezia, Treviso, qualche puntata verso Pordenone, nel Nord-est rampante, insomma, che è rampante anche come tasso di illegalità e di corruzione.

Carlotto non costruisce i suoi gialli dal nulla, ma da eventi reali, ricostruiti con una sorte di contro inchiesta, che offre una lettura decisamente difforme da quella pubblica e ufficiale. Al centro del romanzo, un innocente in carcere, tema dominante per Carlotto, indubbiamente anche per le sue vicende personali. Solo che questa volta è un innocente particolare, incriminato per un traffico di droga mai svolto, ma colpevole di aver ucciso due poliziotti, delitto da cui è uscito assolto. E' di lui che si occupa l'Alligatore, detective illegale, ex detenuto, ex latitante, dedito al Calvados ed al blues, affiancato come sempre dal contrabbandiere Rossini, e questa volta anche da Max, un tempo ricercato per terrorismo, ora socio in affari e mente della attività investigativa. L'inchiesta porta i tre a scoprire un piccolo intrigo, in cui i confini tra illegalità e legalità sfumano, ed in cui l'impotenza di chi vorrebbe affermare una verità diventa manifesta. L'Alligatore ed i suoi soci, infatti, scoprono tutto, ma non sanno cosa farsene, perché, contro le regole del giallo tradizionale, la verità non redime e non salva. L'altro centro polemico del libro riguarda il pentitismo, che ha alterato ormai le regole del gioco, per cui guardie e ladri continuano a confondersi tra loro, e i pochi malavitosi che cercano di rispettare quello che era una volta un codice di comportamento non scritto fanno la figura dei dinosauri. In questo libro Carlotto conferma la tendenza ad un linguaggio sempre secco, più essenziale, e conferma anche una sempre maggiore durezza, inevitabile in un gioco, quello della giustizia, in cui, secondo Carlotto, tutte le regole sono saltate.

Le mani pulite ormai non ce le ha nessuno ed il Veneto che descrive Carlotto è crocevia internazionale di bande che si muovono in una notte costante fatta di discoteche, prostituzione, traffici, corruzione senza soluzione di continuità. La grande area metropolitana veneta appare ormai realtà per una malavita che non è corpo estraneo al territorio, ma lo interseca continuamente.