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Carlotto: “Sciascia insegna a essere cittadini-scrittori”

Autore: Maria Anna Patti
Testata: La Repubblica Palermo
Data: 15 novembre 2017

Massimo Carlotto affascina con la nuova avventura dell’Alligatore. “Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane”, edito dae/o, è voce armoniosa di una realtà dalla quale preferiamo fuggire.

«Non si può stare sempre a guardare. Non si può continuare a subire. Questo è il senso dell’agire dei miei personaggi in questa storia. Affrontano problemi che in fondo riguardano la società nel suo complesso ma che, per una sorta di autodifesa o rimozione, evitiamo di risolvere fuggendo. Compito del noir è portare all’attenzione dei lettori le storie negate attraverso l’irresistibile attrazione della letteratura. Ed è un gioco che il lettore accetta volentieri».

Palermo accoglie le sue storie con l’affetto di una vera amicizia. Nel pericoloso crinale tra bene e male i lettori riconoscono l’anima multiforme della nostra Isola?

«Il noir racconta storie in qualche modo universali. Capita spesso, girando l’Italia, che lettori di un determinato territorio lo vogliano a tutti i costi riconoscere in un romanzo che descrive luoghi lontani. Al di là di quello che si vuol far credere, esiste anche una sorta di omogeneità nazionale fondata su caratteristiche comuni».

Quali saranno le tappe siciliane dell’Alligatore?

«Sono ancora in via di definizione ma spero di restare in Sicilia un po’ di tempo. Belle librerie, bravi librai, lettori affettuosi. E poi una squisita ospitalità che gli scrittori amano particolarmente».

Con i suoi romanzi ha scavalcato la catalogazione in generi della letteratura. Sente delle affinità con il nostro Sciascia?

«Sciascia è un maestro riconosciuto da tutti gli autori della mia generazione. Ci ha insegnato con lucidità quasi profetica le dinamiche, i meccanismi di un’Italia che andava e va tuttora raccontata. E poi la determinazione nell’attraversare il proprio tempo occupandosene, ovvero la scelta di non scindere lo scrittore dal cittadino».

Nel suo libro uno dei tanti spunti di riflessione è “la scelta e le sue conseguenze”. L’ineluttabilità di un ruolo?

«L’Alligatore e i suoi amici il ruolo se lo sono scelto. Gentiluomini di fortuna con il cuore fuorilegge che cercano di mettere a posto le cose, correggendo gli errori, i torti e ristabilendo giustizia. Il valore delle scelte è fondamentale, li distingue da tutto ciò che rifiutano. O che non capiscono. Infatti preferiscono restare ai margini della società per osservarla piuttosto che farne parte».

I personaggi sono cambiati molto, l’Alligatore sta invecchiando?

«Non ho mai creduto nei personaggi che non invecchiano mai ed è il mondo che li circonda che invecchia e si trasforma. Nella serie dell’Alligatore, Marco Buratti e i suoi amici fanno i conti con il tempo che passa proprio per poterlo raccontare. Di romanzo in romanzo la loro percezione nei confronti dell’esistenza muta, esattamente come accade nella vita reale».

Il suo romanzo scorre veloce al ritmo di una musica interiore. Quale è stato l’input nella costruzione narrativa?

«Il blues. Ho voluto fondere musica e scrittura, cercando brani il cui testo avesse un senso con la narrazione. Mi interessava costruire le condizioni perché il lettore avvertisse il senso di smarrimento dei mei personaggi di fronte a una storia sbagliata, ingiusta, amara».

Nord, est e sud, la letteratura può fare da ponte?

«Certamente. E ricomporre quella frattura culturale che a Nord diventa sempre più evidente e si traduce in pigrizia o rifiuto di voler comprendere la complessità del Paese. Nei nostri romanzi il territorio è un vero e proprio personaggio, non è solo lo sfondo di una trama. La descrizione va oltre la banalità e il folklore e lo scopo è quello di farlo conoscere. Dalle bellezze alle contraddizioni».