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Il cromosoma dell'illegalità

Autore: Leonardo Petrocelli
Testata: La Gazzetta del Mezzogiorno
Data: 8 luglio 2014

Negli anni in cui le leadership assumono una crescente dimensione personalistica, si ammicca al presidenzialismo e il consenso si costruisce sull’immagine vincente di un singolo, c’è un segmento del potere che sopravvive defilato in un cono d’ombra. È il «potere diffuso», quello che cammina sulle gambe di una legione anonima di burocrati, funzionari, imprenditori, amministratori locali e nazionali, tutti intenti a conquistare e mantenere posizioni di privilegio attraverso una quotidiana catena di accordi, scambi, ricatti, minacce, favori.Una sorta di rete a maglie strette che, non è difficile immaginarlo, finisce per intrappola-re anche chi, un tempo, si professava del tutto estraneo alle cattive pratiche del clientelismo ed anzi, in op-posizione ad esso,aveva costruito il proprio profilo politico. È il caso del sindaco Gabriele Lovero che è fra i protagonisti del noir Il cromosoma dell’orchidea (Edizioni E/O, Collana sabot/age, pp. 219, euro 16,50), ultima fatica dello scrittore barese Carlo Mazza, già autore del fortunato Lupi di fronte al mare (2011). Il libro sarà presentato venerdì alle 21,30 a Polignano al Festival «Il libro Possibile». Loviero è primo cittadino, in quota centro-sinistra, di una immaginaria città del Sud, senza nome né collocazione regionale, eppure così familiare nel suo essere archetipo di costumi ben noti: «Quella che vedi è una città dissoluta che nessuno potrà mai redimere. Ne ho scoperto la natura segreta di meretrice, compiaciuta. Se le parlerai di rettitudine e di verità ti ascolterà stupita, senza comprendere, e ti volterà le spalle». A dirlo, è uno scafato senatore che abborda Lovero per offrirgli il supporto di due influenti imprenditori edili prodighi di denari e ben disposti a finanziare la campagna elettorale per la rielezione del sindaco. A patto, ovviamente, che Lovero ricambi la cortesia. Al centro della trattativa c’è il Piano di assetto idrogeologico che disciplina la destinazione di alcuni terreni già acquistati dai costruttori ma non edificabili per ragioni di sicurezza attigui alla cava del Nazareno, lì dove era stato ritrovato, sei anni prima, il cadavere dell’ambientalista Lorenzo Vinciguerra, amico di Lovero ma anche del capitano dei Carabinieri Antonio Bosdaves. Sarà quest’ultimo, spalleggiato dalla giornalista Martina Bizantino, a riaprire le indagini e far luce su una vicenda sepolta troppo in fretta, mentre il sindaco, contemporaneamente al palesarsi della verità, continuerà a sprofondare nel pantano del malaffare.
Sullo sfondo della storia principale, costruita da Mazza con accorta sapienza, si muovono quasi ad intercalarne il corso, una lunga serie di personaggi minori, felicemente impegnati a rivoltarsi nel fango delle pro- prie miserie. Ed è qui che il romanzo assume pienamente la sua dimensione «corale» con- segnandoci un affresco, amaro e rivelatore, del sottobosco verminoso su cui cammina la città. Quasi nessuno ne esce bene, non gli amministratori, né gli attori economici e nemmeno le associazioni culturali, colluse con il potere a dispetto della loro costante professione di autonomia. Il solo controcanto è affidato al vicesindaco Pasqua- lina Bernaus, attivista di lungo corso intrisa di moralismo berlingueriano, che, nel redde rationem finale, al netto della scomunica etica, non saprà op- porre al sindaco, ormai quasi totalmente colluso, alcuna alternativa di governo credibile. Le sue divagazioni sul sogno di una società multiculturale, sul- le sfide condivise da popoli «che si parlano», sulle mobilitazioni della società civile (sic) nel Nord Africa, appaiono come stanche litanie senza costrutto. E dunque la scelta non c’è, o meglio oppone la vuota retorica di una sinistra in estinzione al pragmatismo mafioso, vaga- mente destrorso, del vecchio regime, in un gioco a somma zero che non disegna orizzonti né regala speranze di epici cambiamenti. Almeno non prima del travolgente finale.