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Un giallo mentale, tinto di blu

Autore: Silvia Bellucci
Testata: Poltroneverdi
Data: 21 ottobre 2013

 Il protagonista è Jilium Virgili, giovane laureato, in quell’età in cui i calciatori iniziano a sembrare dei ragazzini, per sbarcare il lunario lavora in un discount, in attesa della sua occasione di fare carriera. La sua vita scorre secondo una meccanica routine fino a quando questo processo non si inceppa. Tornando a casa, una sera, pochi giorni prima di Natale, Jilium trova una giovane ragazza davanti casa, è moribonda e ha i capelli blu. Interdetto tra varie emozioni, il protagonista, decide di portarla in casa, per un attimo pensa di conoscerla. Subito dopo nella sua mente si ha un annebbiamento.  La personalità di Jilium, all’inizio apparentemente normale, subisce un arresto, si trova imprigionato dalla sua mente, costretto all’inazione. Il giorno seguente la ragazza è misteriosamente sparita, la narrazione va avanti secondo uno schema onirico e allucinato, si passa dalla prima alla terza persona. Il lettore qui vive la confusione mentale del protagonista.
La ragazza dai capelli blu è seguita da due personaggi poco raccomandabili, Jilium viene in contatto con questi e si trova ad essere inseguito, oltre che da questi, dalla polizia. Una brutta situazione in cui si è cacciato da solo, cerca di uscirne come se dovesse risvegliarsi da un incubo. In questa situazione complessa e misteriosa il giovane è il primo a dubitare di se stesso.
Jilium ha una ragazza, la loro non è una storia seria, sembra quasi che quella interessata sia lei. La compagna con frasi allusive lascia intendere la sua disponibilità a un rapporto ma Jilium nella sua confusione non riesce a prenderla in considerazione, prova un forte senso di precarietà che si riflette nell’incapacità ad approfondire i sentimenti.
Molto interessante e ben composta a livello letterario è la figura dello psicologo, con il quale viene messa in evidenza una  mancanza di approfondimento riguardo il malessere di un giovane smarrito e irrealizzato.
Valerio Nardoni ha creato, attraverso diversi indizi, come la non realizzazione di un giovane laureato obbligato a lavorare come commesso per sopravvivere e il periodo natalizio difficile per chi è solo,  una dimensione psicologica molto forte e complessa.
L’autore in precedenza si è molto occupato di poesia, in questo suo primo romanzo la presenza del linguaggio poetico si fa sentire con immagini e figure retoriche, ogni parola sembra essere scelta appositamente per quella frase, e sicuramente lo è.
“Capelli blu” è un romanzo scritto come un cortometraggio allucinato, si sente lo scorrere meccanico della vita di Jilium tra routine e fantasia. È un giallo, ma anche un noir, ha una ricerca psicologica e tutto ciò è inserito in un quadro onirico, generi mescolati tra loro ma non si perdono le diverse sensazioni che ognuno di questi provoca. L’originalità di questo romanzo, in ogni modo, non si può spiegare solo con la conoscenza e passione poetica del suo autore. Si passa spesso da un ritmo scanzonato a un ritmo di cronaca, ci sono molte figure retoriche. Il fraseggio talvolta è cinematografico, vicino per immagini e visioni a quello della poesia, per altro è un linguaggio comune alle giovani generazioni che in fine sono qui il protagonista. Forte di questa  matrice cinematografica, i capitoli iniziano con piccoli paragrafi che sembrano indicazioni dello scenografo, con una sovrapposizione di piani temporali  –  Mi sono ispirato a Pulp fiction di Tarantino – ha dichiarato Valerio Nardoni in un’intervista. L’intreccio delle varie storie e la dimensione mentale rendono affascinante il racconto.
Originale l’inserimento di citazioni riprese da brani musicali di grandi artisti come Celentano, Lolli, Afterhours; questa presenza all’interno del romanzo non è di semplice citazione ma attraverso le parole dei cantautori, Nardoni, esprime realmente ciò che il romanzo vuole dire in quel momento, le mette in bocca ai protagonisti come se fossero parole loro.
L’autore usa la chiave del giallo, come abbiamo detto, ma in modo personale, si può dire sia un “giallo mentale”, si assiste all’alienazione di Jilium e, attraverso lui, allo straniamento di un’intera generazione, quella degli irrealizzati, di giovani laureati che non riescono a trovare la loro dimensione lavorativa, che non si possono permettere pianificazioni e vivono saltando nel vuoto ogni giorno nella speranza sconsolata di un domani.
All’inizio dell’libro si trova un epigrafe di Mario Luzi, poeta fiorentino di cui Nardoni ha curato l’antologia di poesie per la Biblioteca di Repubblica: Ma i tuoi capelli blu dimenticati. Una frase, quella di Luzzi,  che riassume tutta l’essenza del libro, i capelli blu della moribonda ritrovata davanti casa che diventano un’ossessione.
Un libro che si racconta già dalla copertina, con l’immagine di una donna dallo sguardo perso e un braccio totalmente innaturale, dà una sensazione di ossessione e lascia trapelare sentimenti misteriosi.
C’è chi accusa Nardoni di aver troncato il finale, magari semplicemente perché si aspettava un finale diverso, io personalmente l’ho trovato molto adeguato alla narrazione. L’accortezza maniacale e poetica nella scelta delle parole è ciò che da unicità a questo romanzo. Centoventicinque pagine cesellate e ragionate per far entrare il lettore nel vortice mentale del protagonista, con successo.