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Lei e l'altra

Autore: Nadia Tarantini
Testata: Leggendaria
Data: 15 marzo 2009

Lei è nera. L’Altra è bianca. Lei è povera,. L’Altra è ricca. Lei ci tiene al suo aspetto fisico, al decoro, ad essere apprezzata dagli uomini. L’altra si trascura, non tiene a niente, disprezza l’amore e le attenzioni. Lara Santoro (Il mio cuore riposava sul suo) costruisce un perfetto controcanto dell’immaginario coloniale sull’Africa, rovesciando a colpi decisi qualsiasi illusione di superiorità dell’Occidente. L’Altra ha i soldi, molti soldi. L’Altra, la bianca occidentale, pensa di poter comprare con i soldi, non solo la salute di Mercy (la nera, la reietta che si ammalerà di aids) – ma di poterne possedere, così, la vita e la dignità. Mercy, lei critica la dabbenaggine dell’Altra, cerca di scuoterla dal suo torpore vittimistico di giornalista di guerra, incline agli abusi, potenzialmente perduta. Mercy, che prima di esserne governante e amica e maestra, ha venduto muratina agli africani, sa distinguere fra senso di colpa e responsabilità: «E adesso, chi vuoi accusare per questo? Ero io quella che gli versava il liquido in bocca? No, eh! Tu… […] Vedo che fai di tutto per diventare come loro».

L’altra è tanto più lamentosa e arrabbiata quanto più Lei diventa se stessa, si rivela per quella gran donna che è. E a mano a mano che abbandonano lo sterile conflitto verbale, che cominciano a collaborare ad un progetto, l’Africa si rivela alla protagonista ben oltre il dolore, i massacri, gli scontri di cultura e civiltà. Nel suo salotto, dove centinaia e migliaia di donne imparano a lottare per la propria e l’altrui vita, dove Mercy annuncerà il suo necessario sacrificio – la Terra da cui tutte veniamo appare carismatica, forse salvifica. Aldilà e nonostante la insopportabile puzza di morte negli slum, dove un esile Cristo della nostra epoca. Padre Anselmo, combatte l’onnipotenza degli uomini e dubita ogni giorno della pietà del Dio. Dalla prima pagina del libro: «Mostrami un posto così pieno di dio come questo. Mostrami una terra coi confini cuciti insieme da spine così grosse. Mostrami fiumi così pieni di luce, di tumulto. Mostrami una vita così misera, un canto così ricco. […] “Dei massacri non ci occupiamo” mi aveva avvertito il direttore, ma non c’era luce di cui parlare. Più restavo, più diventavo rabbiosa, finché con la coerenza silenziosa di tutti gli eventi sismici, l’africa spezzò le catene imposte dalla mia percezione e mi offrì la prova che c’era luce oltre la luce»