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L'isola dell'ultima verità, Flavia Company

Autore: Elisabetta Bolondi
Testata: SoloLibri.net
Data: 2 giugno 2012

Il naufragio sull’isola deserta, che ha tanto incantato i lettori da Robinson Crusoe in avanti, viene qui trasformato in una storia tra il noir e il romanzo simbolico e lascia il lettore sorpreso e sconcertato: una sorpresa spiazzante il finale, mentre tutta la narrazione si riempie di pathos man mano che le pagine scorrono, sempre più rapidamente.

La citazione che apre il libro, tratta da “Lo specchio del mare” di Conrad, non potrebbe essere più calzante e vale la pena di citarne qualche riga.

“Io qui ho tentato di mettere a nudo, con la franchezza di una confessione dell’ultima ora, i termini della mia relazione con il mare, che, iniziata misteriosamente, come ogni grande passione che gli dèi mandano ai mortali, continuò invincibile e sorda alla ragione...”
La scrittrice argentina Flavia Company, ora trapiantata a Barcellona, amante del mare e della letteratura d’avventura, fa raccontare ad una donna, la professoressa di letteratura comparata Phoebe Westore, la tragica vicenda del naufragio di Mathew Prendel, un medico americano che, anni prima, era scomparso dopo aver perso in un attacco di pirati nel mezzo dell’Atlantico la sua barca, la Queen, e i suoi due compagni di avventura. Mathew si era miracolosamente salvato restando solo, su un isolotto dell’Atlantico, fuori da ogni rotta mercantile, per un lunghissimo tempo fino a quando era imprevedibilmente riuscito e raggiungere la terraferma. Ora, a New York, tornato nel consesso civile, si rifiutava di raccontare la sua avventura, fino all’incontro con Phoebe: i due divengono amanti e, solo giunto in punto di morte per una grave malattia, sette anni dopo, Prendel accetta di raccontare il suo naufragio e la sua verità alla donna. Non è possibile rivelare di più, per non impedire al lettore di gustare le pagine, brevi ma coinvolgenti, con cui la narratrice condisce la sua originale storia.

La conflittualità fra due uomini soli, il potere, la paura, la solitudine, la forza fisica, la disperazione, il senso della morte, la curiosità, l’istinto di sopravvivenza, tutti questi ed altri temi si affollano nella narrazione, rivestiti di una forte carica simbolica. Siamo su di un’isola disabitata, ma potremmo trovarci anche in contesti più affollati: le pulsioni umane o disumane che l’autrice ci propone sono il frutto di un’attenta analisi dei comportamenti di individui normali, a cui l’esistenza ha riservato avvenimenti eccezionali, con i quali confrontarsi e dai quali riuscire ad emergere, o rimanerne schiacciati. Compare in questo apologo il valore della moralità, che occhieggia dietro il racconto e chiede ai lettori di prendere posizione. Il libro si legge in poco tempo, ma lascia dentro un’inquietudine che spinge a riflessioni molto profonde, a bilanci molto impegnativi: ce la sentiamo di giudicare? Cosa avremmo fatto noi in quelle drammatiche circostanze?