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Cuore cavo

Autore: Luca Benedetti
Testata: Pulp
Data: 5 aprile 2013

Questa seconda prova di Viola Di Grado non manca di sorprese e scelte originali, ma possiede anche uno spessore che va oltre la verve crepuscolare che maggiormente la caratterizza.

Se in Settanta acrilico trenta lana l’autrice aveva affrontato il tema della sopravvivenza ad una grave perdita ossia la storia di chi resta in Cuore cavo ribalta la prospettiva per scrivere la storia di chi se ne va. È infatti la stessa protagonista, Dorotea, a dichiarare il suo suicidio sin dalla prima riga del libro, chiusa nel bagno, sdraiata nella vasca e con le vene tagliate.

Quello che segue è la non-vita di Dorotea, un fantasma invisibile nel mondo dei vivi, accompagnata da altri fantasmi e dal suo corpo soggetto a un lento e documentato deperimento fisico. Una non-vita che sembra non molto diversa dalla vita reale, fatta di momenti drammatici, violenti, felici, persino teneri. Ciò che sorprende di più, però, è l’apparente distacco emotivo di Dorotea nei confronti della sua vita precedente e soprattutto del suo gesto suicida. Non c’è pentimento, non c’è rimorso, eppure c’è ancora tanta sofferenza; ciò che consuma Dorotea è un vuoto emotivo che si porta dietro da quando ancora era viva, strettamente connesso alla anaffettiva figura materna e a quella completamente assente del padre. Questi amori tronchi e incolmabili se non in una catarsi finale nonostante la lucidità di Dorotea, dimostrano un legame ancora “vivo” con la vita. Talmente vivo che Dorotea in un reflusso di sentimenti che pensava di essersi lasciata alle spalle arriva addirittura a innamorarsi, come se fosse ancora una ragazza normale, rompendo completamente gli schemi del suo status di anima vagante.

Viola Di Grado non si limita a un’elaborata ed elegiaca elucubrazione di una ragazza morta che parla di sé con una prosa volutamente sofisticata e autoreferenziale (cosa che avevo temuto alle prime pagine del libro). Riesce, invece, a bilanciare bene reale e irreale, ossia il contenuto vero e lo strumento per raccontarlo, e in questo senso crea un testo diverso, molto personale, che sa affrontare una tematica delicatissima senza lasciarsi trascinare dalla sua bravura con le parole o da tendenze letterarie più gothic e giovanili.