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CARLOTTO «Manca solo un omicidio...»

Autore: Andrea Schiavon
Testata: Tuttosport
Data: 5 agosto 2016

Più si avvicina il momento dell’accensione del braciere, più il buio si fa fitto intorno ai Giochi di Rio. Doping, corruzione, complotti veri o presunti: prima ancora di cominciare, questa Olimpiade somiglia già a un noir. Ci vorrebbe un Alligatore per le strade di Rio, un uomo pronto a indagare e andare al di là delle verità di comodo e di parte, propinate da politici avidi, dirigenti senza scrupoli e avvocati prezzolati. Questa edizione olimpica riproduce la trama di un poliziesco: lo pensano gli spettatori, lo scrivono gli autori che hanno partecipato a “Giochi di ruolo al Maracanã”, la raccolta di racconti che le edizioni e/o hanno pubblicato in queste settimane riunendo in un unico volume alcuni tra i migliori scrittori noir d’Italia. E, tra loro, non poteva mancare Massimo Carlotto, il creatore dell’Alligatore.

«Il progetto di questa raccolta è partito oltre un anno fa con Paolo Foschi (giornalista del Corriere della Sera che ha dato vita alla saga del commissario Igor Attila ndr): abbiamo deciso di inserirlo nella collana Sabot/age, che curo personalmente, e si è sviluppato sino a coinvolgere nove diversi autori».

Perché un gruppo di scrittori noir decide di dedicarsi ai Giochi Olimpici?

«Di base c’è l’interesse di ognuno di noi per le Olimpiadi. Sono abbastanza vecchio da poter dire di essere cresciuto con il mito di Livio Berruti».

E con quale sport si misurava il giovane Carlotto?

«Rugby. Molti chili fa giocavo ala nel Petrarca. Sono ancora malato di questo sport anche se è cambiato il mio ruolo: ora spino birra nei terzi tempi del Cus Padova».

Come giudica il ritorno della palla ovale nel programma olimpico?

«Onestamente lo trovo una forzatura. Non capisco questa smania di allargare l’ambito dei Giochi».

29 libri, contando solo i romanzi, in 21 anni. Murakami, che ama la corsa, dice che ci vuole fisico anche per scrivere. Lei come fa?

«Io seguo molto sport alla tv, ma non lo pratico. Il segreto per scrivere tanto? Sono mattiniero e metodico: questo mi permette di lavorare su più progetti contemporaneamente, anche quando sono in giro per le presentazioni. E poi, naturalmente, serve una quantità di ore impressionante davanti al computer».

A settembre uscirà (per Rizzoli) un suo nuovo romanzo, “Il Turista”. Cosa cambia rispetto a quelli che l’hanno preceduto?

«Questa volta ho deciso di dire la mia sul thriller e sui serial killer».

In queste settimane nel mondo dell’editoria fa discutere il braccio di ferro tra Torino e Milano per il Salone del Libro. Da autore, come si schiera?

«Sono scandalizzato: lo spostamento a Milano mi sembra una follia, dettata dall’interesse di pochi. Da quando scrivo non sono mai mancato. E per me il Salone è Torino. Punto».

Tra i nove autori coinvolti in “Giochi di ruolo al Maracanã” c’è una sola donna. Non è che il noir è un mondo troppo maschilista?

«Cerchiamo autrici da anni e, per questo, ci teniamo stretta Patrizia Rinaldi (l’unica voce femminile della raccolta ndr). Da parte mia non c’è nessun maschilismo, anzi: sono convinto che le donne siano più brave degli uomini nel noir».

Nel momento in cui avete individuato i vari autori, che linee guida vi siete dati?

«Non c’è stato nessun input: ogni autore era libero di esplorare i cerchi olimpici seguendo le proprie passioni».

Da conoscitore dell’America Latina e del Sud America, cosa si aspetta da Rio?

«Seguo con attenzione le tensioni sociali che attraversano il Brasile e mi spaventa il livello di violenza, anche da parte delle istituzioni. Indagare in Brasile significa rischiare la vita, non a caso il mio racconto è dedicato agli omicidi che negli ultimi tempi hanno coinvolto giornalisti. Uno in particolare mi ha colpito: quello di Gleydson Carvalho, ucciso mentre era in diretta radio».

Doping, corruzione, a questi Giochi che sono già un noir manca solo un omicidio...

«Speriamo di no. Quello lasciamolo solo sulla carta».