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"Freni", allegoria del silenzio

Autore: Franco Cordelli
Testata: Il Corriere della Sera - Roma
Data: 18 giugno 2007

La quarta di copertina recita che Paolo Fallai ha finora scritto «soprattutto libri per bambini». Dunque, in senso stretto Freni, pubblicato da e/o, non è un' opera prima. E tuttavia lo è, in un senso più ampio; è un primo romanzo, il primo libro di Fallai che si rivolge ad un pubblico indeterminato. Ad esso si rivolge nel nome del protagonista, un nome che suona come sigillo e come enigma. Esso, nello stesso tempo, apre e chiude tutto ciò che fino a quel punto, l' inizio, era stato sbandierato ai quattro venti. Il protagonista di Frenisi chiama Giorgio Soter. Fingendo che Giorgio sia un nome neutro, o neutrale, non si può far finta di nulla di fonte a quell'insolito cognome. Quanti Soter esistono in Italia? Nell'elenco telefonico di Roma neppure uno. E' molto probabile, insomma, che sia un nome simbolico. Soter, cioè salvatore. Ma anche, pensando a due termini come esoterico e essoterico, quel nome non può che alludere a quanto di divulgativo v'è nel mondo e a quanto di segreto, di oscuro, di invisibile.

Non a caso, cominciamo così: Soter è in un letto d'ospedale, ha avuto un incidente, ha tamponato un camion, è tutto fratturato, i suoi occhi sono pieni di vetri, non ci vede. Cioè, non ci vede o non ci vuole più vedere? Almeno per un po', Soter ha deciso di non più vedere e, inoltre, di non farsi vedere. Non è forse un giornalista televisivo? E che cosa succede ai giornalisti televisivi s enon di farsi sempre vedere? Essi debbono mostrare e mostrare se stessi; le cose, in televisione, non si distinguono mai, o quasi mai, da chi le cose le ha viste prima, da colui che le sta raccontando al mondo che non le ha ancora viste. Su quello speciale salvatore che è (che era) il giornalista, l'uomo che annuncia ciò che accade nel mondo, si addensa una nube di oscurità, di sazietà, di repulsione, di rifiuto.

Abituato a sempre frenare, per ragioni biologiche, per ragioni di buona educazione, d'una nuova antica necessità di compromessi (quei compromessi che il padre non aveva ancora conosciuto), infine per ragioni di fattispecie professionale, questa volta Soter non ha frenato, ed è finito sotto il camion, è finito là, nel letto d'ospedale, dove non può più né parlare né vedere. Perché lo ha fatto? E' la ragione del romanzo di Fallai, la ragione di un moralista che cela dietro il motto di spirito, suo costume di vita e d'eloquenza, il giudizio che egli non può esplicitamente dare intorno alla sua professione di divulgatore, né intorno al mondo di divulgazioni sempre più affamato. Soter non ha frenato per repentinamente passare, per la salvezza sua e del mondo, dalla divulgazione alla separatezza, alla segretezza.

Freni, dietro la sua apparenza di romanzo realista, umoristico, che nel finale sfiora l'elemento drammatico-poliziesco o giudiziario, è un romanzo allegorico sul mondo contemporaneo, ovvero sul mondo dei media: sul significato che il punto d'intersezione tra mondo e media: sul significato che il punto d'intersezione tra mondo e media ha assunto come sigillo d'una professione, un tempo salvifica, o ritenuta tale, e oggi portatrice di nequizia, di menzogna, di falsificazione ontologica della realtà.

Vi è, in questa allegoria, un altro velo, quellos stilistico. L'umorismo cui voluttuosamente si abbandona l'uomo-mummia, poi sfasciato, ma pieno di irreversibili cicatrici, altro non vuole nascondere che il disagio, il sentimento di perdita, il senos di lutto. L'allegoria, a guardare bene, è una trenodia su un mondo perduto, non tanto un mondo in sé, quanto un mondo di illusione - l'illusione della notizia, della novità, della buona novella - la novella della verità. Quando la mamma rapinata dal figlio si fa protagonista di una esibizione, non vi è più apparizione (possibile), non vi è più verità. Per questo, in linea diretta, discendente di Luciano Biaciardi, la vita non è neppure più agra, è una vita a l buio, o, se si vuole, senza freni.