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“Sinistri”: storia, analisi socio-politica, irriverenza

Autore: Mattia Frizzera
Testata: L'Arione
Data: 31 luglio 2012

Un'intervista a Tersite Rossi, pseudonimo letterario di Marco Niro e Mattia Maistri, sul loro secondo libro, uscito il 9 maggio e presentato l'11 maggio nella scuola elementare di Aldeno.


1. Come state vivendo il giro di presentazioni di "Sinistri" rispetto a quello di "È già sera tutto è finito"?
Sicuramente con più consapevolezza e sicurezza. Essere stati selezionati da un editore importante come e/o sotto l'egida di Massimo Carlotto ci consente di essere sempre più convinti nei nostri mezzi e della bontà del lavoro fatto. In ogni caso l'entusiasmo resta quello del "giro" precedente: il tour è sempre una bella scarica di adrenalina.
2. Aneddoti relativi alla stesura di questo libro...
Tutto è cominciato il 26 dicembre 2008 in una birreria di Trento con l'idea di scrivere una storia d'Italia in salsa antieorica, attraverso una serie di racconti che facessero il verso ai diversi generi letterari. Insomma, un pizzico di storia, una spruzzata di analisi socio-politica e due gocce di sana irriverenza. Quel che ne è risultato è stato il lampo iniziale: scrivere del passato per descrivere il futuro. Il resto è venuto a scariche successive e il risultato è quello che il lettore ha tra le mani.


3. Cosa vi chiede soprattutto la gente e quali sono le vostre risposte?
Le tre più gettonate riguardano la scrittura. In ordine di frequenza: come si fa a scrivere in due, se scrivere ci dà da vivere, se se siamo contenti del nuovo editore. Le risposte, in ordine: si parla tanto e si litiga molto; no; sì. La quarta domanda, relativa al nuovo romanzo, è: perché questa virata pessimista? La risposta: veramente eravamo pessimisti anche nel primo romanzo, l'incremento del pessimismo è solo un veloce aggiornamento ai tempi che corrono.

4. Come cambiereste "Sinistri" sapendo dell'avvento di mario monti al governo? O sarebbe anche lui funzionale alla trama?
Non lo cambieremmo. Abbiamo finito di scrivere "Sinistri" nell'estate 2011, quando al potere c'erano ancora Berlusconi e la sua videocrazia. Poi Monti e la sua tecnocrazia si sono affermati quando ancora avremmo potuto modificare i riferimenti alla più stretta attualità presenti in "Sinistri", che è uscito solo a maggio 2012. Tuttavia, abbiamo deciso di non cambiare una virgola. Abbiamo solo sperato che la realtà non accelerasse ulteriormente. Infatti, con "Sinistri" volevamo porre l'accento sul rischio che il dopo-Berlusconi fosse peggio del prima. E i primi mesi del nuovo governo, tecnocratico come quello da noi immaginato, o previsto, un anno fa scrivendo "Sinistri", non hanno fatto altro che legittimare quest'idea. Pensavamo di scrivere il romanzo sulla Quarta Repubblica, adesso parliamo di romanzo sulla Terza. Ma la sostanza non cambia.

5. Un libro con tanto sesso e sangue, anche gli antieroi hanno capito il taglio del prato?
Il sesso è una metafora con la quale vogliamo riflettere sulle logiche di dominio e di potere. Il sesso presente nei racconti inseriti nel romanzo permette di descrivere la nausea esistenziale, l'incomunicabilità di coppia, la violenza, il grottesco, la finzione presenti nella nostra società. E, non ultimo, permette di denunciare il volto osceno del potere. Soltanto in un racconto (“Il nome”) il sesso rappresenta, sempre simbolicamente, la liberazione da questa società malata e non a caso è un sesso "diverso", tra due lesbiche. In opposizione alla critica sociale dei costumi sessuali, vi è però la sessualità rivoluzionaria e ricreativa dei nove antieroi (influenzati dalle teorie di Herbert Marcuse e Wilhelm Reich) che si rifanno anche alle abitudini libertine e libertarie dei bonobo, le pacifiche scimmie antropomorfe descritte dall'etologo olandese Frans de Waal. In questo caso il sesso è l'immagine di chi si oppone alle emozioni mercificate e persegue una via diversa da quella del dominio e dell'oppressione.
Per quanto riguarda il sangue, beh, una dittatura sta in piedi sulla menzogna e sulla violenza. E quella dell'Italia del 2023 è una dittatura a tutti gli effetti, con tanto di informazione manipolata e campi di rieducazione e tortura. Si badi bene: lo spargimento di sangue fine a se stesso che tanto imperversa in certi noir non ci piace proprio. Per questo ci siamo impegnati a descrivere più la violenza psicologica che quella fisica.

6. I giovani di oggi, per la vostra esperienza, salgono sui tetti o sono ormai disillusi?
Non ci piacciono molto i sociologismi generazionali. Tuttavia, il tema dei giovani ce lo siamo posto, non fosse altro perché in fondo, al giorno d'oggi, siamo ancora considerati tali anche noi, nonostante i nostri 34 anni a testa. In "Sinistri" è giovane l'antieroina che cerca di opporsi alla tecnocrazia del Partito della Felicità e, più concretamente, al padre dirigente del partito medesimo. Ed è tra un giovane e un vecchio che si consuma un enigmatico dialogo beckettiano, centrale nella risoluzione dell'enigma contenuto nel romanzo, nel quale si parla di un tradimento perpetrato dal vecchio ai danni del giovane. Insomma, i giovani come soggetti ai quali è affidata la speranza, senza tuttavia troppa speranza: l'atomizzazione sociale, il disorientamento, il precariato esistenziale, sono tutti elementi che non aiutano i giovani a diventare massa critica e a sfruttare la posizione invidiabile in cui si ritrovano, quella di non essere ancora diventati pienamente ingranaggi del sistema e quindi di avere ancora margini di libertà sufficienti a non scendere a compromessi col potere. Tuttavia, ripetiamo: non facciamo della questione generazionale una bandiera, della serie "largo ai giovani, fuori i vecchi" ad ogni costo. Sennò si rischia di finire a esagerare: qualcuno si è spinto persino a chiederci se la speranza è da riporre nei bambini; abbiamo risposto che, se così fosse, di speranza da riporre in chicchessia ormai non ce ne sarebbe proprio più...


7. antieroi.org è il blog dal quale parte l'azione politica della Banda dei Nove. Qual è a vostro parere il ruolo di internet nell'informazione e nell'organizzazione futura della nostra società?
La rete è un luogo di scambio potenzialmente infinito, ma soggetto ai limiti delle dinamiche psico-sociali. Basti un parallelo: quando nel Settecento i giornali e le riviste furono il mezzo per diffondere gli ideali rivoluzionari, anche i più entusiasti dovettero rendersi conto che quegli stessi mezzi d'informazione potevano essere manipolati in funzione anti-rivoluzionaria. Con la rete può tranquillamente accadere la stessa cosa: da strumento di liberazione a strumento di oppressione. È pur vero che non ci sono i limiti materiali della stampa della carta e della diffusione, ma credere che basti aprire il proprio blog o cliccare "mi piace" su Facebook per andare "in direzione ostinata e contraria" è da poveri illusi. Un po' come è accaduto alla nostra Banda dei Nove, che inizialmente riesce a muovere milioni di persone proprio grazie a Internet e poi, quando le cose si mettono male, deve fare tragicamente i conti con la solitudine e l'oblio. Se la rivoluzione non è un pranzo di gala, non è nemmeno una chat o un cinguettio di Twitter.

8. Torniamo un attimo al vostro primo libro. Che differenza c'è tra il 1992-1993 ed il 2012 della vita pubblica nel nostro Paese?
Non molta, cioè tanta. Le analogie sono impressionanti. I vecchi partiti che si disintegrano, il vuoto di potere, la società civile impegnata a rottamare il vecchio e a trovare soluzioni partecipative radicalmente diverse, la sinistra cosiddetta rappresentativa incapace di ascoltarla, disunita e persa in illusori e fallaci calcoli elettorali, i poteri economici che cercano di mantenersi in sella inventandosi nuovi partiti, i poteri criminali impegnati nello stesso tentativo e quindi a cercarli come nuovi referenti, magari a colpi di bombe, mentre da una Repubblica si passa alla successiva. Tuttavia, basta alzare un attimo lo sguardo per vedere che il mondo è cambiato in modo altrettanto impressionante. Nel 1992-93 la crisi economica era di secondaria importanza rispetto a quella politico-istituzionale, riguardava soprattutto l'Italia, e, soprattutto, poteva definirsi meramente "congiunturale". Oggi, è mondiale, prioritaria e strutturale, e incide profondamente la vita di decine di milioni di persone, non solo in Italia. I fatti accaduti dal 2008 ad oggi hanno rivelato, a chi non è accecato dall'ideologia, non solo l'inconsistenza dell'illusione neoliberista che imperversava in Occidente da un trentennio, ma più in generale l'assurdità della logica economicista che in Occidente imperversa da oltre due secoli. Proprio nel 1992 Francis Fukuyama prendeva uno dei più grandi abbagli della storia del pensiero moderno e contemporaneo parlando di "fine della storia", intesa come definitiva affermazione del capitalismo liberale. Oggi, venti anni dopo, si vede chiaramente che la storia è, e resterà, sempre da scrivere. E noi, nel nostro piccolo, scriviamo.

9. Il partito della felicità esce ridimensionato dalla recessione economica?
Al contrario, il Partito della Felicità prospera proprio grazie alla crisi economica. D'altro canto è una dinamica storica assodata: sottrarre la speranza alle persone per lungo tempo, le porta a soffrire di crisi di astinenza e ad aggrapparsi a chiunque spacci menzogne per "felicità". I grandi totalitarismi del Novecento sono stati spacciatori di illusioni, tra il manganello da un lato e la paura dall'altro. Ce l'ha insegnato Orwell in "1984": gettare il popolo nel panico e poi offrirgli una speranza (qualunque essa sia, anche insensata) significa avere il popolo in pugno. La recessione economica generata da un sistema al collasso (il capitalismo) e dall'avidità di beceri individui che banchettano sulle disgrazie altrui (gli speculatori alla Soros, tanto per citarne uno) è la condizione necessaria per gettare le persone nella crisi d'astinenza della felicità. Ecco, allora, che basta un pifferaio magico dal sorriso accattivante per chiudere tutti in un sacco e credere che la felicità consista nell'obbedire ad occhi chiusi e dire sempre signorsì.

10. Nel vostro mondo futuro romanzesco non ci sono nè Europa nè dinamiche internazionali. Una visione pessimista di ritorno degli steccati, dei confini?
Il futuro del nostro romanzo descrive l'Italia, ma avrebbe potuto descrivere qualsiasi altro Paese occidentale. Il nostro pessimismo non sta tanto nell'immaginare un ritorno ai confini e agli steccati, quanto nell'immaginare un'Europa con un'unica cricca malavitosa e criminale al comando. E soprattutto con un'unica cultura (quella della finta felicità data da un consumo senza senso espresso non a caso in "globish", l'inglese internazionale). A guardare bene la realtà non sembra darci torto. Convincere la gente, ad esempio, che l'Unione Europea sia una grande conquista per dare un senso ai milioni di morti delle guerre novecentesche oppure per poter pagare una birra all'Oktoberfest senza cambiare moneta è il più grottesco paradosso dei nostri giorni (entrambi gli esempi li abbiamo sentiti con le nostre orecchie). Gli inaccettabili nazionalismi delle guerre mondiali non si superano distruggendo gli Stati nazionali e rendendo i Parlamenti inutili soprammobili "democratici", mentre il vero potere passa nelle stanze di oscuri burocrati di Bruxelles o di altrettanto foschi (e loschi) figuri dei consigli di amministrazione di società finanziarie alla City di Londra. Il criminale (e falsamente europeista) lavaggio del cervello condotto dai primi ministri italiani degli ultimi vent'anni (da Prodi a Berlusconi, da D'Alema a Monti, con tutti i loro alleati, padani e non padani) è qualcosa di vergognoso. Hanno convinto tutti che lo Stato nazionale fosse il nemico della pace e dell'ordine e che, di conseguenza, dovessimo asservirci all'Europa delle cricche finanziarie. Le quali, in realtà, vogliono distruggere lo Stato in quanto organismo che ancora può difendere i diritti fondamentali che ostacolano il loro profitto. Il futuro descritto da "Sinistri" è italiano, ma con un retrogusto fortemente europeo. Per evitarlo non si dovrebbe mettere da parte l'Europa, ma "questa" Europa e "chi" l'ha costruita. Cominciamo?


11. La visione narrativa della storia e dell'attualità è la nuova terapia psicologica sociale? Più storie per tutti?
Narrare è una delle manifestazioni umane più naturali. L'uomo è nato per raccontare storie e per sentirsele raccontare, a fronte di un'esigenza tipica della nostra specie. Per questa ragione la narrazione ha una potenzialità enorme: arriva in profondità, apre squarci nell'animo umano che nessun saggio, nessuna lezione, nessun teorema riuscirebbero mai ad eguagliare. Le storie narrate in un romanzo conducono il lettore dentro se stesso, a capirsi un po' di più, a mettersi in discussione o in gioco. Insomma, il semplice gesto del racconto e dell'ascolto (di cui la lettura è la naturale evoluzione) rappresenta una terapia semplice ed efficace contro il vuoto, contro la mancanza di stimoli e di senso. E alzi la mano chi non è alla ricerca di uno stimolo che dia senso alla sua esistenza!
La narrativa d'inchiesta (che usa la storia per parlare della società) svolge la stessa funzione a livello sociale, cioè aiuta le persone a fare i conti con la memoria collettiva (le storie dimenticate e i relativi inganni) e a guardare dentro gli occhi il mondo che ha davanti. E tutto questo senza i discorsi vuoti e pomposi degli accademici o le pesanti parcelle dei sociologi da salotto. Tutto molto popolare, quasi antieroico. Non credi?