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A passeggio per il Novecento tra ironia e poetica

Autore: Martina Sacchi
Testata: Viaggio nello scriptorium
Data: 28 febbraio 2017
URL: https://viaggionelloscriptorium.com/2017/02/28/a-passeggio-per-il-novecento-tra-ironia-e-poetica/

Marco Rossari l’ho incontrato per la prima volta durante la manifestazione culturale I Boreali tenutasi meno di un mese fa qui a Milano e organizzata dalla casa editrice Iperborea. Era ospite di un evento particolare, il cosiddetto Pugilato Letterario (v. qui), uno scontro tra scrittori che si svolge in sei round avente ad oggetto del contendere il valore di un determinato libro e del suo autore.

Rossari, pagine alla mano, ha distrutto ai miei occhi il fenomeno letterario del nord, Karl Ove Knausgård, vincendo a man bassa una partita per nulla facile; che poi fosse davvero convinto di quanto sostenuto nel combattimento non posso dirlo con certezza perché nel Pugilato prendi una posizione e la tieni caparbiamente, sostenendola fino alla fine per trionfare. Ho riso tantissimo, ve lo dico.

A casa avevo già “Le cento vite di Nemesio”, il romanzo di Rossari edito e/o, uscito nel 2016; prenderlo dal comodino ed iniziarlo è stato un atto quasi inconscio. Ed è diventata poi una cosa bella.

Le storie talvolta sono come coperte sotto alla quali ci si nasconde nell’avvolgersi di una trama, senza sforzarsi in concentrazione ma lasciando che tempo e spazio si assorbano nelle parole lette. Quando questo succede abbiamo tra le mani un libro che pesa di bontà e che arricchisce senza impegno.

Nemo è un uomo nato da uno sperma vecchio, quello di un padre che si chiama come lui ma che non ha mai scelto di abbreviare il proprio nome a sinonimo di nulla; Nemesio è nato nel 1899 e ha vissuto cento anni o sarebbe meglio dire che ha vissuto I CENTO anni, quelli importanti, quelli che a scuola dovrebbero insegnare di più, quelli che hanno dipinto il mondo di tonalità di colore sempre diverse, quelli che ci hanno permesso di ottenere un bagaglio culturale unico, quelli che hanno distrutto generazioni, ne hanno create altre, hanno pianto sui muri, hanno dipinto sulle tele, hanno innalzato parole estreme a baluardo di civiltà.

Padre e figlio non si parlano da tempo, isolati nelle proprie rispettive realtà; sarà soltanto grazie ad un colpo apoplettico che finalmente due vite riprenderanno paradossalmente a fondersi. Con Nemesio in ospedale, appeso al filo delle Moire sempre più sottile, Nemo comincerà a viaggiare nottetempo nella realtà onirica, ritrovandosi a percorrere la storia di suo papà in rocambolesche avventure popolate dai più brillanti e assurdi personaggi, nomi noti, nomi inventati.

Ogni mattina si sveglierà con un pezzo in più, una macchia in più, una formicolio in più; ogni mattina si avvicinerà alla figura paterna tanto invidiata, odiata o ammirata, aspettando che riscenda la sera e riprendano i sogni.

Riappropriarsi della propria identità di figlio rivivendo le gesta del padre, sarà per Nemo come una rinascita, il riscatto del cominciare a sapersi vivere come uomo, la voglia di abbracciare un mondo che pensava non avesse per lui alcun interesse, l’abbandono del vittimismo e il recupero di un tempo che stava scorrendo senza che nulla accadesse.

E infine il sogno si riunisce al ricordo, entrambi poli di attrazione della realtà percepita e che non per forza deve essere assoluta; magari la vita di Nemesio non è stata così folle, così al limite, così straordinaria e magari Nemo non ha mai avuto modo di scorgere la disillusione del padre pittore, poeta e pensatore. La verità delle cose che accadono ha sempre un peso specifico, ma diventa personale nel momento stesso in cui la si introietta facendola propria come esperienza.

Ecco, questo libro parla di Storia, di storie, di ricordo, di immaginazione, di sogni, di viaggi, di senso, di nonsenso, di amicizia, di amore, di poesia, di purezza, di risate, di ironia, di cinismo.

Questo libro ci dà in pasto il Novecento nel modo più divertente e azzeccato possibile, come un cacio e pepe preparato alla perfezione, la cui sottile piccantezza rimane a riposare sul palato per un po’. Arguto Rossari.