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Che fai? Scrivo…

Autore: Francesca Visentin
Testata: Corriere del Veneto
Data: 3 novembre 2015
URL: http://venetoblog.corrieredelveneto.corriere.it/2015/11/03/che-fai-scrivo/

Le nuove professioni? Popstar o scrittori. In alternativa chef. Ma pure gli chef hanno un libro nel cassetto. Raccontare è terapeutico, non fa male a nessuno. Ma questa smania da best seller si trasforma in centinaia di libri che intasano le redazioni o finiscono invenduti nelle librerie. Qualche capolavoro si fa largo. Però i tanto annunciati giovani-autori-rivelazione quasi sempre rivelano prosa faticosa, ritmo zoppicante, mancanza di guizzi e originalità. Uno strazio. Eppure i talenti ci sono.

Perché allora editori importanti decidono di pubblicare lavori banali, mediocri, destinati a sparire in poco tempo? Perché s’incaponiscono a promuovere come “romanzo d’esordio potente” pubblicazioni davvero scarse? Invece di scavare nel territorio, cercare le vere gemme.

Ora, un esempio recente: spacciare come “storia innovativa e originalissima” la vicenda dell’ascesa e caduta di una grande famiglia di imprenditori, è una presa in giro non soltanto verso i giornalisti a cui si invia la pubblicazione dell’autore-emergente, ma soprattutto verso i lettori. Da “I Buddenbrook” di Thomas Mann in poi, fino al recente “La Ferocia” di Nicola Lagioia, al veneto Romolo Bugaro con “Effetto Domino”, non c’è scrittore che in modi diversi, alcuni sì originalissimi, non abbia trattato questo tema.

Quindi, giovane esordiente, vuoi lasciare qualcosa nella narrativa contemporanea? Allora metti in moto neuroni e fantasia e inventa qualcosa di veramente originale. O se proprio vuoi scrivere l’ennesima storia di ascesa e caduta di una grande famiglia di imprenditori, trova il modo e il ritmo per farlo, magari non a livello di capolavoro (quello ci riescono in pochi), ma almeno in maniera decente, leggibile.

E tu, grande editore, cerchi realmente un talento originale? Qualcuno fuori dal coro, che infiammi, coinvolga, lasci il segno? Ci sono narratori (e soprattutto narratrici) eccezionali. Basta cercare.

Sul significato della parola “originale” riferito a un romanzo, mi viene subito da pensare (come narrativa contemporanea. E ne cito solo alcuni) a Il popolo di legno di Emanuele Trevi (Einaudi), Il tuo corpo adesso è un’isola di Paola Predicatori (Rizzoli), Anna di Niccolò Ammanniti (Einaudi), Il bambino che trovò il sole di Luca Di Fulvio (Rizzoli), Piccola osteria senza parole di Massimo Cuomo (E/O), tutto quello che scrive Piergiorgio Pulixi, ma in particolare L’appuntamento (E/O), Lo Zoo di Marilù Oliva (Elliot), Tutti figli della serva di Barbara Codogno (Gaffi editore), L’ultimo arrivato di Marco Balzano (Sellerio). E senza andare troppo lontano, è originale perfino il libro “Il clarinetto del rabbino Smuhel” di Luigino Bravin, professore di matematica di Conegliano, scrittore per hobby: è riuscito a inventarsi una storia che inizia tra i boschi della Bielorussia e finisce in Palestina, passando per il Birobidzhan, repubblica autonoma ebraica in Siberia. Più fantasioso di così…