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I giorni dell'abbandono

Autore: Federica Ceranovi
Testata: Una casa sull'albero
Data: 16 settembre 2014

A un passo dalla follia sta la salvezza: Elena Ferrante e i giorni dell’abbandono

Nel suo secondo romanzo I giorni dell’abbandono (edizioni e/o, 2002) Elena Ferrante affronta la tematica dell’abbandono coniugale, del tradimento e della crisi di coppia. In particolare narra la storia – il cui arco temporale è concentrato in alcuni intensi mesi, che riassumono i tempi di azione e reazione del trauma della donna protagonista – dell’abbandono di Olga, madre dei piccoli Ilaria e Gianni, da parte del marito Mario, a causa di un improvviso “vuoto di senso” esistenziale e della fine dell’amore verso la moglie, dopo quindici anni di matrimonio. Alla crisi interiore di Mario si aggiunge una relazione clandestina, che Olga scoprirà essere il vero motivo dell’abbandono, con la giovanissima e sensuale Carla, che appartiene al passato di entrambi, in quanto figlia di un’amica comune.

Subito dopo la notizia Olga piomba nell’immediata solitudine, ed il suo tentativo già complesso di mantenere stabile, per il bene dei bambini, la quotidianità ed il labile ménage casalingo e scolastico, crolla davanti ad una serie di eventi, tra cui un’improvvisa infezione da avvelenamento del cane lupo Otto, un’influenza nervosa del piccolo Gianni, l’invasione di formiche ed il blocco dall’interno della serratura della porta principale dell’appartamento, la cui concentrazione rende i “giorni dell’abbandono” un vortice ingestibile e claustrofobico in cui la donna precipita, in uno stato catatonico, allucinatorio, che la delusione bruciante, l’amarezza della gelosia ed il panico vivido con cui ella constata gradualmente il proprio crollo psichico, trasformano presto in lucida follia e rabbia violenta verso chiunque tenti di avvicinarla per, più o meno falsamente, aiutarla.
Il mondo esterno, la cui cornice è una Torino fredda e metallica che prende il posto della Napoli umida e asfissiante de L’amore molesto, agli occhi di Olga (pur sempre di origini napoletane, in una sorta di continuità con la figura di Delia della prima opera di Ferrante, nonché con l’autrice stessa, le voci dibattute ed incerte sulle cui origini si dividono equamente tra le due città), si compone infatti di esseri crudeli, volgari, e sospetti, pronti a ferirla, ad utilizzarla come oggetto: i rapporti umani le si rivelano essere solo sudici scambi sessuali, il suo stesso linguaggio, da persona pacata e timida qual era, diventa verso chiunque scurrile e carico di odio ed astio, la sua sfiducia raggiunge una tale diffidenza da creare intorno a sé un vuoto assoluto, e nell’isolamento cieco che la circonda Olga ritroverà, tra visioni della propria infanzia e incubi deliranti, il coraggio e la forza di rialzarsi, ridefinire la propria identità e ricostituire, da un fondo insonne di malessere ed inadeguatezza, il flebile senso della propria esistenza.

La narrazione, tratto caratteristico ed ormai “rassicurante” dell’autrice, resta in prima persona, i personaggi, che circondano Olga come ombre in un dramma teatrale e la avvicinano in modo casuale e marginale, con i loro pettegolezzi, le ipocrisie e gli approcci invadenti, sono pochissimi e tratteggiati solo psichicamente, il linguaggio sempre crudo e diretto, a tratti oltraggioso, tanta è l’umanità che esso esprime, l’introspezione psicologica, l’angoscia e la forza mistica e immaginifica che la caduta in quell’oscuro nulla, “privo di precipizio”, in cui la reazione emotiva eccessiva “sfonda la superficie delle cose” e dal quale Olga in modo altrettanto umano, graduale e rassegnato, pur senza lasciare spazio ad alcun lieto fine improvviso o colpo di scena cinematografico, tenta di riemergere.
Per chi ha amato l’odore acre del sangue e il buio dell’allucinazione di L’amore molesto, l’ esperienza di lettura e di vita di I giorni dell’abbandono si rivelerà una nuova sfida, un passo ulteriore verso quella stessa dimensione patologica e nascosta, ma pronta ad affiorare in superficie in tutti noi, se siamo disposti ad ammetterlo, dalla nostra più profonda intimità, in grado di rivelare tanto a e di noi stessi e della nostra forza, a partire dalla follia, di sopravvivenza. Ma per accedere a tutto questo, occorrerà fidarsi e… lasciarsi cadere.

I primi tre romanzi di Elena Ferrante, autrice (o autore?) conturbante e anonima per scelta nella sua stessa identità, sono pubblicati dalle Edizioni e/o singolarmente ed inoltre raccolti nella “trilogia” “Cronache del mal d’amore” (e/o, 2011), che contiene L’amore molesto (1999), I giorni dell’abbandono (2002) e La figlia oscura (2006).