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Cuore cavo, sezioni di vita e di morte

Autore: Laura Landi
Testata: Recensionilibri.org
Data: 5 marzo 2013

“Equivalgo a tutto il resto, come accade a chi non è più nulla. Sono una libera associazione, una figura vuota, un album da colorare. Ma anche se sono uno sguardo volatile fuori dal mio scheletro, posso tornare dentro la mia gabbia toracica quando voglio. Posso stringere il metacarpo e le falangi come quando tenersi per mano era consolante. Posso fare tutte queste cose perché io e il mio scheletro ci amiamo: siamo in una specie di relazione aperta, e io sono gelosa di tutti gli insetti, del vento e della pioggia, dei batteri anaerobi.”.

Tagliente come lama affilata, senza fronzoli accessori. La morte in Cuore cavo (su Ibs.it a 13,60 euro) di Viola di Grado è un processo dell’esistenza, non un evento, una semplice evoluzione del proprio corpo e del proprio essere che, sebbene venga legato indissolubilmente dai paraocchi della tradizione, nella realtà resta ciò che è per davvero.

La Di Grado torna con un nuovo romanzo pubblicato da E/O Edizioni che, a pochi giorni dalla sua uscita, ha già fatto parlare di sé in modo assolutamente positivo. Cuore cavo è il racconto surreale di ciò che avviene dopo la morte, allorché la protagonista, Dorotea Giglio, decide di suicidarsi: «Nel 2011 è finito il mondo: mi sono uccisa. La mattina del 23 luglio 2011 avevo venticinque anni. Il 23 luglio, alle 15,29, la mia morte è partita da Catania.». La morte dopo la vita ripresa non in senso arcaico, evocativo o peggio malefico, ma quasi come se reale e trapassato venissero sezionati sotto la lente della stessa Dorotea che, da brava studentessa di biologia, descrive con minuzia di particolari il lento progredire della natura sul proprio corpo mortale. Allo stesso modo, però, la vita oltre la morte viene descritta in modo equiparabile, precisa, con il taglio tipico che contraddistingue lo stile della scrittrice siciliana.

Ma in Cuore cavo ciò che disarma è il confine labile e sottile che l’autrice riesce a impostare fra i due mondi, dove i morti vivono – non visti – fra i vivi, e dove i fantasmi si aggirano la città, per il mondo, in maniera libera, compiendo le stesse azioni che realizzano i vivi, dal prendere un aereo e andare a vedere un concerto della defunta Amy Winehouse, fino a tornare ogni giorno sul vecchio posto di lavoro che si aveva in vita. Ma la Dorotea di Cuore cavo si sente imprigionata da tutto questo eccesso di liberà, soffrendo di un senso di onnipotenza irreale che la porta ad essere niente di più che una evanescenza. Ma chiusa nel cerchio della sua libertà di morte, lontano dalla vita, la giovane suicida prenderà una nuova consapevolezza non solo del suo attuale stato, ma dell’esistenza stessa, una sorta di resurrezione interiore da parte di chi un cuore vero non l’ha più, ma che – trasformatosi – è il Cuore cavo che dà il titolo al tremendamente lucido romanzo della Di Grado.