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Nel posto sbagliato ha avuto, è avrà, più di una vita.

Autore: Veronica Fantini
Testata: Feedbooks
Data: 16 gennaio 2015
URL: http://it.feedbooks.com/interview/471/nel-posto-sbagliato-ha-avuto-%C3%A8-avr%C3%A0-pi%C3%B9-di-una-vita

 

Intervista di Luca Poldelmengo di Veronica Fantini (15 Gennaio 2015)

Uscito a ottobre 2014, “Nel posto sbagliato” di Luca Poldelmengo continuerà a far parlare di sé anche sul piccolo schermo. Questa breve intervista all’autore ci svela la genesi del romanzo e qualche progetto futuro.

La realtà e la fantascienza, soprattutto da un punto di vista tecnologico, iniziano a coincidere sempre più con maggiore rapidità, e molti romanzi editi nel corso del ‘900 ce l’hanno già dimostrato. Prendere coscienza che la propria fantasia diventa realtà quali sensazioni provoca?

Nel mio caso parlerei di preoccupazioni. Io immagino la presenza di una segreta squadra di polizia, la Red, che indaga con mezzi fortemente lesivi delle libertà personali dei cittadini, se pure per garantire la sicurezza alla collettività. Il modus operandi della squadra, che si basa sulla triangolazione dei telefoni cellulari e sull’ipnosi, è in larga parte già tecnicamente attuabile. In alcuni paesi l’ipnosi a scopo investigativo è una realtà consolidata. Perciò, in linea teorica, questa squadra potrebbe operare già ora, senza che noi ne siamo a conoscenza. Hanno suonato alla vostra porta, andate pure, vi aspetto qui ma… Attenti a chi fate entrare, specie se vi mostrano un distintivo.

Pubblicare il proprio libro all’interno della collana Sabotage della casa editrice e/o è già un segno di originalità, inoltre qualcuno ha salutato il suo romanzo come uno dei rari esempi di commistione tra fantascienza e noir. Cosa ne pensa di questa affermazione?

Pubblicare nella collezione diretta da Colomba Rossi e curata da Massimo Carlotto è per me motivo di grande orgoglio, qualcosa che ho voluto tenacemente. Tutti i romanzi della collezione hanno la peculiarità di porre l’attenzione su un problema, su un risvolto sociale poco trattato, se non nascosto. Il mio romanzo vuole far interrogare il lettore su un quesito preciso “Fino a che punto siamo disposti a sacrificare la nostra privacy e le nostre libertà personali in nome di una supposta sicurezza collettiva?”. La commistione tra più generi: la fantascienza, il noir, ma anche il thriller, che come accennavi nella domanda è un elemento difficile da rintracciare, specie nella letteratura autoctona, è stata però solo un mezzo. Lo strumento più adatto che ho trovato per raccontare questa storia.

È necessario seguire con interesse l’ attualità e riflettere sui cambiamenti politici, economici e sociali al fine di scrivere romanzi come Nel posto sbagliato?

Io seguo sempre con attenzione quanto mi accade intorno, sono curioso, considero la curiosità come la prima dote che dovrebbe avere chiunque intenda raccontare storie. Quando poi si scrive una storia ucronica, immaginando un presente alternativo, conoscere il presente reale diventa un requisito imprescindibile, perché la finzione non può essere altro che la proiezione di emozioni e pulsioni che vivono nel mondo vero: di quelle paure, quelle ansie, quelle speranze che ci portiamo dentro ogni giorno. Senza lo spettro del comunismo totalitarista Orwell non avrebbe mai scritto 1984.

Gotham city e Sin city sembrano essere due modelli importanti per l’ambientazione cittadina rappresentata nel suo libro. Le atmosfere di Nel posto sbagliato devono qualcosa alla tecnica del fumetto?

Forse inconsciamente, visto che la componente visiva del mio romanzo ha una matrice cinematografica. Per immaginare la metropoli dove è ambientata la storia ho fatto una crasi tra alcuni elementi de I guerrieri della notte di Hill e Seven di Fincher, nel mezzo ci ho nascosto alcuni tra gli scorci meno conosciuti della mia Roma.

Lei nasce principalmente come sceneggiatore e pubblica in seguito, nel 2009, il suo primo libro, un romanzo noir, dal titolo “Odia il prossimo tuo”. Ha mai pensato a Nel posto sbagliato come a una sceneggiatura?

Nel posto sbagliato ha avuto, è avrà, più di una vita. Nasce come soggetto cinematografico, poi è diventato un romanzo, ora stiamo lavorando per trasformarlo in una serie televisiva. Un progetto ambizioso e intrigante, che quasi certamente dovrà prevedere una collaborazione produttiva internazionale.

Per quanto riguarda il filone della fantascienza, sia dal punto di vista narrativo che cinematografico, vi è secondo lei una motivazione del motivo per cui ricorrano sempre più frequentemente le distopie piuttosto che le utopie?

Tutte le storie si basano sul principio dell’antagonismo, secondo il quale un racconto dà il meglio di sé tanto più i protagonisti vengono messi nelle peggiori condizioni possibili per ottenere ciò che desiderano. Un futuro distopico si presta sicuramente meglio di uno utopico a tale necessità. Ma questa motivazione non la ritengo esaustiva rispetto alla tua domanda, la ragione più profonda risiede nella sensibilità del narratore, consapevole di quanto ha raccontato fino a oggi la storia dell’uomo: da Auschwitz al surriscaldamento globale. Credo che dipenda da questa constatazione ai limiti della misantropia se molti di noi sono inclini a immaginare un futuro distopico. Le grandi utopie se ne sono andate con il secolo scorso, portandosi via l’ultimo alito della nostra innocenza.