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Mosquito di Roma Tearne

Autore: Marilia Piccone
Testata: Wuz.it
Data: 22 aprile 2009

Insieme alle zanzare era arrivata una nuova razza di donne dalla parte settentrionale dell’isola. Come le zanzare, erano venute con la pioggia. Ma a differenza deglio insetti, le donne erano piene di un nuovo tipo di disperazione e una rabbia spaventosa. Il loro desiderio di vendetta era più grande del loro interesse nella vita. Erano state addestrate; un esercito intero di psicologi aveva instancabilmente lavorato su di loro per plasmare le loro menti impressionabili. Lo scopo della vita delle zanzare femmina è la continuazione della specie, ma alle kamikaze tamil del futuro non importava niente.

Bella, come solo qualcosa che appartiene alla natura può essere, eppure mortale: è così che la zanzara della malaria diventa il simbolo dello Sri Lanka in Mosquito, l’ottimo primo romanzo di Roma Tearne, nata nello Sri Lanka ma emigrata a dieci anni con i genitori in Inghilterra, dove vive tuttora. L’inizio del romanzo può apparire quasi idilliaco: lo scrittore quarantacinquenne Theo Samarajeeva è tornato a vivere sull’isola dopo molti anni di assenza, abita in una casa quasi sulla spiaggia, con un giardino lussureggiante sorvegliato da due leoni di pietra; durante una sua lezione nel vicino collegio una studentessa gli fa delle domande, poi fa amicizia con lui, va a trovarlo, è una straordinaria pittrice, Theo se ne innamora. Eppure, anche in queste pagine per un certo verso romantiche, ci sono delle ombre, c’è come il rombo del tuono che si avvicina. Veniamo quasi subito a conoscenza della tragedia della giovane vita di Nulani: suo padre, un poeta, era stato barbaramente ucciso sotto i suoi occhi dai Tamil, l’etnia separatista che reclamava l’indipendenza- era bruciato come una torcia umana, senza che nessuno intervenisse a dargli aiuto.

Dobbiamo attendere più a lungo per sapere che cosa abbia riportato Theo nello Sri Lanka, con una guerra civile in corso - proprio lui, che è inviso ai singalesi per le sue simpatie verso i Tamil. E, comunque, sembra del tutto naturale che due persone che hanno entrambe subito gravi perdite e che hanno una sensibilità artistica che li avvicina, si innamorino nonostante la differenza d’età. Ma… anche nel giardino con la bouganvillea fiorita di Theo, proprio come nel giardino dell’Eden, si insinua il Male - qualcuno scaglia dentro un pollo, segno di malocchio, e poi si sentono dei rumori, e si vedono dei fari di un’automobile sulla strada. Quando Theo e Nulani si recano a Colombo, per mostrare i quadri di Nulani all’amico pittore di Theo, la loro auto viene fermata ai posti di blocco, devono fare una deviazione: un incidente? si potrebbe anche definire così, ma sarebbe meglio dire che c’è stato un attentato. Sono tutti segnali del pericolo che incombe, di quanto l’isola si sia trasformata durante l’assenza di Theo Samarajeeva. E un personaggio minore rappresenta bene tutto questo - Vikram, il ragazzo Tamil a cui è stata trucidata la famiglia. Lui, bambino, si era nascosto sotto il letto e aveva sentito le urla. Adesso è stato reclutato dalle Tigri e viene addestrato per delle azioni terroristiche: si deve svegliare l’attenzione del mondo, solo la violenza estrema può focalizzare gli sguardi sulla piccola isola.

Finirà che Theo sarà una vittima di questa violenza, proprio lui, ‘un uomo bravo’, come lo definisce il suo servitore (splendida figura niente affatto servile), un uomo che credeva di essere coraggioso fino a che non sarà umiliato, piegato, spezzato dalla tortura, sia fisicamente sia spiritualmente. Theo perderà anche la memoria: è per proteggere dalle brutture della guerra quello che ha di più caro? Certamente- se la memoria è ‘l’occhio benedetto della solitudine’ (come dice Wordsworth)- con la memoria Theo perde anche una possibilità di conforto. E l’arte? A che cosa serve l’arte in un mondo cruento? A Theo hanno spezzato le dita, non riesce a scrivere; gli amici di Theo hanno messo in salvo Nulani, ma- l’aveva scritto Theo in un romanzo- “Nessuno dovrebbe andare in esilio. Perché è un’umiliazione troppo difficile da superare.” Lasciamo al lettore il piacere di scoprire che cosa accada ai personaggi di questo libro che è veramente molto bello, percorso com’è da una forte tensione tra i due estremi dell’amore e della morte, della bontà e della bellezza che si scontrano contro la spietatezza e la violenza, scritto in uno stile pittorico. Solo a lettura terminata siamo a venuti a conoscenza del fatto che Roma Tearne è anche pittrice, proprio come Nulani, e non ce ne siamo stupiti. Perché solo una scrittrice pittrice poteva rendere in un modo così visivamente vivido i paesaggi, le atmosfere, persino la realtà nascosta che filtra attraverso i quadri della sua protagonista pittrice.