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Donne coraggio

Autore: Pier Mario Fasanotti
Testata: Liberal
Data: 16 marzo 2012

Non ci sono proclami e nemmeno grida istericamente ideologiche. Semmai un ragionare lento e scavato, con l'accortezza di equilibrare accuse e auto-accuse. Sempre nel tentativo di capirci qualcosa, il che non è mai operazione facile e conclusiva. È l'animo femminile, nei suoi nodi e noduli psichici e sociali, che in questo periodo si fa sempre più oggetto di narrativa. Anche l'otto marzo, festa delle donne, travalica (almeno culturalmente) l'insulsa e formalissima ritualità degli omaggi floreali, dei rancori, delle battute salaci, della gioia isolata e sgangherata. Eric-Emmanuel Schmitt è, ovviamente, un uomo. È romanziere e studioso francese. Ma la sua impronta di genere non ostacola la sua bravura nell'esaminare tre donne, con un nome somigliante, di diverse epoche, intrecciando così un faticoso divenire, uno sbocciare della consapevolezza, più o meno marcati a seconda del contesto storico. Nel suo ultimo romanzo pubblicato in Italia dalle edizioni e/o (La donna allo specchio, 395 pagine, 19,50 euro) si stagliano tre donne. Diversamente infelici.

C'è Anne, che si muove nelle Fiandre del XVI secolo, promessa sposa ma poi fuggitiva perché «la natura la attirava più del fidanzato», intuendo che «la felicità si nascondeva fuori, dietro un albero, come un coniglio ... unirsi a Philippe le appariva ridicolo in confronto allo splendore di aprile che fortifica campi e foreste». Anne diventa mistica e fa scandalo sociale, allontanandosi dalle convenzioni e dalle istituzioni. N o n conosce San Francesco, eppure parla con un lupo che semina terrore nella zona. Nei boschi, assieme alle parole che annota per sé, entra in una condizione estatica. E ciò la conduce ad affrontare l'imputazione di eresia. C'è poi Hanna, austriaca ricca, che agli inizi del Novecento comincia la corrispondenza con l'amica Gretchen. Alla quale confida di aver avuto «una luna di miele impeccabile», salvo poi chiedersi: «Ma io sono fatta per la luna di miele?». S'accorgerà che la cosiddetta pienezza di una donna non sta affatto, o esclusivamente, «nelle braccia di un uomo». Si è stancata, lei bambolina silenziosa dell'alta società e per reazione «smorfiosa snob», di subire biasimi sia pure camuffati in elogi di convenienza. La catena di quesiti che si pone va a finire nel concetto del ruolo. Il marito è affettuosamente esuberante. Però lei annota: <<Il suo desiderio mi affascina senza disturbarmi. E mi lusinga... Mi do a Franz per gentilezza, altruismo, compiacenza, visto che ho deciso di appagarlo per quanto posso. Ottempero al mio dovere come una brava massaia». Hanna guarda dentro se stessa e all'amica confida: «Non sono motivata dal gusto né tormentata dal desiderio, e ne ricavo poco piacere, giusto la gratificazione di aver fatto l'elemosina o l'emozione di vedere quel giovanottone addormentarsi soddisfatto contro la mia spalla». Sono parole, queste, che se un marito o compagno le conoscesse sarebbero più acute di un pugnale o di un tradimento. Hanna vive in una sorta di acquario. Fino alla gravidanza. n bambino non nascerà vivo, il perbenismo sociale lo seppellirà dentro una bugia dai contorni dell'isteria o della casualità. Ma ecco che la bella dama viennese viene a sapere che nella vita di una donna esiste anche <di piacere eccelso». Così come viene a sapere di un certo dottor Freud, «il mago ebreo», che osa palpare le anime e non i corpi. Superando gli enormi pregiudizi razziali si stenderà sul lettino di uno psicoanalista dal nome non ebraico. E così scoprirà i traumi infantili, i grovigli che si è portata dietro senza farli vedere agli altri e nemmeno a se stessa. Hanna conoscerà poi «il piacere eccelso» solo in occasionali incontri extraconiugali. Tasta la felicità, a condizione però di portare una maschera. Infine Eric-Emmanuel Schmitt ci parla di Amy, giovane donna dei nostri tempi, protagonista vivace e nevrotica del mondo dello spettacolo. Diventerà una star di Hollywood, drogata di celebrità e sostanze stupefacenti. Amy è donna che, grazie anche ai tempi in cui vive, può dirsi gratificata in quanto soggetto sociale. Ma il percorso che dovrebbe condurla a una pienezza affettiva è un altro, non certo quello che passa per l'abbrutimento in omaggio al dio-denaro. Lo strumento della recitazione servirà ad Amy per cercare e trovare un tipo diverso di soddisfazione. Ponendo a confronto le tre donne descritte in questo romanzo finissimo, risulta facile pensare che se un tempo l'esistenza delle convenzioni affettive non portava verso un baricentro (a parte le eccezioni), oggi la gradualità si è ribaltata. Rimane l'incontestabile fatto che la vita di una donna è quanto di più difficile che ci sia sotto il cielo.