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Per stavolta don Antonio

Autore: Stefano Izzo
Testata: Bookdetector
Data: 11 giugno 2013

Se vi piacciono i gialli di Maigret, lasciate perdere la serie di Sanantonio, commissario della polizia parigina. Non è una questione di qualità, ma di stile. Leggere l’uno o l’altro è una scelta di campo. Tanto il primo è misurato, preciso, riflessivo, compassionavole, tanto l’altro è loquace, spaccone, votato alla violenza, un irresistibile tombeur de femmes. Sanantonio è con ogni probabilità il personaggio più irriverente ed eccessivo che la letteratura poliziesca francese abbia mai conosciuto, e anche il più letto con duecento milioni di copie vendute in oltre mezzo secolo di vita. Protagonista di 175 episodi – non tutti riusciti, a dire il vero – apparsi a partire dal 1949, nacque dal desiderio del suo creatore, Frédéric Dard, di parodiare i romanzi della celebre Série noire, ovvero il canone del giallo classico, e di romperne gli schemi attraverso una feroce satira di costume e un’esplosività linguistica senza precedenti nel genere. In Italia la vicenda editoriale di Sanantonio è piuttosto curiosa: pubblicato dal 1970 nei Gialli Mondadori in una collana che ha fatto storia e che per un decennio ha conosciuto infinite ristampe, è poi via via scomparso dalle librerie, riapparso per un periodo in allegato a «Playboy» (perché il commissario ha un debole per le belle donne e si esibisce spesso in dettagliate prestazioni), e infine svanito del tutto per rimanere oggetto di culto per pochi affezionati. Adesso e/o lo ripropone nella ancora efficacissima traduzione di Bruno Just Lazzari a partire da Per stavolta, Don Antonio, terzo nell’ordine di pubblicazione originario. La storia si svolge nel 1943 e il nostro flic, rifugiatosi in Inghilterra alla fine dell’avventura precedente, viene inviato dall’Intelligence britannica in una rischiosa missione in Belgio a individuare una talpa infiltrata dai nazisti nella Resistenza. Ma Sanà è un castigo di Dio, non riesce a tenersi lontano dai guai, si lascia sempre almeno un morto alle spalle e si trova, prima cacciatore e poi preda, in una rocambolesca caccia all’uomo in cui dovrà tirarsi fuori da situazioni pressoché impossibili (per esempio, dalla vetta di una ruota panoramica circondata dalle divise brune della Gestapo). I colpi di scena sono talvolta inverosimili, il ritmo fin troppo frenetico e i metodi di indagine “per niente cattolici”, insomma come romanzo di spionaggio apparirà assai debole ai lettori di oggi; resta però l’interesse verso un modo originalissimo e rivoluzionario di raccontare il crimine, verso una scrittura che regala sorprese ad ogni pagina, nutrendosi di neologismi, di giochi di parole e dell’arte sottile del calembour.