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Prima di dirti addio, Biagio Mazzeo

Autore: Francesca Schipa
Testata: Diletti e riletti
Data: 22 maggio 2016
URL: https://dilettieriletti.wordpress.com/2016/05/23/prima-di-dirti-addio-biagio-mazzeo/

Non voglio parlarvi di un libro, ma di un uomo: perché, più della storia e delle storie, mi preme seguire fino in fondo la parabola della stella nera di Biagio Mazzeo.

Partendo da quel Biagio con cui ci scontriamo a muso duro in Una brutta storia, poliziotto della squadra Narcotici, che possiede e guida la “sua” squadra come un pater familias. Lungi da qui l’immagine del padre amorevole, bisogna pensare a tale definizione nel senso originario del termine: il capo di un clan, cui tutti i membri devono obbedienza e fedeltà assolute. Tale è Mazzeo e tale è la Narco, clan che racchiude in sé un cuore buio, e lega strettamente i membri in un patto inviolabile.

Se loro stessi ci abbandonano, dicevo, allora dobbiamo farci forza e proteggerci a vicenda, ragazzo, come una famiglia. L’alternativa è morire soli… Se non ci proteggono, se non ci danno ciò che ci spetta, allora,cazzo, io dico di prendercelo da soli…

Mazzeo e i suoi uomini sono ben lontani dall’immagine del buon poliziotto, e non sono pochi in cui considerarli anche lontanamente “forze dell’ordine” è impossibile: in loro covano istinto e avidità, desiderio di potere fino all’eversione e senso dell’impunità. Per queste ragioni, e per tutte quelle che si accumuleranno nel corso delle loro storie intricate, Biagio Mazzeo e i suoi uomini formano un corpo compatto, incurante del pericolo fino ad essere sprezzante, impenetrabile, intoccabile. Tagliano il marcio ma solo se dal marcio possono trarre vantaggio, perseguono un bene che non conosce maiuscole, perché è il loro bene che conta innanzitutto; non conoscono dubbi, stanchezze, soste.

Corre nella Giungla, Mazzeo, e dietro lui, sulle sue tracce, come una muta di pantere mai sazie, corre la sua famiglia. La Narco.

Santo, Varga e Vito, Claudia e Oscar, Biagio e Donna, o chiamiamoli la rossa, l’albino, l’amica d’infanzia, il capo: ognuno dei membri -e tutti coloro che attorno ad essi ruotano, nel bene e nel male- ha caratteristiche e sfaccettature diverse, donne e uomini, reali e imperfetti. Come ognuno di noi, non sono mai del tutto cattivi, anzi amano, soffrono, si aiutano; ma di certo non sono buoni e son capaci di macchiarsi anima e mani senza remore: questo ce li rende vicini e opposti, amabili e odiosi a tratti, a seconda delle circostanze, delle azioni e degli umori. Un muro di carne viva con una sola testa e tante bocche feroci il cui impatto è letale.

Ma anche nel muro più compatto si può aprire una crepa, nella foresta più intatta può annidarsi il pericolo. E più dell’avidità, più della sete di potere o di denaro, più dell’avversione di superiori e nemici, può il desiderio di vendetta, motore della storia di Biagio, della sua squadra. Ad ogni ostacolo posto in essere dai nemici, ad ogni tradimento -o presunto tale- di un amico corrisponde una reazione che per ferocia e impulsività non ha nulla da invidiare all’azione che l’ha generata: nel sistema corrotto che Biagio governa non c’è spazio che per la sua legge, infrangerla significa esserne estromessi con la violenza. Il perdono non è contemplato.

Se questo gruppo ferino al di fuori e al di sopra della legge suscita all’incontro, come dicevo, reazioni di ammirazione e ripugnanza, questo vale in particolar modo per Biagio Mazzeo. La sua freddezza è sovrumana, come il colore glaciale dei suoi occhi, il suo disprezzo per il resto del mondo è totale: si fa strada nella Giungla con l’uso dell’astuzia e della violenza; e all’apparenza nulla può toccarlo.

Nel corso della vita, però -intendo la vita dei quattro romanzi di cui è titanico protagonista- Mazzeo subisce un processo di umanizzazione, e questo avviene attraverso l’esperienza del dolore. Se è vero che amare significa mostrare i propri punti deboli e perciò stesso diventare vulnerabili, Biagio impara ad amare e a farsi amare. Ma il suo sentimento -che non conosce mezze misure- consente ai suoi nemici di colpirlo dov’è certo di ferire a morte. Le persone che ama, in primis le donne, conoscono una morte terribile nonostante Mazzeo tenti con ogni mezzo di proteggerle: ogni qualvolta ama, qualcuno lo annienta strappandogli l’oggetto del suo amore, ma spogliandolo anche di quella patina di invincibilità e durezza da superuomo che ce lo faceva detestare, pur amandolo come personaggio (dicotomie da lettore!).

La condanna di Mazzeo, nell’inferno che è la sua vita narrata, è perdere tutto in un inarrestabile precipitare: la squadra, il potere, gli amici, l’amore.

E quando non gli resta più nulla se non sprofondare in un dolore senza eventualità di sollievo, possiamo accettarlo come uomo, finalmente: e prima di dirgli addio sentire che Biagio Mazzeo ha già iniziato a mancarci.

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Della creazione di tale controverso personaggio dobbiamo ringraziare Piergiorgio Pulixi, che sono certa non smetterà di affascinarci con i suoi scritti. Qui di seguito e in ordine cronologico le (splendide) copertine dei quattro romanzi del ciclo Mazzeo.