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L’insostenibile leggerezza del male

Autore: Piero Ferrante
Testata: Macondo - Stato quotidiano
Data: 13 aprile 2015

Quattro su quattro. Quattro libri, quattro centri. Infallibile. Ecco com’è Piergiorgio Pulixi. Non sbaglia. Tanto che se esistesse un marchio letterario equiparabile a quello dei vini – chessò – un doc, o un dop, lui lo otterrebbe di certo. I gran giurì della qualità, i sommelier dell’inchiostro, non avrebbero remore. Così sarebbe stato per la saga di Biagio Mazzeo. Così sarebbe stato per il psico killer de L’appuntamento. Così è (se vi pare e anche se non vi paresse) per “Il canto degli innocenti”, l’ultimo suo libro uscito da un soffio di giorni per E/O. Nero e spietato. Puro, denso e scuro come un vino letale.

La violenza la Musa ispiratrice. Violenza cieca, disperata, sorda, muta. Violenza testarda e abbondante, violenza che tracima dalle vite di alcuni ragazzini di città, abbagliati dalla guida suadente e strisciante di un Burattinaio. Lui, che salda le loro storie di umiliazione, di timidezza, di emarginazione, lui che le tange e le converte in furia, in ginocchia spaccate a forza di colpi mazza da baseball, in pistolettate in chiesa, in giugulari troncate. Loro, che obbediscono, soldati senza mostrine ma spietati. Un esercito del male sulle cui tracce si pone Vito Strega, sbirrone di frontiera dalla vita problematica e dal cervello fino. Ogni caso, per lui, è l’occasione di vivere e rivivere vecchi e nuovi dolori, un chiodo piantato proprio al centro dello sterno. Lui, il commissario, che empatizza con le vittime perché intende la giustizia come qualcosa di più di una sommatoria di regole confuse: una missione da assolvere ad ogni costo, la statua alla testa di una processione da seguire anche quando la strada è in salita e piove ghiaccio.

In questo modo, Piergiorgio ci trascina in un viaggio vorticoso di anima in anima, dando vita a un thriller che scandaglia la perversione della psiche umana e la sua naturale inclinazione al male, raccontando con stupefacente puntualità quel sottilissimo confine che si scavalla in un attimo appena e che separa il mondo dell’abitudine sofferta dall’universo infinito della più sconcia e animalesca brutalità. “Il canto degli innocenti”, infatti, è una sequela di magoni interminabili, dolori inenarrabili, azioni sanguinolente. E’ un cane che addenta la carne e, anzi, se ne avvinghia. Leggerlo è una sorta di orrida via crucis, è come camminare su un tappeto di chiodi infuocati. Pulixi deve averlo trovato in chissà quale anfratto dannato, magari scavando a mani nude direttamente nella sabbia dell’inferno.

E pensare che è solo un primo capitolo di una saga di tredici canti ci fa schiumare d’attesa. Bentornato, principino del noir.

http://www.statoquotidiano.it/10/04/2015/macondo-la-citta-dei-libri-142/321745/