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L'amore del bandito

Autore: Francesca Colletti
Testata: MilanoNera web press
Data: 24 settembre 2009

E’ l’amore che muove il mondo. Anche quello della criminalità organizzata. L’amore dei banditi: quello del gangster serbo e quello dell’italiano, Beniamino Rossini, il malavitoso milanese amico di Marco Buratti, l’Alligatore, l’investigatore privato senza licenza che non usa armi, beve solo Calvados (ricordo di una storia d’amore finita) e ascolta soltanto musica Blues (in memoria dei tempi in cui era il cantante degli Old Red Alligators) nato dalla penna di Massimo Carlotto. L’Alligatore, eroe sempre più malinconico e seducente, è tornato. Dopo sette lunghi anni di assenza, anni passati a lavorare su una storia drammatica e mozzafiato, quella che, da oggi, possiamo leggere ne L’amore del bandito. Il rapimento di Sylvie, la danzatrice del ventre franco-algerina, la donna di Rossini, scatena una caccia all’uomo che si muove tra l’Italia e l’estero e attraversa gli anni. L’Alligatore, Rossini e Max la memoria, sono i protagonisti di questo affascinante esperimento letterario fatto di continui flash-back e flash- forward che cerca di arrivare alle origini dell’odio per capire i motivi che hanno scatenato il rapimento. Si torna indietro così sino al 2004, anno del furto, dall’Istituto di medicina legale di Padova, di quarantaquattro chili di droga pesante, furto su cui indagano da un lato le forze dell’ordine e dall’altro la criminalità organizzata. Servizi segreti, mafie internazionali e criminalità locale, in una lotta di tutti contro tutti senza colpi ferire che asseconda e fomenta l’odio etnico sullo sfondo di una Padova sempre più snodo degli appetiti di tutte le mafie. Lo aveva detto Carlotto che sarebbe stato l’ideale seguito di Nessuna cortesia all’uscita e che ci avrebbe offerto una panoramica sui vari sistemi mafiosi stranieri che dilagano in Italia e il Nord est.

In un’intervista del 1999 aveva dichiarato: “Quando hanno iniziato a sbarcare gli albanesi, giudici e poliziotti si sono affrettati a dire che non c’era pericolo di una delinquenza organizzata. Invece c’era e come, ed io l’ho subito detto. La realtà è che negli ultimi tre anni tutto è cambiato, che oramai la malavita italiana è soppiantata da albanesi ed altri gruppi stranieri, con un aumento molto forte anche della violenza, che è ormai di stampo americano”. L’amore del bandito è il racconto dettagliato della strategia organizzativa delle nuove mafie che assorbe le strutture già esistenti e le controlla da dietro le quinte, così “quella che era stata la prima generazione di criminalità straniera a Padova si era ridotta a una truppa di galoppini per le forti divisioni interne e la scarsa propensione allo scontro armato”. E’ la storia romanzata di malavita che diventa cronaca di tutti i giorni. Quella fatta di organizzazioni in grado di soddisfare “qualunque fantasia potesse albergare nella mente di un riccone”. E’ la lucida e sapiente descrizione della realtà del Nord Est in cui si muovono personaggi disperati, spietati, indifesi e contraddittori, così com’è contraddittoria la realtà. Quella di un nord est dei ristoranti per cocainomani: “cucina appena passabile, ambiente discreto, in cui si serve il solito vino costruito dall’enologo del momento con uno sgabuzzino posizionato strategicamente tra le porte dei bagni dove la moglie del proprietario si preoccupa di far trovare piste e cannucce sempre pronte a disposizione dei rampanti sniffatori di ambo i sessi”. La realtà di un mondo in cui “tutti fottono tutti”, vuoto, assuefatto e insensibile agli orrori di tutti i giorni, in cui lo straordinario negativo diventa ordinario. Ogni volta però Carlotto, come un rabdomante, da questo ordinario negativo riesce a scovare e narrare quell’umanità, poesia e bellezza che ancora esistono e che muovono il mondo.