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Chiave o coltello? La scelta di due ragazzini

Autore: Enrica Simonetti
Testata: La Gazzetta del Mezzogiorno
Data: 31 ottobre 2012

La scena si apre con una lattina di birra vuota usata come pallone da due bambini. Attorno a loro, ci sono alcune donne anziane sedute fuori dalle case di una Calabria fatta di occhi scuri e fazzoletti neri in testa. L'esordio del nuovo romanzo di Roberto Riccardi, Undercover. Niente è come sembra (Edizioni E/O, pp. 219, euro 16) fa parte del gioco del falso e del vero che si protrae per tutto il libro, perché si comincia a leggere la storia di Nino e Rocco, due bambini calabresi, e nulla fa presagire che dopo poche pagine si comincerà a viaggiare tra Messico e Colombia, Spagna, Tangeri, caserme del Nord Italia e grandi cartelli della coca con diramazioni in mezzo mondo. Un viaggio che continua tra aerei e navi, stanze di hotel e misteriosi incontri con finti mafiosi, veri criminali, trafficanti spietati e autentici uomini di cuore. Ma - come avverte il titolo del volume - niente è come sembra e i ruoli non fanno che sovrapporsi, mischiarsi, accavallando volti e scenografie, realtà e finzione. Il risultato è un bel thriller che fa restare senza fiato: si legge d'un colpo perché la scrittura è fluida, ma soprattutto la parola è capace di insinuarsi tra le realtà dei personaggi, ispezionando il loro animo, creando sovrapposizioni che è af fascinante scoprire, indagando in un palcoscenico del crimine in cui ciascuno recita un ruolo, sia tra i buoni che tra i cattivi. Ed ecco Nino, figlio di boss, che diventerà un picciotto, e il suo amico Rocco, figlio di maresciallo che entrerà nell'arma dei carabinieri. Due amici con due destini diversi che - come a volte accade nella vita - misteriosamente s'incroceranno dopo una serie interminabile di eventi e di personaggi. Persone che sfilano tra le pagine del libro, mostrando ciascuno il suo volto vero-f also. Le donne: c'è l'hostess amica di Rocco che individua i corrieri della coca studiando la loro tensione in aereo e permette a lui brillanti operazioni; c'è Vera (nome non casuale!) che è una finta studentessa tra gli addestratori degli agenti sotto copertura e sulla quale fino all'ultimo si ha il dubbio sul suo vero ruolo; oppure la donna bella dal nome maschile, Rosario, figlia del grande boss ma appassionata d'arte, capace di sacrificarsi per il suo amore. O Nicola Clemente, il regista degli agenti, l'uomo che, quando Rocco è indeciso sul suo futuro, gli mostra la sua famiglia in pezzi e gli dice: «vai via, scegli una vita più tranquilla». E invece il destino vorrà che l'ex ragazzino arrivato dalla Calabria debba mettersi a confronto con un'operazione colossale, capace di portare in primo piano gli affari d'oro della 'ndrangheta legata ai grandi cartelli narcos, mostrando l'emergenza di un giro che continua a mietere vittime in ogni luogo, in ogni modo. La storia raccontata da questo romanzo è intricata, si svolge su più piani e in diversi Paesi del mondo, con un «on the road» senza freni come lo sono i grandi business della coca. Ma in questa storia ci si addentra immediatamente, un po' attratti dalla trama dal ritmo incessante e un po' soffermandosi a pensare quanto tutto questo vagare tra i misteri, alla fine ci porti a riflettere sul falso che ci circonda, sulla parola tradimento, sui giochi di ruolo che in fondo non investono solo le grandi organizzazioni criminali ma sono anche nel nostro quotidiano, nelle ombre che danno immagini diverse da sé e ci travolgono in un universo di finzioni da cui difficilmente possiamo sottrarci. Piccole e grandi falsità, lontane e vicine a noi. Perché come diceva Goethe, «il vero è un momento del falso», perché la verità - a pensarci bene - non esiste. Pochi romanzi riescono a dire tutto ciò raccontando una storia giallo-ocra, che spazia tra il noir e il poliziesco senza mai cadere troppo nei retaggi di questi generi letterari, senza mai far sì che la trama prenda il sopravvento sui personaggi. L'autore, Roberto Riccardi, barese di origini, di lavoro fa il colonnello dell'Arma e dirige della rivista «Il Carabiniere»: racconta quindi cose che sicuramente ha visto e rielabora la verità senza pigiare troppo sulla crosta del falso. Ha lavorato per anni in Sicilia e Calabria e ha comandato la Sezione antidroga del Nucleo investigativo di Roma svolgendo indagini in campo internazionale. Ma lui, che ha la passione delle lettere e dello sguardo introspettivo sugli altri, incrocia il vero con il falso dell'animo umano e riesce con questo lavoro a fare centro, mostrando tra l'altro la sua elasticità letteraria dato che questo romanzo si distacca completamente dal suo lavoro precedente, La foto sulla spiaggia (Giuntina, 2012), un racconto dal tono storico in cui si ricostruiscono le vicende della Shoah. Ma anche lì si riconosce il suo stile pacato, profondo, quello stare dietro le quinte a raccontare che caratterizza pure i suoi due gialli Mondadori: Legame di sangue e I condannati. A modo loro, anche alcuni personaggi di Undercover sono dei condannati, costretti a ricoprire il loro ruolo in preda alla finzione. E forse il miglior ritratto in questo senso è quello del mafioso per caso, il Nino diventato boss, ex amico di Rocco (e poi da lui arrestato), che gli rivela di non avere l'animo del criminale perché come gli confidò sua madre in punto di morte, da neonato fu messo di fronte alla scelta rituale: toccherà la chiave (la giustizia) o il coltello (la mala)? E lui, confesserà all'amico, toccò la chiave ma suo padre disse orgoglioso a tutti I parenti: vedete, è andato verso il coltello, mio figlio è nato picciotto. Ma niente è come sembra.