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I cacciatori di libri: Jerusalmy e il thriller storico tra la Francia e Gerusalemme

Autore: Lorenzo Moltedo
Testata: Art a part of culture
Data: 26 novembre 2014

Un poeta realmente esistito ma della cui morte non si hanno notizie certe; un’ambientazione che spazia dalle strade parigine agli aridi paesaggi palestinesi; una cospirazione che minaccia di mettere in discussione il pilastro istituzionale su cui si fonda il potere tardo medievale: il papato e l’Inquisizione. Gli ingredienti per un efficace thriller storico ci sono tutti, e l’autore, l’ex agente segreto Raphaël Jerusalmy ora votato al commercio di libri antichi, sa bene come amalgamarli nelle giuste dosi. Indubbiamente, la sua ricetta funziona.

François Villon, quattrocentesco autore, tra le altre opere, dellaBallata degli impiccati, viene condannato a morte e poi graziato dal re di Francia Luigi XI nel 1463. Dopo questa data non si hanno più notizie certe sulla sua vita, né tantomeno sulla sua morte. Jerusalmy immagina cosa possa essere accaduto dopo, e ritrae Villon nel ruolo di agente segreto umanistico impegnato in una missione di recupero di testi rari (alla fine emergerà addirittura il vero testamento di Gesù Cristo, dettato in procinto di morire al sacerdote Anna). Il gioco di intrighi all’interno del quale si muove è però decisamente complesso, e coinvolge le personalità politiche e culturali più importanti del tempo: il re di Francia Luigi XI, papa Paolo II, la famiglia fiorentina dei Medici, l’intellettuale e filosofo Marsilio Ficino, oltre a una confraternita di custodi di manoscritti con sede a Gerusalemme e dintorni. Nel corso del suo viaggio Villon sarà affiancato dal compare di bravate, Colin, dalla bellissima Aisha e da un personaggio ambiguo, l’italiano messer Federico.

La narrazione è incalzante e scorre piana. Il libro, in sostanza, si fa leggere, complice anche l’utilizzo del presente storico e di una sintassi logica e paratattica. Notevoli gli inserti descrittivi, nei quali Jerusalmy dimostra una capacità di resa icastica non indifferente: gli aridi spazi mediorientali, in particolare, sono restituiti agli occhi del lettore tramite calibrate suggestioni pittoriche.

L’efficacia narrativa del romanzo è dovuta a vari altri fattori, non ultima la tendenza, riscontrabile nell’editoria degli ultimi anni, di dare spazio a “libri che parlano di libri”, forse in modo che ci si senta continuamente rassicurati sulla legittimità della propria passione bibliofila (e bibliovora) proprio mentre ci si sta dedicando. In questa temperie Jerusalmy non fa eccezione e, in un certo senso, il suo ultimo romanzo può essere inteso anche come una appassionata rivendicazione dell’importanza del libro non solo in quanto testo, ma anche in quanto oggetto: Villon riesce, con la melodiosa prosodia della propria Ballata, a placare l’emiro di cui si è appena scoperto prigioniero; e l’economia di tutta la trama ruota attorno al corpo fisico del manoscritto, fatto di carta e inchiostro, che non esita a trasfigurarsi in arma apocalittica e minaccia per l’intero sistema sociopolitico quattrocentesco.

In tutto questo, però, I cacciatori di libri (edizioni e/o, collana Dal mondo) manca forse di un certo spessore, di natura a metà tra lo storico e il concettuale. È un buon thriller, e l’autore ne mantiene il ritmo narrativo rendendolo coinvolgente e mantenendo alto il livello di curiosità del lettore per “ciò che succederà dopo”.
Sa intrattenere, insomma, e questo, a volte, basta.

 

http://www.artapartofculture.net/2014/11/26/i-cacciatori-di-libri-jerusalmy-e-il-thriller-storico-tra-la-francia-e-gerusalemme/