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Un pirata piccolo piccolo

Autore: Nicoletta Scano
Testata: i-libri
Data: 19 ottobre 2011

Ormai tutti in attesa di partire per le vacanze? La lettura di due romanzi di recente pubblicazione potrebbe offrirvi l’occasione di fare un breve (ma intenso) viaggio low cost nella vita delle persone che passano la loro esistenza proprio accanto a noi.

Non si tratta certamente di due opere d’evasione: Un pirata piccolo piccolo di Amara Lakhous (Edizioni e/o) e Denti guasti di Matteo De Simone (Hacca) son due libri molto diversi ma egualmente illuminati da grande intelligenza e lucidità emotiva, diversamente segnati dall’attuale panorama storico, che vede le giovani generazioni in lotta per la riconquista della propria identità ed emancipazione.

Nel primo, Un pirata piccolo piccolo, entriamo forzatamente nel monologo interiore di Hassinu, un impiegato delle poste di Algeri, vittima come tanti di un regime culturale (e non solo, ahimè) che lo priva delle libertà fondamentali, di un respiro di libertà che appare soffocato persino nella rappresentazione spaziale della storia: la sua quotidianità è schiacciata, incasellata in luoghi che limitano la sua prospettiva e lo portano a tormentar sé stesso in un’inesauribile flusso di imprecazioni, rimbrotti, invocazioni e scongiuri tanto ossessivi quanto umoristici.

Il tempo narrativo, dilatato a dismisura dal monologo del protagonista, copre in realtà tre soli giorni, ed è davvero notevole come in un così breve percorso riesca a svelare così tanto dell’indole di Hassinu, dell’anelito di una generazione, dei rigurgiti di un’ideologia religiosa formalmente inossidabile eppure messa in discussione proprio nella sua rigidità impositiva.

Se Lakhous in questa opera abbandona momentaneamente i panni di scrittore migrante per dar voce alle sue origini in una realtà lontana dall’Italia, il secondo romanzo, Denti guasti, è ambientato a Torino e intreccia meravigliosamente le storie di “casa nostra” con le vicende di Silviu e Roman, due giovanissimi moldavi.

Il romanzo si apre proprio sull’arrivo in Italia dei due ragazzi, descrivendo situazioni e soprusi ormai pienamente parte dell’immaginario collettivo, ma raccontate con una nitidezza tanto immediata da far impallidire. E l’evoluzione della loro esperienza a Torino non è certamente delle più edulcorate: Matteo De Simone stupisce per come riesce a descrivere storie già ascoltate come se venissero narrate per la prima volta.

Dall’altra parte della storia, Giulia e la sua vita imperfetta e dolorosa, ai limite di una anormalità non ancora abbastanza palese da concederle l’aiuto del prossimo: una fotografia di tantissime persone, proprio accanto a noi, schiacciate in un’esistenza ai margini dell’infelicità, non abbastanza tragica per catapultarla lontano dalla vergogna e dalla solitudine ed accoglierla nella vita degli altri, come persona “davvero” sfortunata e quindi da sostenere, guidare, ascoltare.

Una madre alcolizzata ma che ancora riesce a lavorare, un padre che non c’è più, Giulia cresce in fretta e impara a prendersi cura del fratellino. Un’inclinazione alla disponibilità che la avvicina ad un comune e poco raccomandabile immigrato, Roman, e le permette di conoscerlo. Tanti sogni nel cassetto, facili fughe sintetiche dalla realtà, che la fanno sospirare guardando il suo reality show preferito, inclinazione condita dall’autore nell’intreccio del romanzo con la più amara disillusione.

Due letture consigliate, in quanto ottimi romanzi prima di tutto, ma anche perché istruttivi: una breve occhiatina – senza moralismi o ideologia - nella realtà degli altri.