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brevi storie con risate amare

Autore: Laura Lilli
Testata: la Repubblica - Almanacco
Data: 6 aprile 2008

Abram Kadabram s’intitola l’ultimo libro pubblicato in italiano dall’israeliano quarantenne Etgar Keret, scrittore e cineasta di successo internazionale. E, crederci o no, vuol dire proprio “abracadabra”. O meglio: il protagonista, un prestigiatore si chiama Abram Kadabram. Si è dichiarato garante per un amico pieno di debiti fino al collo, e ora, con aria dimessa e rassegnata, aspetta che i facchini dei creditori vengano a svuotarne la casa. Di questi ultimi, uno è insopportabile, l’altro è dotato di sentimenti. La sua simpatia e partecipazione incoraggiano Abram Kadabram, in apparenza apatico e vinto, a usare formule misteriose (una delle quali è “abracadabra”) per fare sparire non solo i mobili da portare via ma anche il diabolico e decisivo blocchetto di moduli che un qualche zelante burocrate aveva affidato al facchino implacabile. Si ride e la bontà di cuore trionfa.

Quasi tutte le brevi e sapide storie di Abram Kadabram sono così. Spesso i buoni sentimenti trionfano a scapito dei cattivi, e si ride. (Non proprio sempre. Per esempio non in Lingua straniera, in cui il padre, il giorno del suo compleanno, si uccide in bagno mentre i due figli litigano chiedendosi se il libro gli sia piaciuto o no). Si ride amaro, però – come sempre negli scrittori “divertenti” della letteratura ebraica. I missili Kassam o kamikaze che si fanno esplodere su autobus affollati o nei cortili vocianti delle scuole non sono mai nominati. E tuttavia sono lì, presenti e palpabili dietro le quinte di questo libro fintamente “normale”, i cui personaggi sembrano gente tranquilla, piccoli borghesi dai valori simili a quelli della middle class americana che si diverte alle vignette del Saturday Evening Post e si riconosce negli Antenati di Hanna e Barbera. Di prezioso, dietro questo “cupio dissolvi” fatto di risate amare, c’è un’autentica nostalgia di cuori gentili e semplici, che da qualche parte al mondo, dovranno pur esserci.