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In bilico sul mare

Testata: L'arcilettore
Data: 27 maggio 2009

In un’isola gialla e rosa, dove l’acqua arriva con le cisterne e internèt non arriva proprio, Salvatore, vent’anni, bello come Raul Bova, ha due vite: una estiva, l’altra invernale, come i lati del materasso. Quando inizia la stagione calda prende la sua barca bianca per portare in giro i turisti. D’inverno cambia tutto. Il cantiere edile, il lavoro nero. E’ lì che Salvatore incontra Atanganà, un ragazzone che viene dal Camerun, che non parla mai e ride sempre. Atanganà un giorno perde l’equilibrio da un’impalcatura. Salvatore lo salva, trattenendolo con tutta la forza per un piede, scarpa numero 45, lacrime che scorrono al contrario. Tra la sua mano e quel piede, il cielo diviso, un azzurro per volare e un azzurro per cadere. Atanganà non ha il permesso di soggiorno, così viene espulso. E Salvatore, improvvisamente, comincia a sentire qualcosa dentro, ma non è in grado di dare un nome a quel malessere, perché lui è ignorante. Poi torna l’estate. Sulla sua barca, con tanto di tendalino, fa l’amore con Jessica, che studia all’università di Genova e vuole diventare giornalista come Oriana Fallaci.

Salvatore ne ha avute tante di ragazze, ma quella Jessica-Zizze di nespola, che parte e scompare, senza neanche rispondere ai suoi messaggi sms non riesce a dimenticarla. Il male dentro torna prepotente e un medico gli annuncia anche il nome: un tempo lo chiamavano esaurimento nervoso, ora si dice depressione. Salvatore non mangia più, non vuole più niente. Si dimentica addirittura come si fa a camminare. Però, a volte, per fortuna, i miracoli capitano. Jessica ritorna e la vita rinasce con lei. Salvatore vuole a tutti i costi proteggere il suo amore. Come nel film della Sirena bionda di Manhattan, quando il protagonista si getta in mare per raggiungerla, lui è pronto ad arrivare a nuoto, sott’acqua, fino a Genova. Un semplice tuffo, infine, lo attende. Deve solo ricordarsi dove mettere i piedi. In bilico sul mare è una piccola storia che, con quella tenerezza ruvida che contraddistingue buona parte della produzione narrativa femminile odierna, riesce a interpretare grandi temi eterni e grandi tragedie contemporanee.

Amore e amicizia, male di vivere e morti bianche, qui hanno la voce di Salvatore, che nella lingua che gli sta incollata come la pelle, con una semplicità spiazzante e una profondità inconsapevole trova le parole, forse le più vere, che ci fanno guardare a questo mondo di “umili”, con un velo di malinconia autentica e una tristezza muta, incolore. Come la morte, che non può essere bianca. “Perché bianca è una sposa tutta felice. E’ la neve, che ho visto poche volte, ma ti lascia incantato. E’ la prima pagina del quaderno quando andavo a scuola, che era bella perché tutta da scrivere e non c’erano ancora gli errori e i brutti voti… Rossa no, perché fa ancora più impressione. Verde nemmeno. Sembra una cosa ecologica. Gialla fa venire in mente una malattia africana. Blu è come il mare e sarebbe un controsenso. Forse marroncina. Come i pesci schifosi del porto… Che a quello scrittore famoso mai gli poteva venire in mente, vedendo una morte così, di paragonarla all’amore.” Anna Pavignano, ricordiamolo, ha scritto con Massimo Troisi le sceneggiature di tutti i suoi film, da Ricomincio da tre al Postino, per il quale ha ottenuto una candidatura all’Oscar.