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Mancato delitto alle Olimpiadi

Autore: Dario De Marco
Testata: Dario de Marco Blog
Data: 12 settembre 2012

Ora, ringraziando gli dèi dello sport, i Giochi di Londra sono solo un ricordo. Quindi è ormai matematicamente impossibile che succeda davvero quanto immaginato in Delitto alle Olimpiadi, né che il suo autore Paolo Foschi venga linciato come jettatore: ci vuole comunque un bel coraggio, altro che stratagemma commerciale dell’editore, per ambientare un omicidio non nel passato, non nel presente, non nel lontano futuro, ma in un futuro realistico e prossimo all’uscita del libri, quindi a rischio di verificarsi. Il fatto: Marinella Paris, campionessa dei 400 a ostacoli, viene trovata sulla spiaggia di Ostia, nuda e con la testa spaccata, alla vigilia della partenza. Oltre che giovane e brava, è anche bella, ricca e famosa: sono note a tutti le sue burrascose vicende sentimentali, divise tra due compagni di squadra, rivali in amore come in pista perché entrambi favoriti negli 800 metri. (Al di là della forzata irrealtà dei particolari – perché un bianco e ancora peggio un italiano che primeggia nelle gare veloci non si vede dai tempi di Mennea – per il resto è lasciata al lettore la possibilità di fare paralleli con personaggi veri e dedurre eventuali fonti d’ispirazione).

A indagare è chiamato il commissario Igor Attila, che nominando subito Maigret, Montalbano e Charitos, si candida a essere l’ennesimo investigatore seriale. Ripropone dello schema tutti i cliché: metodi polizieschi sui generis e dubbi d’autostima, passione per certi cibi e certe mangiate, vita privata disastrosa ai limiti del collasso, un passato che torna a tormentarlo. In questo caso, il passato è legato allo sport, perché Attila è un ex pugile, defraudato dell’oro a Seul ’88. E pure il suo team, una scombiccherata “sezione crimini sportivi” fino a quel momento del tutto inutilizzata, è un’accozzaglia di ex: l’ex ciclista dopato ed esperto di sostanze proibite, l’ex fantino con la fissa delle scommesse e così via.

Paolo Foschi, che fa il giornalista al Corriere della Sera, è appassionato di letteratura, sport e musica, e ha riversato tutto in questo suo primo libro: infatti a intervallare le indagini ci sono le furiose schitarrate e le continue citazioni pop del commissario. Indagini che vanno avanti fra estremo realismo da cronaca (i tribunali che non hanno soldi neanche per comprare la carta igienica, i loschi traffici internazionali attorno al business del doping) e smaccato surrealismo da cabaret (come si chiama il pugile coreano? Setepjo Te Kork. E il corridore? Jo Kor Velok: sembra di stare in una barzelletta delle elementari). Indagini che a un certo punto approdano a Londra, una Londra militarizzata ma efficientissima e accogliente: lì, nel momento culminante della finale degli 800, avviene l’inevitabile soluzione, con tanto di colpo a sorpresa. Ma il vero coup de théâtre arriva all’ultima riga, e non riguarda il fatto di sangue, ma i fatti del commissario. Che tutto sommato risulta simpatico: tanto che, cliché o non cliché, viene voglia che davvero diventi seriale.