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Un Ulisse moderno tra le onde del destino

Autore: Giovanni Nardi
Testata: QN
Data: 14 novembre 2008

Signora Karistiani, il suo ultimo romanzo, intitolato da noi Le catene del mare (edizioni e/o) in greco si chiama Swell. Peché ha usato un termine inglese, ripetendolo spesso anche all’interno del libro?
Perché è un termine adoperato dai marinai di tutto il mondo per significare il ritmo ondoso dell’oceano, e nel libro anche il ritmo di ciascuno dei personaggi, perché ciascuno di essi, come del resto ciascuno di noi, ha un proprio ritmo interno, che ne determina l’attività.
Ioanna Karistiani è una delle autrici di spicco, accanto a Petros Markaris, che la Grecia ha inviato a Siena per la seconda edizione del Salone internazionale del libro dedicato alla lettura intitolato «Terra di libri» e dedicato al territorio, ai viaggi, alle terre e agli itinerari del mondo, con la Grecia paese ospite. La manifestazione si è aperta ufficialmente ieri in Santa Maria della Scala con l’intervento dell’ambasciatore ellenico a Roma, e si concluderà domenica: nel programma incontri, convegni e soprattutto tremila libri. L’incontro con la signora Karistiani, scrittrice, sceneggiatrice cinematografica e televisiva, il cui Swell è stato giudicato il più bel romanzo greco del 2007, è previsto per oggi pomeriggio alle 18,30 nella sala autori di Palazzo Squarcialupi. L’abbiamo incontrata.

Il suo romanzo è incentrato sulla figura del comandante di una nave mercantile, l’«Athos III», che si chiama Dimitri (detto Mitsos) Avgustis, che è cieco, e viaggia i mari del mondo senza mai ritornare a casa, ad Atene, dove abitano la moglie Flora e i figli. Non ci torna da 12 anni. Facile collegare la sua figura a Ulisse.
Quando ho cominciato a scrivere il libro non pensavo affatto a Omero e al suo personaggio; ma poi mi sono resa conto che era impossibile evitare il confronto. Io intendevo rendere omaggio, più che alla fedeltà coniugale, a tutte le Penelopi che ogni marinaio lascia in ogni scalo e che periodicamente ritrova; per questo Mitsos, alla fine andrà a vivere con l’antica amante Litsa, anziché - dopo un incontro infruttuoso con la moglie.

Altro paragone inevitabile, quello tra Telemaco e il figlio del capitano, Antonis. Chi è il più coraggioso tra i due?
Difficile rispondere, perché amo entrambi i personaggi. Antonis è il terzo figlio, quello ‘non voluto’ dai genitori, e per questo cresciuto senza amore. Il suo incontro col padre serve a fargli recuperare il senso della vita, e costituisce per lui il momento del riscatto, aiutando infine il padre a compiere la scelta giusta.

Un capitano cieco che governa una nave è un unicum, oppure ci sono stati casi reali?
Dopo che il libro è uscito, ben due persone mi hanno confidato di un loro congiunto che aveva comandato navi anche per più anni, mentre una terza mi ha dato della puttana perché avevo messo in pericolo la pensione del marito, dato che lui era cieco ma non lo aveva detto nessuno.

Lei nel suo libro usa una terminologia marinaresca particolarmente precisa. Dipenda da una tradizione familiare?
Al contrario. Mio marito fa il regista, e i miei figli col mare non hanno niente a che vedere. Ho cominciato a sentire il problema osservando la devozione con la quale le famiglie dei caduti sul mare ricordano i loro cari. Ho speso un piccolo patrimonio quindi in libri e altri testi per imparare la terminologia giusta, e ho avuto la soddisfazione di trovare riscontri elogiativi da parte di comandanti ‘veri’ dei mercantili.

Vorrei infine chiedere, a una persona i cui genitori sono stati vittima della cacciata del settore greco di Smirne da parte dei Turchi nel 1922, che cosa pensa della turchia nell’Unione Europea.
Sono a favore, perché ritengo che la discussione e il confronto siano l’unico modo di arrivare alla pace. I soldi spesi per le armi non aiuterebbero assolutamente i due paesi a risolvere i loro problemi economici.