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ANGELO CHE SEI IL MIO CUSTODE – GIORGIA LEPORE

Autore: Antonella Albano
Testata: Diario di pensieri sparsi
Data: 13 gennaio 2017
URL: http://diariodipensieripersi.it/angelo-mio-custode-giorgia-lepore/

Ho letto Angelo che sei il mio custode di Giorgia Lepore molto velocemente e in due grandi ondate, sia per circostanze esterne – e sono anzi grata a Gerri Esposito di avermi intrattenuto per una lunga notte di veglia – sia per una interna fascinazione. È raro e prezioso quando un libro ti fa quest’effetto.

Nella presentazione a cui in precedenza avevo con piacere assistito, l’autrice aveva sottolineato che il ciclo, iniziato con I figli sono pezzi di cuore (e/o, giugno 2015), ha un suo svolgimento seriale con una trama orizzontale voluta e pensata. In altre parole, questo inquieto e affascinante ispettore, che nasconde ai più la sua origine zingara, non rimane immutabilmente se stesso, come succede a molti celebri investigatori di serie italiane e straniere. A volte l’elemento seriale può essere una trama specifica sensibile, che dice del protagonista e del suo entourage qualcosa di importante, come per esempio nel caso della sezione Q del danese Jussi Adler Olsen, oppure può essere una sostanziale fissità, nell’evolversi lentissimo di un affaire sentimentale, come per il commissario Luigi Ricciardi di Maurizio De Giovanni.

Per Gerri Esposito l’elemento seriale è un lento disvelamento del proprio io a noi lettori e a se stesso, nel rapporto con le sue origini, col trauma dell’abbandono, con le sue tante donne, ciascuna preziosa eppure al fondo irrilevante. La mutevolezza di quest’uomo si radica nella negazione di un antico rapporto di appartenenza, e nell’affermazione più o meno consapevole di altri rapporti fondanti, che l’hanno reso quello che è, e noi lo scopriamo insieme alle sue fidanzate, spesso avvinte a lui da un’attrazione fatale e poi percosse dall’istinto fortissimo di scappare e di salvarsi.

Giorgia Lepore trafigge il suo protagonista, che non rimane uguale né fisicamente né psicologicamente. Il male non scorre sui di lui come l’acqua su un sasso: i cattivi a volte rimangono impuniti, trasformando Gerri in un perdente, in base agli schemi classici del giallo, a volte feriscono, azzoppano, segnano per sempre.

E così ritroviamo l’ispettore Esposito all’inizio del romanzo, quasi distrutto dalle pallottole che lo hanno colpito. Se la sua carriera non è pregiudicata per sempre è solo grazie al suo capo Marinetti, che lo protegge e scruta i suoi bruschi cambi di umore come farebbe un mentore e, di più, un padre. Ma Gerri non conosce paternità e non conosce figliolanza. Vive solo una controversa nostalgia per questi legami, quella con i fratelli o quella con i bambini, e li riscopre nelle persone intorno a lui, quando si concede, quando inopinatamente una porta si apre nel suo cuore e nasce una naturalezza rara, attesa e considerata da quelli intorno a lui come un miracolo. Tutto avviene durante una vicenda che è occasione di questo viaggio dentro se stesso: Gerri Esposito indaga sul ritrovamento dello scheletro di un bambino e sulla scomparsa di due minori, e le indagini conducono a un posto antico e importante del Gargano: il santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo.

È infatti necessario oltre che gustoso segnalare di questo libro l’ambientazione. Angelo (non di Dio, forse del diavolo, forse degli incubi degli uomini) che sei il mio custode trova luogo, anzi direi sguazza con goduria, nel mito micaelico, che conduce al santuario di San Michele arcangelo a Monte Sant’Angelo e in quello piemontese della Sacra di San Michele. Il terzo punto della linea retta che taglia in due l’Europa è Mont Saint-Michel, in Francia. Le origini longobarde dei siti, la primitiva conversione di questo popolo al fascino dell’angelo guerriero, l’ancestrale alterità di questi luoghi suggestivi di mito e, per chiunque conosca e gusti l’archeologia, di scavi altomedievali danno sapore alla storia, ricoprono di terminazioni nervodse la sua ossatura.

Giorgia Lepore è presente nel romanzo con le sue passioni, eppure Gerri rivendica l’indipendenza dalla sua autrice, gode di vita propria, con tutti quei vezzi tipicamente e a volte biecamente maschili che gli sono propri. I lettori alla fine si sentono fortunati, perché solo loro entrano nei suoi pensieri, nei suoi cortocircuiti mentali e affettivi, in quella sua capacità di astrarsi in una bolla di solitudine e di partecipare a volte così profondamente del destino degli altri da sentirsi inadatto… a tutto.

In fondo la faccenda è più complessa di quella sorta di romanzo di formazione che può essere il cambiamento che la vita ci provoca: Gerri Esposito è uno capace di infrangersi, tanto da temere per la sua sopravvivenza stessa come personaggio, sforando in quel timore che è proprio della vita stessa, quando non ci sono cammini lineari da rivendicare come certi.