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Gutiérrez: “Sono ribelle e libertino nella Cuba della disciplina ferrea”

Autore: Elisabetta Pagani
Testata: La Stampa
Data: 23 aprile 2016
URL: http://www.lastampa.it/2016/04/27/cultura/tuttolibri/gutirrez-sono-ribelle-e-libertino-nella-cuba-della-disciplina-ferrea-u0rlZVmFhsHzcpmZuLV63H/pagina.html

Nei lontani Anni 60, l’alba della Rivoluzione cubana, Pedro Juan Gutiérrez aveva il «diavolo in corpo» e si dimenava contro i suoi tre nemici: il governo, la famiglia e la religione. Erano gli anni in cui - racconta - nell’isola conquistata dai barbudos si confiscavano banche e si sprangavano negozi, gli anni in cui scappavano preti, ebrei, stranieri. Gli anni in cui erano banditi il rock ed Herman Hesse. E in cui gli omosessuali venivano riabilitati con il lavoro.

In quell’epoca di sogni e costrizioni è ambientato Fabián e il caos, il nuovo romanzo di Gutiérrez, che trascina il lettore in una narrazione cruda e affascinante. Protagonista, oltre a Fabián, ragazzino isolato e nervoso che si sente braccato perché gay, è, come nell’opera più famosa dello scrittore cubano, Trilogia sporca dell’Avana, Pedro Juan Gutiérrez, alter ego omonimo dell’autore. Esuberante, libertino, iracondo, inquieto: affamato di vita e di piacere.

«Ero un ribelle in anni di disciplina ferrea - racconta al telefono dalla sua casa di Centro Habana - ora ho 66 anni, sono più tranquillo». Il Pedro personaggio vive in un regime inflessibile, una dittatura che fa paura a tanti, con sacche di disonestà e ipocrisia. Nel Pedro scrittore oggi prevalgono orgoglio e fatalismo: «In tutti i momenti storici si fa quello che tocca fare. Così è stato anche a Cuba. Il passato? Positivo, pur con i suoi errori».

In Trilogia sporca dell’Avana racconta la crisi nera degli Anni 90, in Fabián e il caos la repressione degli Anni 60-70 contro omosessuali e dissidenti. Da quando è nato, nel 1950, c’è stata un’epoca davvero felice per Cuba?

«Più che di felicità parlerei di vertigine: una rivoluzione è sempre caotica. Ho riflettuto molto prima di scrivere questo libro. È la storia drammatica di un mio amico ed è molto autobiografica, ma meritava di essere raccontata».

Fabián viene perseguitato perché omosessuale. Com’è cambiata oggi la situazione?

«Cuba è un Paese maschilista, è difficile essere gay, ma dagli Anni 90 gli omosessuali hanno iniziato a guadagnare diritti e adesso il quadro è diverso».

Le donne nel suo romanzo sono prostitute o giovani assillanti in cerca di marito.

«Parliamo di 50 anni fa! Io scappavo dalla routine borghese dei miei genitori: cercavo solo sesso mentre le donne sognavano la stabilità. Ora è diverso, sono più indipendenti. La rivoluzione ha tolto forza al valore borghese della famiglia, ma gradualmente, dagli Anni 80. Per una volta la politica era avanti rispetto alla società».

E oggi? Si parla di cambiamento storico per Cuba. Dopo 88 anni sull’isola è tornato un presidente americano. Cosa pensa della visita di Obama?

«La normale visita di un politico, con i suoi interessi come tutti i politici. L’ho visto alla tv, ha detto quello che ci si aspettava che dicesse».

Niente di speciale, insomma. E la possibilità che finalmente si tolga l’embargo?

«L’embargo ha condizionato tutti noi. Qui avere un frigorifero non è facile come nel resto del mondo. Economicamente l’isola migliorerà, per il resto vedremo. Cuba era e continua ad essere una nazione con la propria dignità. I cambiamenti non mi preoccupano, sono l’antidoto alla noia, ma sappiamo bene che la modernizzazione non coinvolge mai tutti. Qui come in Italia o altrove».

Fidel Castro ha scritto che «Cuba non vuole i regali degli Stati Uniti e che può già produrre tutto ciò di cui ha bisogno».

«È la sua opinione. Ribadisco: i cambiamenti mi rallegrano, ma è giusto che avvengano così, lentamente, per sbagliare meno. Non credo che il passato sia stato tutto un errore».

È andato al concerto dei Rolling Stones?

«No, preferisco Ac/Dc e Eagles. Senza contare che essendo gratuito c’era il caos. E io non sono più uno da pazzie».

Ora com’è?

«Nella mia vita si susseguono tappe di 7-8 anni, ora è quella della tranquillità. L’esperienza furiosa e disperata non mi interessa più».

Nelle foto appare tatuato, rum e sigaro in mano, sguardo da macho. In alcune nudo.

«Ero così, un po’ esibizionista. D’altronde la mia letteratura è stata un lungo striptease. Tempo fa Der Spiegel pubblicò un articolo corredato da alcune mie foto nudo e in Germania, dove non avevano mai voluto pubblicarmi, forse perché mi consideravano troppo tamarro per loro, il libro uscì e andò a ruba. Fummo costretti a organizzare delle subaste».

A Cuba molti suoi romanzi non sono ancora stati pubblicati. Il filtro della censura?

«Non ora. Ci mettono molto a uscire, ma poi compaiono in versione integrale. Mancano però ancora sia la Trilogia che il nuovo romanzo».

Com’è essere uno scrittore e non poter leggere tanti capolavori della letteratura mondiale perché a Cuba sono banditi?

«A partire dai miei 30 anni ho viaggiato in tutto il mondo. Compravo libri e li portavo sull’isola. Ero arrivato ad averne 6.000 esemplari, poi ridotti a 3.000. So però che tanti scrittori non hanno avuto la mia fortuna e tuttora non conoscono Carver, Capote, Houellebecq».

La critica spesso la associa a Bukowski e al realismo sporco.

«Sono etichette commerciali. Quando ho scritto la Trilogia Bukowski non lo conoscevo».

Ha detto di voler vivere per sempre a Cuba, come si immagina il futuro?

«Fra 10 anni si vivrà meglio che ora. C’è chi vuole trasferirsi negli Usa ma io no, non ci vivrei per nulla al mondo».

Nel suo romanzo ci sono critiche dure a quello che era Cuba: «Volevano trasformarci in robot», «ci volevano proletari, cioè schiavi». Ci sono riusciti?

«Io faccio letteratura, non critiche. Non ho alcun credo politico, non voglio più dedicare nemmeno un minuto alla politica, non serve. Racconto la vita reale, il significato poi lo cerca il lettore e la conclusione toccherà agli storici».