Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Qualche nota sul mondo di Tersite Rossi

Autore: Elisa Da Rin Puppel
Testata: Bello2Buono
Data: 12 novembre 2012

Chi, o meglio, quanti sono Tersite Rossi?

Uno e bino. Dove cerchi l’uno, c’è il bino. Quando separi il bino, emerge l’uno.

Tersite Rossi è lo pseudonimo di un duo di scrittori, Marco Niro, giornalista, e Mattia Maistri, insegnante. I nostri nomi di battesimo, però, oltre ad avere il difetto di appartenere a due illustri sconosciuti, hanno anche quello di contenere troppe troppe “emme” ed “enne” ed essere troppo cacofonici per risultare digeribili da un ipotetico pubblico. Così, abbiamo optato per uno pseudonimo. Tersite è un personaggio dell’Iliade di Omero cui ci sentiamo talmente vicini da vederlo come l’incarnazione del nostro manifesto letterario: un guerriero brutto, zoppo e gobbo, che a un certo punto, durante la guerra di Troia, invita gli altri guerrieri a disertare, opponendosi a un conflitto il cui bottino sarebbe stato spartito da altri; un antieroe che, col suo atteggiamento di scherno e irriverenza, è emblema di chi non si limita ad andare controcorrente, ma perde e finisce per questo dimenticato. Rossi, invece, è il cognome più diffuso in Italia, da noi scelto per compensare la vetustà di Tersite ed anche per mettere in rilievo quella vena popolare che, nonostante tutto, ci contraddistingue.

Sul fatto di chiamarsi Rossi di cognome il richiamo alla popolarità e all’italianità e abbastanza ovvio. Ma Tersite? Cosa avete visto nel personaggio di Omero di tanto eclatante da identificarvi con lui?

Tersite è un antieroe. E’ l’opposto di quello che tutti si attendono, perché è brutto, debole e codardo in un mondo di belli, forti e coraggiosi. E’ il disertore che sbugiarda in pubblico i grandi capi. E’ il sacco dei rifiuti che stona nel quadretto del Mulino Bianco. E’ l’eterno secondo, il figlio tradito, il compagno di classe di cui non ricordi mai il nome. E’ la fine quando tutti parlano di inizio. E’ l’alba quando tutti piangono al tramonto. E’ l’ombra che si allontana e che nessuno capisce, perché è arrivata troppo presto, o troppo tardi. E’ contro il sistema senza diventare un eroe dell’Antisistema. Insomma, non potevamo non amarlo…



Dalle vostre biografie emerge che Marco ha iniziato la sua carriera di scrittore come critico giornalista con il suo libro Verità e informazione (2005). Mattia crede nella verità in questo mondo? Ma soprattutto, i vostri romanzi sembrano essere alquanto futuristi e immaginari, come conciliate realtà storica e fantasia?

Mattia crede nella Verità, ma come orizzonte di un processo di ricerca infinito, quindi inconcluso. Perché ciò che insaporisce l’esistenza è il viaggio verso la meta, non il suo raggiungimento. Salire i gradini a spirale verso la Verità è antieroico. Infilarsi la Verità in tasca e scendere i gradini è violento.

In “Sinistri” il futuro è un pretesto per parlare del passato. I racconti che ne compongono l’ossatura sono tutti ambientati nel passato e, letti in fila, portano direttamente verso quello che potrebbe aspettarci. Dunque, a ben guardare, nel romanzo si parla del presente attraverso la finzione del futuro e grazie alle metafore del passato. In “E’ già sera, tutto è finito” (il nostro primo romanzo) la realtà storica narrata, invece, è frutto di una documentata ricerca sulle stragi del biennio ’92-’93, mentre la creazione artistica è divenuta il pretesto per raccontare quegli eventi e inserirli nell’atmosfera respirata dalle persone che li hanno vissuti. Il narratore non deve farsi ingabbiare dalla realtà, ma partire da essa per descrivere ciò che potrebbe essere stato o potrebbe accadere e dare l’occasione al lettore di “vivere” la storia e spronarlo ad indagarla più a fondo.

Il titolo del vostro primo romanzo assieme, E’ già sera, tutto è finito, mi richiama alla mente un verso di Salvatore Quasimodo: ed è subito sera. Forse si tratta di una pura assonanza, o forse di un voluto richiamo al senso di solitudine e di un pessimismo cosmico che caratterizza la poetica di Quasimodo. Che intenti sono stati messi in quel romanzo?

Il titolo, in realtà, è tratto da un verso di una poesia di Nadia Nencioni, una bambina morta a nove anni nella strage di via dei Georgofili a Firenze il 27 maggio 1993. E il romanzo, pur partendo dagli anni Cinquanta del Molise premoderno, trova il suo apice nell’anno di sangue (il 1993, appunto) e nelle sue stragi di Firenze, Roma, Milano. L’intento di quel romanzo era di raccontare una storia dimenticata e di inserirla in uno scenario più ampio, che non può fare a meno di descrivere l’utopia del ’68, i conflitti del ’77, l’apatia degli anni Ottanta, e si spinge a cogliere l’onda lunga di questo percorso fino alla Genova del luglio 2001, quando in Piazza Alimonda, alla scuola Diaz, alla caserma di Bolzaneto e in tanti altri luoghi è sembrata tramontare davvero la speranza che un altro mondo fosse possibile.

Bello2Buono definisce una scrittura a quattro mani, così come ogni sorta di collaborazione e scambio empatico di idee ed emozioni, con il termine giapponese ishindenshin. Possiamo parlare dello stesso ishindenshin anche tra Marco e Mattia? In altre parole, la vostra collaborazione può essere definita così forte e impeccabile nel suo realizzarsi da materializzarsi in un’unica persona, Tersite Rossi?

La collaborazione tra noi presenta la debolezza e la fallibilità di qualsiasi relazione umana e non è sempre facile conciliare due sguardi differenti. Ma quello che è successo con i due romanzi ancora non riusciamo a spiegarcelo, perché è come se i due sguardi si fossero incrociati strabicamente per diventare uno solo e la nostra voce avesse assunto un tono unico. L’aspetto straordinario e, allo stesso tempo, inquietante di questa magica alchimia è che non ha una formula e, quindi, non è meccanicamente riproducibile. Abbiamo un metodo di lavoro basato sulla costruzione orale del soggetto, sulla divisione precisa dei personaggi e sulla reciproca correzione dei capitoli, che ci fa essere scrittori e editor l’uno dell’altro, ma al di là del metodo c’è l’inconsapevolezza del funzionamento. In poche parole: se capiterà di scrivere altri romanzi (e noi ci proveremo) sarà grazie ad un “quid” non meglio specificabile; se invece la collaborazione dovesse diventare riproduzione automatica o forzata di un sistema, potremmo dire che Tersite Rossi ha esaurito la sua ragione d’esistere.

…Per ora Bello2Buono sospende qui l’intervista a Tersite Rossi, non vuole svelarvi tutto infatti, Tersite sarà presente domani nella sua doppia veste di Marco e Mattia sul palco di Banda Larga Café di Feltre (BL). Assieme al team della rivista La Theka e al sindaco di  Feltre Perenzin, Marco e Mattia discuteranno sul loro ultimo romanzo Sinistri, sul perché scrivono, e molto, molto altro ancora!
 
L’appuntamento con Tersite Rossi e La Theka è martedì 13 novembre presso il Banda Larga Café dalle ore 21.00…questo è un fatto storico e di cronaca…impossibile evitarlo!