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La mia banda suona il rock per sfondare nella vita

Autore: Piersandro Pallavicini
Testata: La Stampa - Tuttolibri
Data: 11 ottobre 2014

C'era una volta il romanzo rock italiano. Erano storie di ragazzi in età più o meno da liceo, che compivano il proprio cammino di formazione grazie alla musica, spesso ascoltandola ossessivamente, tanto da farne ragione di vita e chiave di lettura del mondo. Tra i tanti vengono in mente Despero di Gianluca Morozzi, I reni di Mick Jagger di Rocco Fortunato, i rock-horror bolognesi di Lorenzo Marzaduri, La guerra degli Antò di Silvia Ballestra, i tanti esordienti della galassia Transeuropa, e, nell'ambito di operazioni ancora più ambiziose e ibride romanzi come Costretti a sanguinare di Marco Philopat e il Jack Frusciante di Enrico Brizzi. Sono libri che hanno dieci, venti anni. C'era una volta, no? Perché, in ciò che si è pubblicato ultimamente , quando la musica è stata centrale in un romanzo questo era ambientato in tempi ormai lontani: anni '70 o '80, al più '90, si pensi ai recenti Marco Drago e Ago Panini).
Romanzi rock freschi, calati nei nostri giorni, se la memoria non tradisce, nulla. La risposta all'inevitabile «perché?» è che la musica è in picchiata tra gli interessi giovanili, che l'epica del rock è svanita, che non esistono più rockstar, e che gli stessi «dischi» quasi non ci sono più, mentre la musica venduta in forma di file è poca cosa. Poi si aggiungerà: e ci sono i talent show, X-Factor et similia che ammazzano tutto, perché conta solo avere una bella voce e una bella presenza in Tv, che importa saper suonare uno strumento o saper comporre?
Forse in parte è davvero così, ma la vitalità della musica rock (o pop) contemporanea e il suo rapporto con il mondo giovane meriterebbero un ragionamento ben più complesso. Ebbene, ci prova questo esordio del venticinquenne romano Valerio Piperata, che è un puro e cristallino romanzo rock contemporaneo. Un libro che prova a riaggiornare il genere, basandosi proprio sulla piattaforma delle osservazioni di cui sopra e con un titolo che racconta come la pensi l'autore: Le rockstar non sono morte.
Davide Fagiolo e il compagno di classe Tommaso, liceali al fondo di ogni classifica di popolarità, da un giorno all'altro, senza saper suonare, decidono di fondare un gruppo, l'uno alla batteria, l'altro alla voce. Seguono audizioni per trovare il resto dei musicisti, scovando il bassista Pannocchia (semicelebrità televisiva per una figuraccia alle selezioni di X-Factor) e il chitarrista Trota (ladruncolo già passato da Rebibbia). Si chiameranno «I Vecchi», registreranno un demo scalcinato, troveranno un agente borioso e incapace, partiranno in tour nella provincia più franante, verranno notati dal manager di una grande casa discografica che su di loro costruirà un progetto che oggi sembra rivoluzionario: lanciarli solo attraverso una conferenza stampa e un buon demo. Niente tv, niente singolo/video/tour. Solo loro e la musica. Ma i giornalisti convocati non saranno molto entusiasti e il progetto morirà lì. Come davvero finisca questa storia lo si lascia scoprire al lettore. Si aggiunga solo che è una commedia scorrevole, scritta con garbo, un romanzo che grazie all'acuto senso del comico dell'autore si fa leggere piacevolmente dall'inizio alla fine. Con, però, alcune pecche. tutto quanto accade infatti nello spazio inverosimile di soli tre-quattro mesi. Cosa convinca il manager a investire su «I Vecchi» e come tutto finisca in niente senza che si faccia un vero tentativo non è argomentato. Ma soprattutto, cosa significhi davvero, oggi, la musica per un adolescente, quali siano gli entusiasmi che accende, le alleanze che crea, i luoghi che porta a visitare, i dischi che induce ad ascoltare, insomma quale sia la differenza che dovrebbe rimarcare rispetto a chi invece la musica non se la fila nemmeno, ecco, tutto questo purtroppo il pur bravo Piperata non ce lo dice. A meno che il messaggio sia proprio che per le nuove generazioni la passione musicale arriva er caso o non attraverso un processo consapevole che rima con «farsi una cultura».