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Uomini e bestie, di Ian Holding

Autore: Sandra Bardotti
Testata: Wuz.it
Data: 28 novembre 2011

Non sarebbe preferibile se fossi tutta un'altra creatura? Un animale, magari una bestia da soma, in modo che il mio padrone non debba essere assillato dall'eventualità di provare anche solo un briciolo di compassione per le mie sofferenze? Per lui sarebbe più facile. Io dovrei obbedire a ogni suo ordine per paura di perdere la vita. Quindi sarei uno schiavo & verrei punito come tale, alla lettera. Sarei ai suoi comandi, sottomesso a ogni suo capriccio, a ogni suo volere. Dovrei guadagnarmi da vivere badando a ogni parola che dice, aspettando ogni volta istruzioni col fiato sospeso. Alla fine sarei talmente condizionato dalla mia sorte che il concetto di libertà mi scivolerebbe di dosso come un cappotto & mi ritroverei senza più la mia identità, il mio senso dell'io, al nudo & crudo servizio di un altro essere.

Ian Holding, nato in Zimbabwe trentatre anni fa, si è fatto conoscere da pubblico e critica con il primo romanzo, Nel mondo insensibile, tradotto in Italia da Einaudi nel 2008: un affresco che mostra senza reticenze la decadenza economica e morale di un paese martoriato da anni di sconvolgimenti politici, guerra civile e violenze razziali. Adesso E/O pubblica il suo secondo romanzo, Uomini e bestie: siamo ancora (presumibilmente) in Zimbabwe, dove le razzie e i soprusi non hanno fine, e una pacifica convivenza tra bianchi e neri sembra un'utopia. Richiamando Uomini e topi di Steinbeck, Ian Holding torna a riflettere sull'insondabilità della natura umana, sull'esperienza dell'uomo bianco nell'Africa nera, sulla frustrazione di sentirsi totalmente impotenti in un mondo disumano in cui vittime e carnefici si scambiano continuamente i ruoli e non c'è rifugio dalla sofferenza.

Due storie si intrecciano in uno scenario post-apocalittico. Alcuni miliziani sequestrano un uomo bianco in cerca di cibo alla periferia di una città distrutta e saccheggiata. Intorno, la luce rovente del sole illumina un deserto di rovine e desolazione. Il prigioniero viene trascinato attraverso campi carbonizzati, macerie fumanti, cadaveri, carcasse di animali e cose. La furia cieca dei barbari si è riversata sui villaggi. Venduto a un vecchio, passa poi nelle mani di un altro gruppo di giovani, ed è costretto a trasportare una donna incinta su una carriola, in un viaggio senza meta, attraverso strade aride, improvvise radure e raccapriccianti resti umani.
Intanto, Ian, un insegnante di scuola superiore, stanco (parola che ricorre ossessivamente) e amareggiato dalle condizioni in cui versa il suo paese, decide di andarsene. Ma prima di partire deve sistemare un po' di questioni in sospeso. Seguiamo un pezzo della sua vita attraverso un diario in cui registra i suoi pensieri, fin quando le vite dei due uomini, entrambi "prigionieri", entreranno in collisione in maniera inaspettata.

Facendosi personaggio, in un esperimento ardito di narrazione nella narrazione, Ian Holding tenta di provare su di sé il dolore della schiavitù, della perdita della libertà, della disumanizzazione, obbedendo a un desiderio di catarsi e riparazione per espiare le colpe quotidiane che gli derivano dall'appartenenza alla razza dei colonizzatori. Ma tutta la messinscena è solo un altro atto del suo crimine: quello di chi da sempre è padrone, spettatore passivo del crollo di un sistema. L'autore, la mente suprema, al pari di un conquistatore, riduce i personaggi a essere schiavi di un ruolo pensato da chi non ha mai condiviso niente con loro. Non c'è possibilità di redenzione dall'angoscia di non essere in grado di riconciliarsi con il paese in cui siamo nati ma del quale non conosciamo le sofferenze, al quale sentiamo di non appartenere - se non nella testimonianza.

Uomini e bestie è un romanzo spietato e coraggioso sul disastro postcoloniale in Africa, un canto di rabbia e di amore. Ian Holding ha un talento particolare nella descrizione dettagliata del paesaggio desolato e crudo di una terra violenta che non trova pace nemmeno nei suoi elementi naturali. Un senso di minaccia e urgenza percorre tutto romanzo - in particolare la prima e la terza parte, dove l'assenza di dialoghi e l'uso asfissiante del presente narrativo contribuiscono a plasmare un'atmosfera soffocante.
La letteratura dell'Africa subsahariana è ancora tutta da scoprire.