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Intervista a Piergiorgio Pulixi

Autore: Paola Badi
Testata: Giallomania
Data: 7 maggio 2014

Piergiorgio Pulixi è nato a Cagliari nel 1982 e vive a Londra . Fa parte del collettivo di scrittura Sabot creato da Massimo Carlotto di cui è allievo. Insieme allo stesso Carlotto e ai Sabot ha pubblicato Perdas de Fogu, (edizioni E/O 2008), e singolarmente il romanzo sulla schiavitù sessuale Un amore sporco inserito nel trittico noir Donne a Perdere (edizioni E/O 2010). Nel 2012 ha pubblicato il poliziesco "Una brutta storia", (Edizioni E/O). Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati sul Manifesto e Micromega. E' uno degli autori presenti nell'antologia contro il femminicidio "Nessuna più" e in "Delitti d'acqua dolce". Nel 2014 pubblica “La notte delle pantere” (Edizioni E/O), il ritorno di Biagio Mazzeo, il poliziotto protagonista di “Una brutta storia”.
Benarrivato Piergiorgio, nell’angolo delle interviste di Giallomania.
Grazie mille, è un piacere e un onore essere vostro ospite.
Qual è stata la motivazione che ha spinto Piergiorgio Pulixi a scrivere?
Più che motivazione, direi motivazioni. Le più disparate: la voglia di mettermi alla prova, quasi l’esigenza di entrare nelle storie da un’angolazione diversa, e per essere completamente sincero, la scarica di adrenalina ed endorfine che ti da il diventare il demiurgo di un mondo in cui crei, disintegri, intrecci i destini, misceli odio, amore, e destino nella misura che vuoi… penso che la combinazione di questi elementi mi abbia portato a scrivere. Insieme a una sana dose di ambizione.
Com’è avvenuto l’incontro con Massimo Carlotto?
Ho avuto la fortuna di frequentare la stessa libreria che Massimo per motivi personali e professionali frequentava, a Quartu (CA), e lì, dopo aver assistito a sue diverse presentazioni, ho iniziato a seguire più da vicino il suo lavoro, intorno al 2006. Da semplice lettore, ho scoperto che i suoi libri sono soltanto la facciata di un fiume carsico di tanto lavoro fatto di inchieste, ricerche sul campo, tecnica e tanto talento. La cosa strana è che nonostante siano trascorsi più di otto anni, e nel frattempo sia diventato un suo allievo e amico, nutro ancora un timore quasi riverenziale nei suoi confronti, perché insomma non è da tutti i giorni avere come maestro e amico il massimo esponente del Noir Mediterraneo.
Sei uno degli allievi del collettivo di scrittura Sabot, creato da Massimo Carlotto. Ci spieghi in cosa consiste far parte del “collettivo di scrittura Sabot”?
Significa credere in un percorso di crescita comune, di condivisione di esperienze e sensibilità letterarie e non, diverse, con l’obiettivo di arrivare a un miglioramento costante della qualità delle nostre storie come autori singoli e come collettivo. Crediamo profondamente che leggere sia una forma di resistenza e scrivere una forma di lotta contro la macchina di disinformazione e occultamento di alcune verità scomode che nel nostro Paese è a pieno regime da più di trent’anni. Cerchiamo di “sabotare” questo meccanismo con storie coraggiose con un livello qualitativo di intrattenimento molto alto.
Piergiorgio tu vivi a Londra. Stato diverso, mentalità diversa, come lo stile di vita diversa, rispetto l’Italia. Questo cambiamento ha influito sul tuo stile di scrittura? Ti ha aiutato sotto l’aspetto creativo?
Passami il paragone azzardato, però quando vai in un Paese diverso dal tuo per viverci, soprattutto nel primo periodo entri in modalità “sopravvivenza”, nel senso che devi adattarti: capire il nuovo ambiente, orientarti, relazionarti con gli altri, conoscere la città e le sue dinamiche. Questo ti porta a maturare un forte spirito di osservazione. Osservare le persone e come si fanno strada nel mondo, è basilare per un romanziere. Quindi la mia risposta è sì: entrare in modalità “sopravvivenza” ha ampliato la mia percezione del mondo e dei suoi abitanti, soprattutto vivendo nella più grande metropoli europea che è un crocevia di mondi più che persone. C’è solo un rischio per un romanziere: che ti vada in blackout il cervello per i troppi spunti e la massa abnorme di suggestioni che ricevi.
Hai mai avuto un momento di sconforto, senza scendere in particolari,  in cui ti sei detto “mollo tutto non scrivo più”? E cosa ti ha fatto cambiare idea?
Certo, penso che siano parte naturale del percorso di ogni professionista tout court, non solo di un autore. E credo anche che sia doveroso averli per capirsi, per capire i propri limiti e superarli. Le crisi – a trecentosessanta gradi – vanno attraversate e risolte, non evitate: questo porta a una maturazione, tempra la personalità e la determinazione; spesso sono il barometro della nostra consapevolezza di voler fare un mestiere o no. L’ultimo momento di sconforto sicuramente è stato proprio nella stesura de “La notte delle pantere”: le cose non sono andate come avevo sperato, e c’è stato un momento in cui la voglia di rinunciare è stata pressante. Penso che sia stato il rispetto per i lettori a rimettermi in pista e farmi affrontare lo sconforto con rabbia e cattiveria, facendomi sbranare le difficoltà, restituendomi determinazione e ambizione.
Scrittore, di conseguenza, grande lettore. Cosa legge Piergiorgio, hai qualche autore di riferimento?
Una miriade. Shakespeare, Omero, Euripide, Dumas, Hugo, Dostoevskij, Hemingway, Ellroy, Don Winslow, Dennis Lehane, Edward Bunker, Izzo, potrei continuare per mesi…
Oltre la scrittura e la lettura, che passioni coltivi nel tuo tempo libero?
Cinema, musica, e sono un grande appassionato di boxe.
Da dove prendi lo spunto, l’idea per la stesura di un romanzo?
Quasi sempre dalla cronaca o comunque dalla realtà. È sempre lì che cerco la scintilla.
Nel 2012 esci con il noir poliziesco “Una brutta storia”. Un libro molto impegnativo e complesso, com’è nata questa opera?
Dal desiderio di fondere in un solo romanzo, il noir, il romanzo d’azione e d’appendice, la tragedia classica, e l’epica. Volevo scrivere una saga poliziesca di ampio respiro, con tanti personaggi, tanta azione e un forte ritmo, che portasse i lettori in un mondo nuovo, spietato e al tempo stesso affascinante, dove il Fato gioca un ruolo determinante.
Quante difficoltà hai riscontrato nella sua stesura?
Parecchie, ma sono dettagli tecnici che annoierebbero il lettore. Ti posso però dire che anche quando tutto mi remava contro, sono sempre andato avanti, forse in modo folle, perché “vedevo” nella mia mente il risultato finale, e sapevo che valeva la pena rischiare tutto e perderci anni dietro.
Ci puoi scrivere un breve riassunto delle vicende narrate nel libro “Una brutta storia”?
Biagio Mazzeo è un uomo carismatico che vuole tutto dalla vita, e ha sempre vissuto sbranando la sua esistenza, ricorrendo a qualsiasi strumento pur di soddisfare i suoi desideri. Quando è sul punto di “arrivare” alla fine del suo percorso criminale/esistenziale, incappa in uno sgambetto del destino che lo mette sulla stessa strada di  Sergej Ivankov, mafioso ceceno altrettanto spietato e geniale, che gli scatena contro una guerra che va a colpire Biagio negli affetti più cari e nel suo “sistema di sopravvivenza” costruito con tanto sforzo e sacrifici negli anni. È una partita a scacchi quella tra Sergej e Mazzeo; solo che Biagio non ha mai giocato con un rivale così forte, intelligente e feroce.
Ci puoi parlare anche del poliziotto Biagio Mazzeo, come nasce questo personaggio?
Biagio è un personaggio complesso, molto conflittuale, perennemente in guerra con se stesso, e con la sua ambizione sfrenata che lo porta a sacrificare parti di sé tangenti alla sua anima e alla sua moralità. È un leader nato, un uomo carismatico, violento e brutale nel perseguire i suoi obiettivi. Al tempo stesso è un uomo molto passionale, desideroso di amore, ma questa scissione che vi è in lui tra leader, capo e amico, consigliere e patriarca, lo portano a maturare dei comportamenti autodistruttivi, e degli scatti d’ira incontrollabili. È un uomo, come tutti noi, dove la sua parte emozionale e quella razionale, sono particolarmente alle strette: il suo istinto lo porta spesso a fare degli errori che la sua parte razionale vorrebbe non facesse… Però, dall’incontro con Ivankov, Biagio cambia, diventando più feroce, più calcolatore, più solitario, sebbene la sua voglia di essere amato rimanga immutata.
Siamo nell'era dei social network, Facebook e Twitter ormai fanno parte della nostra vita quotidiana. Per un autore è una buona vetrina, ha la possibilità di farsi conoscere. Nascono nuove amicizie virtuali, si scrivono post, commenti, anche personali.  Si fanno apprezzamenti positivi o negativi sulle persone, tante volte ci si sofferma di più sull'apparenza che la sostanza. Uno scrittore come vive tutto questo?
Deve attraversare e sfruttare con saggezza questi strumenti portentosi quanto pericolosi, ricordandosi sempre che tutto ciò che fa è in funzione di un pubblico di persone per cui si deve avere il massimo rispetto e la massima disponibilità e sensibilità. In un regno edonistico come i social network, questi sono “comandamenti” spesso trascurati e talvolta del tutto dimenticati.
Sei appena uscito con il tuo nuovo romanzo “La notte delle pantere” sequel di “Una brutta storia”. Prima di salutarci ti faccio l’ultima domanda di rito, programmi per il futuro?
Il 28 Maggio 2014 uscirà per Rizzoli il thriller Padre Nostro, scritto insieme al Collettivo Sabot. Nato da una suggestione di Stefano Cosmo, io e Ciro Auriemma – un altro membro del Collettivo  siamo intervenuti per far esplodere quell’idea, e in tre abbiamo creato un’epopea noir che va a raccontare l’ascesa e il declino di un boss del narcotraffico molto affascinante, un uomo all’antica che deve confrontarsi con le nuove generazioni, in un mondo criminale che non riconosce più. È un romanzo totalmente ambientato in Spagna, e sono sicuro che piacerà a chi ha amato “Il potere del cane” di Don Winslow. A livello personale uscirò con un romanzo extraserie per le Edizioni E/O questo Novembre, e nel 2015 tornerò con il terzo romanzo della saga delle Pantere e una nuova saga poliziesca più thriller e meno noir.
Grazie per avere accettato il nostro invito e della tua disponibilità.
Grazie mille a voi, è stato un vero piacere. A presto.