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I migliori libri del 2013

Autore: Mariella Gramaglia
Testata: Reset
Data: 8 gennaio 2014

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Mariella Gramaglia (giornalista) ha scelto Storia di chi fugge e di chi resta (e/o 2013) di Elena Ferrante

Ci sono gli innamorati di Amitav Ghosh, quello dei romanzi brevi, Cromosoma Calcutta, Le linee d’ombra, Lo schiavo del manoscritto, che non gli hanno mai perdonato la fluviale Trilogia della Ibis. Si sono persi. Io sono fra questi: a un certo punto l’epopea colto-salgariana mi ha fatto regredire al ricordo dei miei cuginetti che giocavano a Sandokan con un incrociarsi minaccioso di spade e pugnali di legno. Da osservare da lontano, come volevano i tempi. Ci sono gli innamorati (o meglio le innamorate) della Elena Ferrante dei librini sottili, Amore molesto, I giorni dell’abbandono, La figlia oscura, oppure della sua sublime autocoscienza di scrittrice e di femminista (La Frantumaglia) che si sono sentit* tradit* dalla torrenziale narrazione che si snoda nella trilogia dell’Amica geniale. Trilogia che forse promette un quarto volume perché, nello stupore ansioso di chi ama la scrittrice, il libro si chiude (a pag. 382) con un vuoto reale e metaforico.

L’aereo su cui viaggia la protagonista del romanzo si solleva dalla pista ma non completa il suo volo. Io non sono tra le tradite. Ho adorato la trilogia, dal primo volume sulle ambizioni di due piccole scugnizze napoletane degli anni Cinquanta, al secondo sulle pungenti curiosità intellettuali e sulla passione che strappa i capelli di due giovani donne, a quest’ultimo: Storia di chi fugge e di chi resta. Scabro, sorprendente, che ti prende e ti fa oscillare come una salva di colpi su un punching ball. I motivi? Almeno tre.

Si può stare dentro la saga come in una pancia, come accade alle bambine e alle adolescenti, regredire e trasalire senza imporsi di stare attente, perché esserlo è ovvio come respirare. Si può leggere una nuova narrazione del ’68 senza che sia l’ennesima, perché la forza di gravità femminile tiene la protagonista ai margini del “grande gioco” e glielo fa scoprire con uno sguardo inedito. Si può ribadire a se stesse che l’amore o è molesto o non è. O lacera, taglia, inganna il giudizio, sorprende il gusto, manipola la consapevolezza, nega l’evidenza, oppure si chiama in altri modi: tenerezza, amicizia, dolcezza di intese.