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Shoa, "La notte dell'oblio": Lia Levi e il silenzio di Roma

Autore: Rocco Bellantone
Testata: Paese Sera
Data: 18 settembre 2012

Affidarsi a un romanzo per tornare a riflettere su una verità con cui la Storia, nonostante la guerra e i decenni trascorsi, deve ancora fare i conti. Lo fa la giornalista e scrittrice di origine ebraica Lia Levi, direttrice per trent’anni del periodico Shalom e autrice per e/o de La notte dell’oblio (192 pagine, 15,30 euro), nelle librerie dal 5 settembre. La storia è quella di Dora, una bambina di famiglia ebrea, cresciuta a Roma nei giorni dell’occupazione nazista e costretta nel dopoguerra dal destino ad affrontare l’orrore di quanto in passato non le era stato detto.Di questa bambina e di quanto, ancora oggi, ci sia bisogno nel nostro Paese di pareggiare i conti con la Shoah abbiamo parlato con l’autrice, che sarà ospite alla quinta edizione del Festival Internazionale di Letteratura e Cultura Ebraica, in programma a Roma dall’8 al 12 settembre.

Quando e perché ha deciso di tornare a riflettere attraverso un romanzo sulla Shoah?

"Questo libro è leggermente diverso rispetto ad altri che in passato ho scritto su questo argomento. Naturalmente il punto di partenza rimane la mia esperienza di bambina salvata da quella guerra. Ma ne La notte dell’oblio affronto principalmente il problema dei delatori, e dunque i tanti casi di chi ha denunciato o consegnato direttamente ai tedeschi degli ebrei. Io a quel tempo c’ero, e ricordo l’assoluto silenzio e poi, dopo la guerra, l’oblio della rimozione di quanto accaduto".

Quanto si riconosce in Dora, la protagonista del romanzo?

"Mi identifico molto in lei, anche se ci sono delle differenze tra la mia e la sua storia. Dopo la scomparsa di suo padre, arrestato e fatto sparire dai tedeschi, sua madre Elsa decide di non rivelare la verità né a lei né a sua sorella. Ma, nonostante ciò, sarà il destino a mettere Dora di fronte a questa verità. Con questo romanzo porto alle estreme conseguenze l’errore di chi soffoca la verità per lungo tempo, proprio come è accaduto per la Shoah".

A distanza di decenni si è spiegata il perché di quel silenzio anche da parte degli stessi ebrei?

"Dal punto di vista politico e sociale è stata determinante l’amnistia decisa da Togliatti per tutti i delitti politici commessi dal ’43 sino alla fine della guerra. Da allora il problema della persecuzione razziale non è stato più affrontato semplicemente perché è stato cancellato. Da quel momento la società non si è più voltata indietro per osservare e capire la propria storia. Ciò ha facilitato l’oblio: perché una cosa è la riappacificazione, mentre un’altra è la mancata riflessione".

Lei come se la ricorda quella Roma del dopoguerra?

"A quell’epoca la mia età corrispondeva a quella di Dora. Avevo più o meno vent’anni, ero presa dalla vita e dall’università, ma ciò che mi accadeva intorno me lo ricordo precisamente. Ricordo un episodio in particolare che aiuta a percepire lo spirito di quel tempo. C’era una serata organizzata da un movimento giovanile. Si stava facendo un gioco con delle domande e a un certo punto a una ragazzina ebrea venne chiesto se sapeva chi fosse Hitler e se secondo lei questi avesse fatto del bene o del male. Ma la bambina non sapeva dare una risposta a quella domanda. Tra gli ebrei sopravvissuti c’era vergogna nel raccontare ciò che gli era accaduto. Il perché lo spiega bene Elsa Morante: di ritorno dai campi di concentramento, essi non avevano da raccontare le avventure di Ulisse, ma storie di miseria e di sopraffazione assoluta".

Oggi Roma come affronta le verità della Shoah?

"A Roma è stata realizzata questa iniziativa delle pietre d’inciampo. Credo sia una cosa giusta, perché mette la gente di fronte a qualcosa di concreto e non di astratto. In generale, il nodo in Italia è che non è stato mai affrontato realmente il problema delle leggi razziali. Italiani brava gente? Di gente onesta sicuramente ce n’è stata e ce n’è. Però l’Italia non ha voluto prendere coscienza di ciò che ha fatto. Invece sarebbe opportuno, non per creare delle responsabilità, ma per conoscersi e per voltare definitivamente pagina, ma solo dopo averla letta".