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Storia della bambina preduta - Elena Ferrante

Autore: Valentina Pennacchio
Testata: Sololibri
Data: 14 novembre 2014
URL: http://www.sololibri.net/Storia-della-bambina-perduta-Elena.html

Dopo aver conquistato e travolto i lettori, soprattutto il pubblico femminile, con i primi tre libri della saga, "L’amica geniale", "Storia del nuovo cognome", "Storia di chi fugge e di chi resta", Elena Ferrante ci regala il quarto e ultimo volume, "Storia della bambina perduta" (Edizioni E/O, 2014), quello che scrive la fine della storia di Lina e Lenù.

Dopo aver chiuso queste pagine ho avuto due sensazioni: brividi sul corpo e malinconia. Il primo sentimento è scattato dopo aver dato l’addio alle due amiche, alle loro travagliate vicende, ai loro sentimenti forti e struggenti, alla loro cruda realtà: Elena Ferrante ha scritto una fine assolutamente degna di una storia che è arrivata anche oltreoceano, scalando le classifiche americane. Eccellente il commento di The Wall Street Journal:

"La profonda comprensione che Elena Ferrante dimostra nei confronti dei conflitti e degli stati psicologici dei suoi personaggi è impressionante...I suoi romanzi suonano così sinceri e sono scritti con tale empatia da sembrare quasi una confessione".

Il secondo sentimento è scaturito proprio da questa sensazione. Uno scrittore che può definirsi tale ha una capacità di coinvolgere così tanto i suoi lettori, pagina dopo pagina, e li fa affezionare a tal punto ai personaggi, che, alla fine, separarsene non può non provocare un forte dispiacere. Alla fine di queste oltre 400 pagine, il primo commento è stato: straordinaria. La penna della Ferrante è straordinaria ed è mossa da una donna, ne sono sempre più convinta.

Questo è il volume in cui, forse, l’amicizia tra Lina e Lenù attraversa la fase più matura e più bella. Le due amiche si ritrovano, sia fisicamente, che emotivamente, condividono aspetti importanti della loro vita di donne, come la maternità di Tina e Imma, si avvicinano così tanto che quell’addio, già rivelato nel primo capitolo de "L’amica geniale", in cui si narra della scomparsa di Lina, sembra quasi scontato e vi ci si abitua lentamente.

Questa è anche la parte in cui la storia di Lenù e Nino trova finalmente la sua espressione, rivelandosi per ciò che è ed è questo, forse, a segnare la vera crescita di Elena, sempre più proiettata versa una brillante carriera.

Il quarto volume è altresì un inno alla meravigliosa città di Napoli: i suoi vicoli, le sue bellezze, la sua storia, le sue luci, le sue ombre. Una Napoli che splende, nonostante tutto, nei saggi racconti che Lina regala alla piccola Imma.

"Storia della bambina perduta" racconta la maturità delle due protagoniste, che, diventate amiche negli anni Cinquanta, assistono ai mutamenti dell’Italia sino agli anni Duemila, quando i vicoli di Napoli cominciano ad avere quel sapore esotico, con l’avvento di negozi e bazar di stranieri.

Chi è l’amica geniale? Condivido la lettura data da Antonella Lattanzi su "La Stampa":

"L’amica geniale di Elena Ferrante è una, Elena-e-Lila: corpo bicefalo o, al contrario, due corpi con un unico cervello. Controverso e incoerente, violento e docile, volitivo e svogliato – come del resto tutti noi?".

In questo volume la Ferrante riesce a narrare come mai prima d’ora l’evoluzione, la metamorfosi dei personaggi. Chiude perfettamente il cerchio, raccontando dei cicli: l’amicizia tra Lina e Lenù, la loro maturità, i loro amori, i rapporti familiari, una Napoli che muta sotto ai loro occhi e che cambia gli equilibri del rione che ci ha accompagnato in queste oltre 1.000 pagine della saga.

Ogni partecipante della storia, alla fine, ha trovato pace: chi nella morte, chi in se stesso, chi in un altrove, quell’altrove in cui Lila si muove, in ombra, lasciando tracce di sé, come la scatola contenente due bambole dal sapore di muffa. E’ stato proprio il momento in cui abbiamo conosciuto quelle due bambole l’inizio di una splendida, dolorosa e geniale amicizia, che ci lascia con una forte commozione, quella di aver letto una storia d’amore intensa, che in bilico tra odi et amo, è arrivata dritta al cuore, quella tra due bambine di un rione napoletano che diventano grandi insieme, affrontando le avversità della vita con coraggio e appartenendosi, nonostante tutto.

"Lila aveva finito per chiamare sua figlia col nome della mia amatissima bambola, quella che, da piccola, lei stessa aveva gettato in fondo a uno scantinato. Fu la prima volta, ricordo, che ci fantasticai sopra, ma non ressi a lungo, mi affacciai su un pozzo scuro con qualche scintillio di luce e mi ritrassi. Ogni rapporto intenso tra esseri umani è pieno di tagliole e se si vuole che duri bisogna imparare a schivarle. Lo feci anche in quella circostanza e alla fine mi sembrò di essermi solo imbattuta in un’ennesima prova di quanto fosse splendida e tenebrosa la nostra amicizia".

Questa storia è come un vaso che trabocca ed è un continuum di opposti: luce-ombra, vita-morte, amore-odio, vicinanza-lontananza. La dicotomia esplode nel momento in cui Lenù scrive "Un’amicizia" per suggellare il rapporto con Lina e renderlo immortale e quest’ultima scompare, forse

"aveva rotto gli argini e finalmente intendeva girare il mondo ormai non meno piccolo del suo, vivendo in vecchiaia, secondo una nuova verità, la vita che in gioventù le avevano vietato e si era vietata".

Questa è una storia di verità.

"A differenza che nei racconti, la vita vera, quando è passata, si sporge non sulla chiarezza ma sull’oscurità. Ho pensato: ora che Lila si è fatta vedere così nitidamente, devo rassegnarmi a non vederla più".