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La guerra di Elisa, sommersa e salvata nell'estate del '43

Autore: Giulia Borgese
Testata: Corriere della Sera
Data: 11 novembre 2008

Un nuovo libro di Lia Levi, un romanzo dal titolo per così dire segnaletico: L' amore mio non può, canzone popolarissima nel 1943. Così, ancor prima di aprirlo, sappiamo che la scrittrice rivisita uno dei temi cui è soprattutto affezionata: la guerra, le leggi razziali, la persecuzione degli ebrei. Come nel suo primo romanzo autobiografico, Una bambina e basta (1994, premio Elsa Morante) anche qui ritroviamo una bambina, Lilia, costretta a un tratto a vivere, o piuttosto a sopravvivere, accanto a una mamma giovane, bella sola e disperata. L' incipit infatti è il suicidio di Andrea, il marito e padre, in un giorno d' estate del 1939, dieci mesi dopo aver perso il lavoro per motivi di «razza»: «Si è buttato giù dal muraglione del Pincio come un poeta, anche se in realtà era solo un impiegato di banca. Mi ha lasciato un biglietto e una bambina». Sul biglietto, verso la fine del foglio, c' era scritto: «Cresci bene la nostra bambina».

Comincia lo strazio di dovercela fare giorno per giorno, senza soldi, senza lavoro, con una famiglia che non può aiutarle. I rari momenti di svago, quasi di lieta dimenticanza del grigiore quotidiano, sono - complice la cassiera - i film con Alida Valli a cui Elisa, la protagonista che parla in prima persona, un poco assomiglia. La sera è assalita dai ricordi: il marito allegro e imprevedibile, innamorato e poetico anche se non era poeta, appena uscito il «Manifesto della razza» aveva cominciato a incupirsi, a starsene chiuso in camera sua, a sentirsi misero, spaventato e incapace di vivere e lottare: è così che la storia entra nella vita privata sconvolgendola. Molte cose accadono a Elisa, compreso uno stupro subito da chi le aveva - così almeno pareva - teso una mano. L' unica possibilità era stata trasferirsi, lei e anche Lilia, nella bella casa di due ricchi ebrei a sostituire i domestici ariani che ormai era loro vietato tenere a servizio. Giorni di umiliazione da parte della signora, un continuo: «Tu non sai fare niente, ah quando c' erano le mie friulane!». Ma il 16 ottobre quando le SS irrompono nel palazzo e portano via i signori, alla domanda dei tedeschi su chi sia Elisa, la risposta della signora è un altezzoso: «Ma non vedete che è una serva!». È la salvezza. Resta il dubbio, in Elisa e anche nel lettore: la signora avrà voluto salvarla o soltanto infliggerle l' ultima umiliazione?

Il libro di Lia Levi, «L' amore mio non può», è pubblicato dalle Edizioni e/o, pagine 149, 14,50€