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Sulle tracce di Heisenberg

Autore: Stefano Gattei
Testata: Corriere della Sera - La Lettura
Data: 30 ottobre 2016

«Certe domande rimarranno a lungo anche dopo che chi le ha fatte è morto. Si aggirano come fantasmi, cercando le risposte che non hanno mal trovato In vita». Così Michael Frayn in Copenhagen (1998), opera teatrale basata sull'incontro del 1941 tra Niels Bohr e Werner Heisenberg. Il vecchio maestro e il suo allievo migliore si lasceranno senza essersi capiti e conserveranno ricordi diversi di quella notte. Le strade si divisero: Bohr negli Usa; Heisenberg in Germania. Ma entrambi lavorarono a programmi atomici. A 26 anni Heisenberg scoprì il «principio di Indeterminazione», alla base della fisica del quanti: maggiore la precisione con cui misuriamo la posizione di una particella, maggiore l'incertezza circa la sua quantità di moto. Nel libro Il principio (traduzione di Alberto Bracci Testasecca, edizioni e/o, pp.143, €14) Jérome Ferrari ripercorre la vita del grande fisico: prima studente a Gottinga, poi gli anni di apprendistato con Bohr, quindi professore a Lipsia. Fino al premio Nobel nel 1932, alla guerra, alla controversa posizione nei confronti del nazismo, ai mesi di reclusione a Farm Hall. Non è una biografia, né un romanzo storico: l'autore intrattiene con Heisenberg un dialogo a distanza, indagando i dilemmi etici di uno scienziato in un contesto drammatico. Ferrari si pone domande, non dà risposte; estende al protagonista il principio di indeterminazione da lui scoperto: non raggiungeremo mai il fondo delle cose, non per incapacità, ma perché «le cose non hanno fondo». Nella convinzione però, che indeterminazione non significhi irresponsabilità.