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Quasi un saggio sulle organizzazioni mafiose dell'Est l'ultimo noir di Massimo Carlotto - Politica e crimine, la verità attraverso i romanzi

Autore: Vito Santoro
Testata: Liberazione
Data: 20 ottobre 2009

La narrativa di Massimo Carlotto nasce sempre da un'urgenza politica e sociale. Per lo scrittore padovano, infatti, la letteratura ha preso il posto del giornalismo d'inchiesta, imprigionato da una raffica di querele intimidatorie. Così nel momento in cui è più che mai evidente il fatto che il pilastro strutturale del "sistema Italia" si regge sul rapporto tra criminalità organizzate e mondo politico, imprenditoriale e finanziario, tocca ai romanzi farsi portatori di quelle verità, che non si leggono altrove e che non si vedono nelle sedicenti trasmissioni televisive di approfondimento giornalistico, schiacciate dalla censura politica e dalle regole dell'infoitaiment.

Con questo suo nuovo L'amore del bandito (e/o, pp. 208, euro 15,00), Carlotto torna nel Nordest (e non solo letterariamente, visto che da circa un anno ha lasciato Cagliari per tornare a vivere nella natia Padova) e riporta sulla scena dopo una lunga assenza il suo anti-eroe, Marco Buratti, l'Alligatore, affiancato, come al solito, dall'anziano bandito Beniamino Rossini e dall'analista Max la Memoria, già protagonisti di cinque libri, pubblicati tra il 1995 e il 2002.

La vicenda inizia con il furto dall'Istituto di medicina legale di Padova di 44 chili di sostanze stupefacenti. Un furto tanto clamoroso quanto pieno di inquietanti interrogativi. Perché il laboratorio custodiva una quantità così notevole di droga pesante quanto per gli esami tossicologici ne bastano pochi grammi? Come hanno fatto i ladri a procurarsi la password necessaria per entrare e come hanno fatto a non lasciare alcuna traccia? Quando la notizia inizia a girare, il mondo della mala entra in fibrillazione. In particolare, un criminale serbo cerca in tutti i modi di ottenere che l'Alligatore e i suoi sodali mettano le proprie capacità investigative al servizio della risoluzione del caso. I tre, nonostante varie minacce e intimidazioni, rifiutano: il loro tutto particolare senso dell'onore gli impedisce di stabilire un qualsiasi rapporto con il mondo del narcotraffico.

In seguito ad un alterco, lo slavo viene ucciso da Rossini. Questo suscita la vendetta della compagna della vittima - Greta, spietatissima capomafia - che fa rapire Sylvie, la amatissima donna dell'anziano bandito. E' l'inizio di una vicenda drammatica e intricata che si dipana dal Nordest alla Svizzera, alla Francia. Una vicenda raccontata da Carlotto con la sua efficacissima scrittura asciutta, cadenzata sui ritmi della musica blues, con una vera e propria colonna sonora interna al testo, che va dai classici Mary Gauthier, Percy Mayfield, Elmore James al bluesman veneto Marco Balestracci.

Ma L'amore del bandito non è soltanto un noir mozzafiato strutturato sulla base di un meccanismo narrativo perfetto, "ad orologeria", ulteriore conferma della maestria dello scrittore padovano nello gestire plot particolarmente complessi. Questo libro si configura come un vero e proprio romanzo-saggio sull'affermazione delle grandi organizzazioni mafiose dell'Est, nate in seguito all'implosione del socialismo reale (interessante la lettura che fa Carlotto della guerra del Kosovo, vista come il tentativo di dare vita ad un vero e proprio "stato criminale" alle porte d'Europa) e sulla catastrofe ambientale, antropologica e culturale che si abbattuta sul Nordest d'Italia. Qui l'idea di "progresso" promossa dalle dottrine ultraliberiste globali - "progresso scorsoio" l'ha definito il poeta Andrea Zanzotto - ha scatenato quella "forza barbara", che permea fin nelle radici la terra veneta. Quella forza arcaica e viscerale, quella vitalità indomabile, capace di mutare l'ambiente, la società e il suo destino, così ben descritta da Goffredo Parise nelle celebri pagine di Veneto "barbaro" di muschi e nebbie. Ne è derivata una dilatazione urbana senza limiti, lo sviluppo di un vero e proprio continuum industriale-cittadino, che ha reso l'esperienza spaziale del tutto "disorientante".

Carlotto evidenzia bene l'infelicità diffusa della gente del Nordest, infelicità testimoniata dall'uso massiccio di droghe: «Cocaina al primo posto. Una botta di vita prima e dopo il lavoro e, per divertirsi, il fine settimana. Altrimenti che fatica, che noia». In questo senso, le ronde leghiste non rappresentano altro che il bisogno di ristabilire un controllo diretto del territorio; cioè il bisogno di rifondare vecchi legami sociali, magari a partire dalla individuazione di un nemico, di un altro, di un intruso, vale a dire il "foresto", lo straniero. Al prezzo però - avverte lo scrittore padovano - di preparare il terreno per quella caccia al clandestino che si è aperta con l'approvazione del pacchetto sicurezza. Legge che ha i più grandi sostenitori nelle mafie serba, russa e kosavara, affermatesi nel Nordest e gestite spesso da ex esponenti delle forze armate e dei servizi segreti. Mafie che così si liberano della concorrenza della microcriminalità e, al contempo, traggono ingenti guadagni da quegli extracomunitari che vogliono tentare la sorte in Italia, costringendoli a rivolgersi a strutture gestite dalle varie criminalità: agenzie di viaggio che per la somma di 3500 euro forniscono visti turistici tedeschi validi per l'intera area di Schengen o organizzazioni capaci per 8000 euro di imbastire matrimoni fittizi e magari di ottenere la complicità di qualche funzionario compiacente. Per non parlare del commercio dei farmaci contraffatti, che «vanno alla grande tra i clandestini, che non si fidano più a presentarsi negli ambulatori e negli ospedali».

Eppure esiste una forza capace di rovesciare questo sistema economico criminale capace di metastatizzare le istituzioni e le parti più sane della società. Questa forza è l'amore, "l'amore del bandito", che spinge l'uomo a compiere le azioni più feroci, le vendette più spietate: nel mondo dell'Alligatore declinare la parola amore equivale spesso a trasformarsi in belve e a mettere in gioco la propria vita. Non può essere, del resto altrimenti, se si vive «in un mondo dove tutti fottono tutti».