Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Recensione di Mandorle amare di Laurence Cossé (e/o, 2012)

Autore: Viviana Filippini
Testata: Liberidiscrivere
Data: 24 ottobre 2012

Mandorle amare (Les amandes amères, 2011) di Luarence Cossé, edito in Italia da Edizioni e/o e tradotto dal francese da Alberto Bracci Testasecca, è un breve romanzo sull’amicizia che nasce tra due donne diverse in tutto eppure legate da un legame fortissimo e commovente. E’ una storia delicata, lieve, a tratti drammatica ma nello stesso tempo capace di parlare di solidarietà, altruismo, e apertura all’altro in un mondo dove l’indifferenza e l’egoismo sembrano prevalere.
Siamo a Parigi, poco prima dell’elezione di Nicolas Sarcozy. Edith, donna colta e progressista, madre di famiglia e traduttrice di romanzi, assume come domestica a ore Fadila, un’immigrata marocchina sessantenne, madre della portinaia Aicha. Presto Edith scopre che Fadila è analfabeta e perciò incapace di svolgere autonomamente le più elementari incombenze come usare il bancomat, prendere la metropolitana, compilare un bollettino postale.
Nell’evoluta e civilizzata Francia esistono ancora analfabeti e illetterati, Edith impara la differenza tra le due denominazioni, e in un certo senso ne rimane colpita e offesa, non può restarsene con le mani in mano e decide così di intervenire: insegnerà a Fadila a leggere e scrivere. Pian piano che nei ritagli di tempo le lezioni proseguono le due donne iniziano a conoscersi, a confrontarsi sui temi di più stretta attualità, a imparare l’una dall’altra cose altrettanto importanti che l’alfabeto o i numeri. Finale amarissimo.
Luarence Cossé, già autrice del bellissimo La libreria del buon romanzo, affronta in questo libro, con pudore e grande delicatezza, un tema di stretta attualità che tocca da vicino non solo i francesi. I flussi migratori provenienti dall’Africa, dall’Asia, dai paesi in guerra, che stanno raggiungendo l’Europa rendono necessario e urgente un processo di integrazione che per prima cosa parta dall’alfabetizzazione.
Conoscere la lingua del paese in cui si trova ospitalità, saper leggere e scrivere per gli immigrati diventano le chiavi indispensabili per inserirsi in realtà molto spesso diversissime dai paesi di origine. Che l’analfabetismo sia ancora diffuso anche in Italia l’ho toccato con mano anche solo partecipando al censimento della popolazione. Numerosi stranieri, anziani anche italiani non erano in grado di leggere i moduli da compilare e necessitavano che io li compilassi per loro.
In Mandole amare lo sforzo di Edith non viene premiato, Fadila fatica ad apprendere, a riconoscere i caratteri, a poggiare la biro sul foglio, un po’ per fatica, un po’ per rassegnazione. Non che sia poco intelligente, anzi è acuta, dotata di opinioni proprie radicate e fiere, forse influenzate dal credo religioso e dalla cultura d’origine, che la femminista Edith trova retrograde e insostenibili, ma anche personali e coraggiose.
L’autrice usa uno stile semplice, spezzato, alternando gli sforzi di Edith nell’insegnamento a lampi di vita dei due personaggi. Così veniamo ad apprendere che Fadila abita in un monolocale, esce di notte per strada perché i muri la opprimono e non la fanno respirare, si lava nei bagni pubblici, prende l’autobus perché riconoscendo i monumenti, riconosce le fermate, i suoi figli invece che aiutarla le chiedono ancora soldi che il suo cuore materno non gli nega, tifa per la Francia, pensa che Nicolas Sarkozy deve vincere contro Ségolène Royal perché è un uomo. E conosciamo il suo sogno: tornare in Marocco. Di Edith conosciamo che è moglie di Gilles, che da anni dedica molto tempo all’associazione, Solidarietès Nouvelles face au Chomage, e prima di Fadila aiutava la moglie nelle faccende domestiche ma non amava stirare le tovaglie e le federe, che il suo lavoro è tradurre romanzi e a volte fare l’interprete, che è una madre soddisfatta, colta, raffinata, femminista, solidale, ostinata, con un forte senso della giustizia.
Entrambe sono forti, si somigliano, il rapporto madre-figlia che le lega sopravvive agli ostacoli, alle differenze, alla vita. Amaro il senso di fallimento che accompagnerà questo incontro tra due civiltà, quest’amicizia tutta al femminile, questo tentativo mancato di integrazione. Ma la vita è così, non perfetta, spesso ingiusta, spesso crudele e Luarence Cossè si limita a descriverla.